Questo sito contribuisce alla audience di
Salute e benessere | Articoli

Come riconoscere un narcisista

30 Ottobre 2019 | Autore:
Come riconoscere un narcisista

Cos’è il narcisismo? Come si manifesta? Quali sono le cure per i casi patologici? Come difendersi dalla violenza psicologica esercitata dal narcisista? Per scoprirlo, leggi il mio articolo.

Come gestisce una relazione il narcisista? In che modo il narcisista riesce a manipolare le sue vittime? Perché il narcisista sente il bisogno di manipolare il prossimo? Se ti stai ponendo queste domande, può darsi che tu abbia avuto a che fare con un narcisista patologico. Probabilmente, all’inizio della vostra relazione ti sei sentita desiderata, amata, la numero uno. Ti sentivi la sua priorità e lui, da perfetto “impostore sentimentale”, è riuscito ad attirarti nella sua trappola. La sua spigliatezza, il suo savoir faire, le sue doti da grande oratore, l’illusione che la vostra relazione d’amore sarebbe stata costellata da momenti unici e magici, ti hanno fatto perdere ogni briciolo di razionalità, così ti sei immersa in questa storia d’amore donando tutto il tuo cuore, mettendo in gioco i tuoi sentimenti ed a nudo la tua anima. Peccato che, una volta vittima della sua ragnatela, non sei più riuscita a liberarti.

Dopo il paradiso, hai attraversato il purgatorio, per poi sprofondare nell’inferno. Col tempo, lui ha mostrato la sua vera natura ed ha iniziato a denigrarti, umiliarti, sminuirti tanto da far catapultare la tua autostima sottoterra. Cosa è cambiato? Forse, hai fatto o detto qualcosa di sbagliato Ingenuamente, ti domandi. Forse, hai tralasciato qualcosa nel rapporto? Continui, dubbiosa. Sai cosa c’è? Nulla di tutto questo. C’è che la persona al tuo fianco era un narcisista patologico.

Se vuoi sapere come riconoscere un narcisista e, più nello specifico, come riconoscere un narcisista patologico, prosegui nella lettura del mio articolo. Per approfondire questo argomento, a seguire potrai leggere l’intervista al dr. Maurizio Cottone, specialista in psicoterapia psicoanalitica. Dopo l’intervista al dr. Cottone, ti spiegherò come può difendersi la vittima di violenza psicologica.

Come riconoscere un narcisista?

Anche se il termine ha assunto oramai connotazioni negative, iniziamo col dire che c’è un narcisismo “sano” e c’è un narcisismo “patologico”. Tutte le persone che si vogliono bene, solitamente realizzate nella vita pubblica e/o privata, sono fondamentalmente dei narcisisti. Ma questo non vuol dire che siano dei narcisisti patologici, cioè totalmente incapaci di vivere una relazione stabile con il partner dell’altro sesso.

Cos’è il narcisismo patologico?

Il narcisista cosiddetto patologico si differenzia da altre personalità problematiche per un’incapacità congenita ad avere relazioni quotidiane stabili: in particolare, fallisce e si “rivela” nelle relazioni sentimentali.

Solitamente, a livello sociale, dà il meglio di sé: è un bravo “influencer” (termine oggigiorno tanto caro) e spicca in professioni dov’è fondamentale essere al centro dell’attenzione, avere consenso pubblico, come può capitare al politico, all’intellettuale, all’attore, all’artista. Tali soggetti esercitano un iniziale formidabile fascino seduttivo sulla “preda”, prospettando uno scenario meraviglioso, in adesione con le fantasie segrete della “vittima designata”. Tale vittima, solitamente, è una persona bisognosa di credere in un futuro diverso da quello che sta vivendo e ha vissuto in passato, cerca un riscatto, una famiglia idealizzata che non ha mai avuto.

Nel momento in cui il carnefice è sicuro di avere il controllo sulla vittima, la relazione improvvisamente cambia e il paradiso inizialmente prospettato si trasforma in un inferno vero e proprio, dove la crudeltà e la violenza psicologica dominano la scena.

Come riconoscere il narcisista patologico?

A differenza di quello che solitamente si pensa del narcisista patologico, cioè che sia una persona poco empatica, fondamentalmente uno psicopatico, io ritengo che questa persona, invece, sia estremamente sensibile ed empatica, tanto da riuscire a capire a livello profondo i bisogni della vittima designata e sedurla attraverso il linguaggio, le azioni, e dimostrazioni di interesse particolarmente acute evincenti. Ciò avviene perché inizialmente il narcisista patologico si specchia nel partner e si comporta con lui come egli vorrebbe ci si comportasse, o ci si fosse comportati, con il suo sé bambino. Egli trasmette un’immagine ideale legata a tutto ciò che avrebbe tanto desiderato in passato, ma mai ottenuto da una madre fondamentalmente depressa e anaffettiva.

Il narcisista patologico appare, quindi, una persona profondamente ferita, sofferente, malata che, a differenza della vittima designata, ha strutturato delle difese perverse che gli permettono di controllare la relazione con l’altro, manipolarlo, al fine di fare rivivere a questi tutto l’orrore da lui subito nell’infanzia; ciò nell’inutile e illusorio tentativo di liberarsi di tanto dolore.

Tale soggetto “malato” è riuscito a trovare una soluzione momentanea e, quindi illusoria, di aggirare la sua incapacità di dipendere affettivamente dall’oggetto d’amore, e questo perché tale oggetto è danneggiato e mortifero. L’altro, l’oggetto d’amore inizialmente tanto idolatrato, si rivela ben presto un oggetto morto, un feticcio solo nascosto da lustrini e orpelli.

Si comprende bene come la deriva perversa in questi soggetti sia dietro l’angolo e sia l’unica possibilità che hanno per sentirsi vivi: questo è pure il motivo che li spinge a cambiare partner frequentemente.

Quali sono le peculiarità caratteriali del narcisista patologico?

Il narcisista patologico:

  • ha un senso grandioso di importanza (per esempio esagera risultati e talenti, si aspetta di essere notato come superiore senza un’adeguata motivazione);
  • è assorbito da fantasie di illimitato successo, potere, fascino, bellezza e di amore ideale;
  • crede di essere speciale, unico e di poter essere capito solo da persone speciali;
  • richiede eccessiva ammirazione;
  • ha la convinzione che tutto gli sia dovuto, cioè l’irragionevole aspettativa di trattamenti di favore o di soddisfazione immediata delle proprie aspettative;
  • sfruttamento interpersonale, cioè si approfitta degli altri per i propri scopi;
  • è spesso invidioso degli altri o crede che gli altri lo invidino;
  • mostra comportamenti o atteggiamenti arroganti e presuntuosi.

Narcisista patologico: quali sono i criteri diagnostici?

Queste persone solitamente, per essere catalogati come “narcisisti patologici” devono rispettare alcuni criteri diagnostici. Il criterio principale appare essere il pretendere assoluta “obbedienza” dalla vittima designata, impedendole, sempre più, ogni contatto con l’ambiente esterno. La vittima viene così lentamente isolata, indebolita, umiliata, mortificata.

Come gestisce una relazione affettiva o amorosa il narcisista?

Negli ultimi decenni, la psicoanalisi ha monopolizzato la discussione scientifica nell’area dei comportamenti perversi, trasformandone lo statuto da vizio, devianza, in una visione che ne valorizza la componente fantasmatica e il significato di difesa. Ciò che caratterizza le relazioni perverse sono i mezzi e gli artifici che consentono al narcisista di mettere in atto le sue fantasie sovrapponendole alla realtà.

La strada più facilmente percorribile è quella della feticizzazione dell’altro. Questo “altro”, oltre a rappresentare l’oggetto primario, è di fatto reso inumano per poter essere controllato, immobilizzato, messo in condizione di non poter mai sorprendere e di non essere mai perduto.

Nell’“ordine feticistico”, l’altro è un supporto indispensabile per la sopravvivenza del soggetto e, quindi, costantemente cercato al fine di controllarlo per controllare illusoriamente il proprio dolore.

Come ci si può difendere dal narcisista patologico?

L’unica maniera per la vittima di difendersi da tale narcisista consiste nell’accorgersi velocemente che la sofferenza diventa maggiore rispetto al piacere di stare insieme a lui. Quindi, deve trovare la forza di abbandonarlo, lasciarlo, bloccando ogni tipo di conversazione, sia verbale che scritta e perderne ogni traccia. Ma questo ovviamente non è assolutamente facile per la “vittima designata” che, essendo tale, si incastra perfettamente a tale figura di carnefice.

La vittima del narcisista, è essa stessa una narcisista mancata, che trova in questa figura grandiosa tutto ciò che crede di non avere mai avuto e ora potrebbe avere attraverso il partner.

In base alla mia esperienza clinica, ritengo che finché le vittime non diventano consapevoli, a livello profondo, di cosa è mancato loro in un lontano passato, finché non si assumono la responsabilità delle loro dinamiche inconsce che le conducono a rapporti “malati”, tali rapporti tenderanno a ripetersi. E il prossimo narcisista patologico sarà là, dietro l’angolo.

Come si comporta un narcisista patologico dopo esser stato lasciato?

Inutile, specificare che il carnefice è molto seduttivo ed in grado di convincere la vittima a riprendere una relazione già da questa vissuta come masochistica è fallimentare. Se abbandonato, egli è in grado di convincere con tutte le sue forze tale vittima, avendo come unico scopo quello di riconquistare l’oggetto feticcio per stare meglio psicologicamente, vomitando fuori, su di lui, la propria disperazione.

Se lasciato il narcisista farà di tutto per dimostrare il suo cambiamento, ma nel momento in cui questa persona, questa vittima, questo oggetto feticcio è riconquistato, il narcisista patologico ricomincerà la sua opera distruttiva, non potendo fare altrimenti.  Per questi motivi appare fondamentale il “no contact”.

Come si cura il narcisista patologico? In cosa consiste il percorso terapeutico?

È molto difficile curare un narcisista e anche molto difficile che tale persona venga a chiedere un aiuto terapeutico, perché solitamente sono le vittime, quelle da lui vessate, umiliate, danneggiate, a telefonare per un appuntamento.

Le poche volte che uno psicoterapeuta ha a che fare con tali personaggi, questo sembra avvenire perché i loro comportamenti sono apparsi disfunzionali anche a livello lavorativo e sociale, costringendoli ad interrogarsi sulle cause di tali dinamiche. Nonostante tali encomiabili tentativi, il percorso terapeutico con tali pazienti appare difficile. Essi tendono ad abbandonare dopo pochi mesi la psicoterapia pensando di non averne più bisogno, se non pensando che questa non serva a niente, se non a fare sprecare loro inutilmente tempo e danaro.

Qual è la difficoltà di affrontare un percorso terapeutico?

In realtà, la loro vera difficoltà è quella di vivere una relazione terapeutica che fondamentalmente ricrea una dipendenza affettiva che non tollerano. Quando il terapeuta è un professionista capace, l’abilità manipolativa di tali pazienti fallisce, mettendoli di fronte al loro fallimento interiore, al loro disperato dolore.

C’è qualche caso che vuole condividere con i nostri lettori?

Sauro, come altri narcisisti patologici, ha avuto a che fare con una madre depressa e un nucleo famigliare fondamentalmente anaffettivo e assente nel trasmettere quel calore fondamentale per fidarsi dell’altro. Egli ha incrementato le sue “difese perverse” a seguito della morte drammatica della madre, per auto soppressione, avvenuta quando egli era ancora giovanissimo.

Sauro mi ha cercato e trovato come sua “ultima spiaggia terapeutica”. Dalla collega precedente, una valida professionista di mezza età, non poteva più andare, poiché era riuscito nel suo intento di sedurla sessualmente, portarla a letto e, quindi, bloccare “perversamente” la terapia. Sauro, un professionista affermato di oltre cinquanta anni, si trovava ad un bivio, consapevole della sua incapacità cronica nel portare avanti una relazione sentimentale. Affetto da una vera e propria “sex addiction”, egli veniva travolto dall’eccitazione di riuscire a sedurre e a trascinare la nuova preda nel suo universo perverso.

capacità Quindi, la “vittima designata” veniva convinta, attraverso le enormiseduttive di Sauro, ad interpretare per una notte la “padrona” delle fantasie perverse del paziente e poi ritrovarsi, il giorno dopo, fuori la porta. Le modalità seduttive di Sauro appaiono descrivere e rappresentare al meglio le caratteristiche fondamentali dei narcisisti patologici.

Questo breve vignetta clinica è un esempio eclatante, allo scopo di mostrare come tali pazienti, cosiddetti “narcisisti maligni”, in realtà sono persone profondamente danneggiate internamente, incapaci di amare, poiché non c’è mai stata la possibilità per loro di costruire un oggetto interno buono da amare e con cui relazionarsi.

Perché il narcisista tende a manipolare gli altri? Perché i narcisisti sono compagni irresistibili?

Questi uomini (e queste donne) danneggiati profondamente, attraverso meccanismi perversi di scissione dell’Io, creano una fascinazione in cui molte “controparti” vengono sedotte, poiché anche loro danneggiate internamente, ma per cultura, educazione, vittimizzazione, destinate a credere nella possibilità riparativa di tale loro oggetto interno danneggiato, attraverso il tentativo “di cura” del partner narcisista patologico.

I carnefici, invece, solitamente sono persone di successo, o comunque con una certa visibilità. Essi spostano tutte le loro energie nel lavoro e nel creare un’immagine di sé grandiosa che non corrisponde minimamente al loro sé profondamente danneggiato e “misero”. Diventano così “specchietto per le allodole” per tante vittime designate, in cerca di riscatto.

Sauro, il mio paziente, nonostante la sua encomiabile messa in discussione, non riesce a costruire un oggetto sano perché è troppo doloroso affrontare la depressione che si frappone fra lui e l’oggetto perduto, distrutto, soppresso, morto.

Il fascino seduttivo perverso, invece, lo eccita e la prossima preda da divorare e poi vomitare è lì, a portata di mano.

Come può difendersi la vittima di violenza psicologica?

Dopo aver analizzato il profilo del narcisista patologico nell’intervista al dr. Maurizio Cottone, a seguire ti illustrerò in che modo può difendersi la vittima di violenza psicologica.

La vittima di violenza psicologica può sporgere denuncia o querela.

In genere, la denuncia è facoltativa (non si è obbligati a sporgerla, fatta eccezione per alcuni gravi delitti) e corrisponde all’atto con cui una persona porta a conoscenza dell’autorità competente (pubblico ministero o ufficiale di polizia giudiziaria) un reato perseguibile d’ufficio di cui ha avuto notizia.

Nel caso in cui la denuncia sia stata presentata in forma orale, l’ufficiale dei carabinieri redige il verbale che dovrà essere firmato dal denunciante, mentre nel caso in cui sia stata presentata in forma scritta, l’atto dovrà essere sottoscritto dal denunciante o da un suo procuratore legale [1].

Quando la denuncia è facoltativa non sono previsti termini entro cui essa deve essere presentata. Chi sporge una denuncia ha diritto di ottenere l’attestazione della ricezione.

Quanto detto sinora per la denuncia vale anche per la querela, salvo alcune differenze.

Al contrario della denuncia, la querela riguarda reati non procedibili d’ufficio, ma a richiesta di parte. La querela deve manifestare inequivocabilmente la volontà che si proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato. Inoltre, il diritto alla querela deve essere esercitato entro tre mesi dal giorno della notizia del fatto, a pena di decadenza. Per alcuni reati, come la violenza sessuale e lo stalking, il termine è di sei mesi.

Chi riceve la querela provvede all’attestazione della data e del luogo della presentazione, all’identificazione della persona che la propone e alla trasmissione degli atti all’ufficio del pubblico ministero [2]. Chi presenta la querela ha diritto di ottenerne l’attestazione di ricezione [3].

In che modo la vittima può dimostrare la violenza psicologica?

La vittima di violenza psicologica può ricorrere alla testimonianza di persone che hanno assistito direttamente ai fatti delittuosi; fare registrazioni audio e/o video che possano incastrare il reo. Le registrazioni delle telefonate avvenute senza il consenso dell’aggressore sono legali [4].

C’è da aggiungere che nel processo penale, spesso, per provare la colpevolezza dell’autore della violenza è sufficiente la testimonianza della persona offesa; l’importante è che, secondo l’apprezzamento del giudice, la testimonianza risulti credibile.


note

[1] Art. 333 cod. proc. pen.

[2] Art. 337 cod. proc. pen.

[3] Art. 107 disp. att. cod. proc. pen.

[4] Cass., ord. n. 5259 del 01.03.2017.

Autore immagine: 123rf com.


Sostieni laleggepertutti.it

Non dare per scontata la nostra esistenza. Se puoi accedere gratuitamente a queste informazioni è perché ci sono uomini, non macchine, che lavorano per te ogni giorno. Le recenti crisi hanno tuttavia affossato l’editoria online. Anche noi, con grossi sacrifici, portiamo avanti questo progetto per garantire a tutti un’informazione giuridica indipendente e trasparente. Ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di andare avanti e non chiudere come stanno facendo già numerosi siti. Se ci troverai domani online sarà anche merito tuo.Diventa sostenitore clicca qui

1 Commento

  1. “Tutte le persone che si vogliono bene, solitamente realizzate nella vita pubblica e/o privata, sono fondamentalmente dei narcisisti”
    Un nome, un programma, un dato di fatto: il DG della ASL RM6 si chiama NARCISO Mostarda e, a mio avviso, il nome rispetta pienamente il suo operato.

Lascia un commento

Usa il form per discutere sul tema (max 1000 caratteri). Per richiedere una consulenza vai all’apposito modulo.


 


NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI
CERCA SENTENZA