Cassazione penale sez. fer., 16/08/2018, (ud. 16/08/2018, dep. 25/09/2018), n.41448
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Lecce confermava, per quanto d’interesse in questa sede, la declaratoria di penale responsabilità, pronunciata dal locale Tribunale a carico di A.N. in ordine al reato (contestato al capo A della rubrica) di ricettazione di beni, provento del delitto di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 176 (impossessamento illecito di beni culturali, appartenenti allo Stato).
L’imputato aveva pacificamente acquistato, nel marzo 2008, tramite il sito di aste on line denominato “Ebay”, 138 monete antiche, e la Corte territoriale riteneva che le medesime – quand’anche non rientranti tra le “cose d’interesse numismatico” ai sensi dell’art. 10, comma 4, lett. b), D.Lgs. n. 42 citato, siccome prive dei caratteri di rarità o di pregio – fossero comunque da considerare beni culturali in quanto “cose d’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico”, di cui all’art. 10, comma 1, D.Lgs. n. 42 citato, ritrovate nel sottosuolo o nei fondali marini e facenti parte del patrimonio indisponibile dello Stato, a norma dell’art. 826 c.c. e art. 91 D.Lgs. n. 42 citato.
La stessa Corte riteneva integrato il dolo di ricettazione nella sua forma eventuale, avendo l’agente consapevolmente accettato il rischio dell’illecita provenienza delle res.
2. Ricorre l’imputato per cassazione, tramite il difensore di fiducia, enunciando cinque ragioni di doglianza.
Il ricorrente deduce, anzitutto, la violazione di legge processuale, per l’omessa notifica all’imputato del decreto di citazione per il giudizio di appello.
Denuncia l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 648 c.p., difettando nella specie il reato presupposto (quello D.Lgs. n. 42 del 2004, ex art. 176). Le cose d’interesse numismatico acquisirebbero rilevanza, quali beni culturali oggetto di tale ultimo reato, solo alla condizione ulteriore di rivestire carattere di rarità o di pregio; condizione che mancherebbe. Anche a ritenere che le monete fossero “bene culturale” ai sensi e per gli effetti di cui al citato art. 176, non vi sarebbe comunque prova alcuna del loro ritrovamento in territorio italiano, onde l’impossibilità di ascriverle nell’ambito del patrimonio indisponibile dello Stato.
Denuncia il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento psicologico. Il dolo eventuale della ricettazione non potrebbe coincidere con il mero sospetto che la cosa provenga da delitto (sin qui si rimarrebbe nel perimetro di cui all’art. 712 c.p.) e andrebbe viceversa desunto da dati di fatto univoci, che rendano palese la possibilità concreta di una tale provenienza; dati che la Corte territoriale non avrebbe attentamente verificato e che deponevano semmai in senso contrario, data l’affidabilità del sito scelto per la transazione commerciale e stante il pagamento avvenuto in forma tracciabile (con carta di credito). Mancherebbe comunque il fine di profitto.
Lamenta infine la mancata concessione delle attenuanti generiche e la mancata conferma delle statuizioni di prime cure in ordine ai benefici della sospensione della pena e della non menzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Nella disamina del ricorso conviene muovere dal terzo motivo, inerente l’elemento psicologico del reato, stante la sua palese fondatezza ed il rilievo in concreto assorbente.
2. Secondo insegnamento ormai consolidato (Sez. U, n. 12433 del 26/11/2009, dep. 2010, Nocera, Rv. 246324; Sez. 2, n. 25439 del 21/04/2017, Sarr, Rv. 270179; Sez. 2, n. 41002 del 20/09/2013, Moscato, Rv. 257237) il dolo di ricettazione può manifestarsi anche nella sua forma eventuale, che è configurabile in presenza della rappresentazione da parte dell’agente della concreta possibilità della provenienza della cosa da delitto e della relativa accettazione del rischio, non potendosi invece desumere da semplici motivi di sospetto.
Tale concreta possibilità può trarsi anche da fattori indiretti, qualora la loro coordinazione logica sia tale da consentire l’inequivoca dimostrazione di malafede (Sez. 4, n. 4170 del 12/12/2006, dep. 2007, Azzaouzi, Rv. 235897).
La Corte territoriale presta formale ossequio a tali principi, ma omette del tutto di scrutinare alla luce di essi la vicenda di causa, non avvedendosi dunque degli elementi, in ricorso evidenziati e pacificamente risultanti dagli atti, che deponevano in senso recisamente contrario, quali il “canale” di acquisto, in sè lecito, e le trasparenti modalità di pagamento, in rapporto alla natura degli oggetti compravenduti, in sè privi di rilievo numismatico.
3. Potendo il relativo accertamento essere compiuto direttamente da questa Corte, ai sensi dell’art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l), la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio, perchè il fatto non costituisce reato per difetto del necessario elemento psicologico.
Il carattere interamente satisfattivo della pronuncia dispensa il Collegio dall’analisi dei motivi ulteriori di ricorso.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto di cui al capo A) non costituisce reato.
Così deciso in Roma, il 16 agosto 2018.
Depositato in Cancelleria il 25 settembre 2018