Non importa che la vittima sia stata colta da un malore improvviso che non le abbia consentito di gridare aiuto.
Il bagnino che non salva il bagnante mentre affoga in piscina risponde di omicidio colposo. Non rileva il fatto che l’incidente mortale sia stato determinato da un malore improvviso, e che tale malore sia stato così fulmineo da impedire allo stesso bagnante di chiedere aiuto.
L’assistente deve infatti vigilare sempre sulle situazioni di pericolo, anche quelle meno evidenti e più subdole. Proprio questo è il suo compito: stare a bordo vasca a controllare ogni situazione onde intervenire tempestivamente. Da quella postazione, la visuale gli consente di supervisionare anche le condizioni di chi non riesce a lanciare un s.o.s.
Questo è il principio che emerge da una recente sentenza della Cassazione [1].
Non si può pretendere – osserva la Cassazione – che il compito dell’assistente sia limitato a soccorrere soltanto chi si dimena in acqua perché non sa nuotare: è invece necessario che il bagnino si adoperi attivamente per evitare le disgrazie prestando soccorso anche a chi si abbandona inerte sull’acqua perché vittima silenziosa di un malore.
note
[1] Cass. sent. n. 24165/13 del 4.06.2013.