Il trend vede erogatori insulina assemblati dai pazienti con microinfusore e sensore.
Pazienti sempre più hi-tech, pronti a personalizzare i dispositivi medici, correndo anche qualche rischio. L’evoluzione tecnologica ha messo a disposizione di quanti soffrono di diabete tipo 1 sistemi automatizzati per l’erogazione della terapia insulinica, i cosiddetti Aid (Automated Insulin Delivery) systems.
Composti da 3 parti in comunicazione tra loro – un sensore che monitora il glucosio, un microinfusore che dispensa l’insulina e un algoritmo che ne calcola la giusta dose – questi sistemi sono disponibili sul mercato in soluzioni ‘all-in-one’.
Tuttavia, sempre più pazienti, tra quelli più smart ed esperti in tecnologia, hanno iniziato ad assemblarli secondo approcci ‘fai-da-te’. È quanto emerge dal convegno ‘Automazione della terapia insulinica: verso un futuro di interoperabilità’, promosso a Milano dal Gruppo intersocietario Amd-Sid-Siedp ‘Tecnologia e diabete’, con un grant incondizionato di Ypsomed Italia.
In pratica, si scelgono un microinfusore e un sensore, anche prodotti da aziende diverse, e li si fa dialogare tra loro tramite algoritmi non registrati, creando il proprio sistema customizzato. Un fenomeno sommerso e ancora poco conosciuto, ma in crescita: alcune stime prudenti parlano di circa 1.600 persone in tutto il mondo, che secondo gli esperti deve essere regolamentato, per tutelare la sicurezza dei pazienti.
“La digitalizzazione progressiva sta rivoluzionando la terapia del diabete”, spiega Letizia Tomaselli, coordinatore del Gruppo intersocietario Amd-Sid-Siedp ‘Tecnologia e diabete’ e responsabile scientifico del convegno.
“È importante che i diabetologi siano aggiornati in tal senso, conoscano lo stato dell’arte, i sistemi oggi disponibili sulla strada verso il ‘pancreas artificiale’ e le future direzioni di sviluppo. Devono anche essere consapevoli del fatto che accanto ai dispositivi registrati, una crescente ‘fetta’ di pazienti e familiari, alcuni anche in Italia, realizza versioni ‘fai da te’ di questi sistemi, non supportate, però, da studi clinici né approvate dagli organi regolatori”.