Danno per lesione della libertà di autodeterminazione; alterazione cromosomica riscontrata nel feto e obblighi di informazione a carico di ginecologo, laboratorio di analisi e genetista.
Indice
Interruzione abusiva di gravidanza da parte del medico
La sola circostanza, per di più non provata, dell’assunzione della c.d. “pillola del giorno dopo” non esclude che la gravidanza ci fosse effettivamente stata, né tantomeno è idonea a dimostrare la volontà, perdurante fino al momento dell’intervento abortivo, della donna ad interrompere la gravidanza così da escludere l’obbligo di risarcimento in sede civile per il medico che in sede penale sia stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 19 L. 194/1978.
Tribunale Benevento sez. II, 26/05/2021, n.1096
Interruzione volontaria della gravidanza: principi
L’interruzione volontaria della gravidanza è finalizzata solo ad evitare un pericolo per la salute della gestante, serio (entro i primi 90 giorni di gravidanza) o grave (successivamente); le eventuali malformazioni o anomalie del feto rilevano solo nei termini in cui possano cagionare il danno alla salute della genitrice e non in sé e per sé considerate con riferimento al nascituro; la sussistenza delle malformazioni del feto, quindi, non è condizione sufficiente all’autorizzazione della pratica abortiva, in quanto nel nostro ordinamento non è consentito l’aborto ai fini eugenetici.
Tribunale Potenza sez. I, 20/04/2021, n.408
Responsabilità medica per conseguenze intervento chirurgico
In tema di responsabilità medica relativa alle conseguenze di un intervento chirurgico, il giudice deve valutare, anche ai fini del giudizio sul rispetto o meno delle linee guida o delle buone pratiche, la complessiva condotta del medico correlata all’intervento oggetto di addebito, comprese le attività di controllo post operatorio.
(In applicazione di tale principio la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva dichiarato non punibile, ai sensi dell’art. 3 del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, il reato di lesioni colpose in relazione ad un intervento di interruzione della gravidanza, in quanto il giudice di merito aveva valutato l’aderenza del comportamento dell’imputato alle linee guida soltanto con riguardo alla stretta fase dell’intervento e non anche a quelle del cd. “curettage” della cavità intrauterina e della successiva visita di controllo).
Cassazione penale sez. IV, 04/03/2021, n.11719
Violazione dei doveri del magistrato
Ai fini della sussistenza dell’illecito disciplinare previsto dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 109 del 2006, è necessaria la verificazione di un evento costituito dall’ingiusto danno o dall’indebito vantaggio per una delle parti del procedimento, non essendo sufficiente la sola condotta del magistrato, consistente nella violazione dei doveri di cui al precedente articolo.
(Nella specie, ha osservato la Suprema corte, la sezione disciplinare ha correttamente individuato l’ingiusto danno patito dalla istante in conseguenza del diniego immotivato di autorizzazione [ad allontanarsi dalla propria abitazione] sia nella necessità di rivolgersi a un legale per la presentazione di una nuova istanza, a garanzia della protezione dei propri interessi, sobbarcandosi agli oneri di una difesa tecnica, sia nel rinvio della esecuzione dell’intervento programmato per altra data. Soprattutto in questa seconda conseguenza il giudice disciplinare – ha, ancora, evidenziato la Suprema corte – ha ravvisato il concreto pregiudizio, giacché il dovere rinviare a data successiva, prossima alla scadenza dei termini di legge, la effettuazione dell’intervento di interruzione volontaria della gravidanza – disagevole sotto il profilo psicologico e fisico per ogni donna, tanto più quando questa versa in condizioni di detenzione – ha ingiustificatamente compromesso e messo a rischio la soddisfazione di un interesse primario per la persona coinvolta).
Cassazione civile sez. un., 15/02/2021, n.3780
Condizioni legittimanti l’interruzione della gravidanza: prova
Nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno cosiddetto da nascita indesiderata, è onere della parte attrice allegare e dimostrare la sussistenza delle condizioni legittimanti l’interruzione della gravidanza, ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. b) della L. 22 maggio 1978 n. 194, ovvero che la conoscibilità, da parte della stessa, dell’esistenza di rilevanti anomalie o malformazioni del feto avrebbe generato uno stato patologico tale da mettere in pericolo la sua salute fisica o psichica. L’accertamento in fatto delle condizioni in parola è riservato al giudice di merito e rimane insindacabile in sede di legittimità, sempreché il giudizio si sia compiuto nel rispetto dei parametri normativi di riferimento.
Tribunale Benevento sez. II, 05/02/2021, n.243
Aborto terapeutico: requisiti
Per praticare l’aborto terapeutico non vi è necessità che l’anomalia o la malformazione si sia già prodotta e risulti strutturalmente o clinicamente accertata, essendo al contrario sufficiente che la gestante sia messa al corrente di aver contratto una patologia che, con apprezzabile grado di probabilità, sia atta a produrre anomalie o malformazioni del feto. L’accertamento di tali processi patologici consente il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza, ai sensi della l. n. 194 del 1978, art. 6, lett. b), laddove determini nella gestante — che sia stata compiutamente informata dei rischi — un grave pericolo per la sua salute fisica o psichica, da accertarsi in concreto e caso per caso.
Il medico che non informi correttamente e compiutamente la gestante dei rischi di malformazioni fetali correlate a una patologia dalla medesima contratta, può essere chiamato a risarcire i danni conseguiti alla mancata interruzione della gravidanza alla quale la donna dimostri che sarebbe ricorsa a fronte di un grave pregiudizio per la sua salute fisica o psichica.
Cassazione civile sez. III, 15/01/2021, n.653
Processi patologici della gestante
La gestante ha il diritto di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, nonché di ricevere un’adeguata informazione in tal senso, quando sussista un grave pericolo per la sua salute fisica o psichica provocato dall’aver contratto una patologia in grado di sviluppare, con apprezzabile grado di probabilità, rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro.
Cassazione civile sez. III, 15/01/2021, n.653
Grave pericolo per la salute della donna
Nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno cosiddetto da nascita indesiderata, il medico che non informi correttamente e compiutamente la gestante dei rischi di malformazioni fetali correlate a una patologia dalla medesima contratta può essere chiamato a risarcire i danni conseguiti alla mancata interruzione della gravidanza, la quale si giustifica oltre il novantesimo giorno, ai sensi dell’art. 6, lett. b), della legge n. 194 del 1978, in presenza di un accertamento di processi patologici che possono provocare, con apprezzabile grado di probabilità, rilevanti anomalie del nascituro, idonei a determinare per la donna un grave pericolo – da accertarsi in concreto e caso per caso, senza che sia necessario che la malformazione si sia già prodotta o risulti strumentalmente o clinicamente accertata – per la sua salute fisica o psichica.
Cassazione civile sez. III, 15/01/2021, n.653
Erronea esecuzione dell’intervento d’interruzione della gravidanza
Nell’ipotesi di erronea esecuzione dell’intervento d’interruzione della gravidanza che abbia dato luogo ad una nascita indesiderata, in virtù dell’interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 1 e 4 della legge n. 194/1978, deve essere riconosciuto non soltanto il danno alla salute psico-fisica della donna ma anche quello sofferto da entrambi i genitori per la lesione della loro libertà di autodeterminazione, da riconoscersi in relazione alle negative ricadute esistenziali derivanti dalla violazione del diritto a non dar seguito alla gestazione nell’ambito dei tempi e delle modalità stabilite dalla legge e prescindendo totalmente dalle condizioni di salute del nato, intendendosi per danni patrimoniali quelli derivanti dal necessario mantenimento della piccola e conseguenti alla compressione del diritto alla paternità consapevole e autodeterminata (nella specie pari ad € 82.000,00), mentre il danno non patrimoniale in favore del padre va determinato tenuto conto dell’incidenza della nascita sulla situazione di vita dello stesso e della scelta diversa che egli avrebbe privilegiato, assieme a sua moglie, se avesse potuto intervenire tempestivamente (nella specie: pari ad € 10.000,00).
Corte appello Torino sez. I, 08/05/2020, n.489
Obiezione di coscienza
È legittimo il diniego di affissione di manifesti della campagna informativa nazionale « Non affidarti al caso », in tema di obiezione di coscienza in ambito sanitario, opposto dal Comune nella considerazione che il bozzetto dei manifesti — che evidenzia l’immagine con diversa gradazione cromatica, bipartita e giustapposta, del busto di un medico e di un ministro del culto cristiano (manifestate, rispettivamente da camice e stetoscopio, da abito talare e croce), con l’enunciato letterale a grandi caratteri, nello spazio sovrastante il torace, « Testa o croce? » e sotto in caratteri minori « Non affidarti al caso », e più sotto ancora con l’aggiunta « Chiedi subito al tuo medico se pratica qualsiasi forma di obiezione di coscienza » — appare offendere indistintamente il sentimento religioso o etico, e in particolare dei medici che optano per la scelta professionale di obiezione di coscienza in tema di interruzione volontaria della gravidanza, pur garantita dall’art. 9, l. 22 maggio 1978, n. 194.
Consiglio di Stato sez. V, 09/04/2019, n.2327
Interruzione colposa della gravidanza e omicidio colposo: differenza
In tema di delitti contro la persona, il criterio distintivo tra la fattispecie di interruzione colposa della gravidanza e quella di omicidio colposo si individua nell’inizio del travaglio, momento in cui prende il via il processo fisiologico di separazione del feto dal corpo materno e il nuovo essere acquista autonomia, con conseguente fine della gravidanza (fattispecie in cui il reato di omicidio colposo era stato correttamente contestato, perché il decesso era avvenuto dopo che la partoriente aveva già espulso il liquido amniotico a causa della rottura delle membrane).
Cassazione penale sez. IV, 30/01/2019, n.9447
Assunzione di prove dichiarative
Non sussiste l’obbligo di rinnovazione dell’assunzione delle prove dichiarative nel caso in cui il giudice di appello, che riforma “in peius” la sentenza di condanna di primo grado, procede solo ad una diversa riqualificazione dei giuridica dei fatti, senza però rivalutare il contenuto dichiarativo delle deposizioni dei testi escussi.
(Fattispecie in cui in primo grado l’imputato era stato condannato per il delitto di tentata violenza privata nei confronti della compagna, mentre in appello i giudici avevano pronunciato una sentenza di condanna per i delitti di sequestro di persona, maltrattamenti e tentata interruzione non consensuale della gravidanza, in conformità alle originarie imputazioni).
Cassazione penale sez. V, 27/03/2018, n.32351
Erronea esecuzione dell’interruzione di gravidanza e nascita indesiderata
Nei casi in cui la erronea esecuzione dell’intervento di interruzione della gravidanza determini una nascita indesiderata, può essere riconosciuto non solo il danno alla salute della madre, ma anche quello sofferto da entrambi i genitori per la lesione della libertà di autodeterminazione, diritto che una lettura costituzionalmente orientata della legge n. 194 del 1978 consente di ricollegare a una visione complessiva del bene salute, inteso come benessere psicofisico della persona.
Milita in tale senso una interpretazione anche soltanto letterale dell’articolo 1 della normativa sopra richiamata che pone a oggetto della tutela una procreazione cosciente e responsabile, e del seguente articolo 4 che, elencando le ragioni che legittimano la richiesta di interruzione della gravidanza, indica le circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il patto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsione di anomalia o malformazioni del concepito, con una visione onnicomprensiva del diritto costituzionalmente garantito di cui all’articolo 32 della Costituzione.
Cassazione civile sez. III, 29/01/2018, n.2070
Medico induce la donna ad abortire illegalmente
Integra il reato di concussione la condotta del medico in servizio presso il reparto di ginecologia di un ospedale, il quale, strumentalizzando la propria posizione in ambito ospedaliero (era uno dei sanitari non obiettori in servizio presso l’ambulatorio di interruzione volontaria della gravidanza), con la prospettazione di lungaggini nella pratica standard e ostacoli organizzativi, induca le donne gravide, che avevano necessità di abortire in tempi contenuti, a un aborto illegale a pagamento presso il proprio studio.
Cassazione penale sez. VI, 15/11/2016, n.53444
Patologia non diagnosticabile nell’utero
In considerazione della estrema difficoltà di diagnosticare la sindrome una volta nato il bambino, va ritenuta tecnicamente attendibile l’affermazione del c.t.u. per il quale la suddetta sindrome è una patologia, oltre che rara, non diagnosticabile in utero, cioè in fase prenatale. Pertanto, non v’errano indicazioni per proporre l’interruzione volontaria della gravidanza, poiché il feto era ecograficamente sano.
Tribunale Bari sez. II, 07/06/2016, n.3100
Interruzione volontaria di gravidanza di donna minorenne
La minore deve comparire in giudizio per essere autorizzata dal giudice tutelare a decidere autonomamente in ordine all’interruzione della gravidanza. La mancata comparizione non consente al giudice di verificare se la stessa sia in grado di comprendere il significato e le conseguenze della propria scelta.
Tribunale Mantova, 29/02/2016
Istanza al giudice tutelare per l’interruzione della gravidanza
Qualora una ragazza di età minore faccia istanza al giudice tutelare per essere autorizzata ad interrompere la gravidanza ai sensi dell’art. 12 l. n. 194 del 1978, ma non si presenti a lui, pur essendo stata ritualmente convocata a data ed ora fisse, il giudice, impossibilitato a conoscere del tutto la fattispecie e ad accertare le ragioni tutte della richiesta e, soprattutto, che la ragazza stia agendo in piena libertà morale e con la necessaria consapevolezza della rilevanza, attuale e futura, di ciò che chiede, non può che rigettare la richiesta muliebre, ferma restando la possibilità, per la ragazza, di rinnovare successivamente l’originaria richiesta, osservando del tutto quanto, al riguardo, è previsto dalla legge de qua .
Tribunale Mantova, 29/02/2016
Malattia grave e interruzione della gravidanza
In caso di responsabilità medica per nascita non desiderata la madre non è esonerata dall’onere della prova della malattia grave, fisica o psichica, che giustifichi il ricorso all’interruzione della gravidanza, nonché della sua conforme volontà di ricorrervi.
Cassazione civile sez. un., 22/12/2015, n.25767
Anomalie nel feto: informazione sui rischi conseguenti alla prosecuzione della gravidanza
In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, il ginecologo di fiducia della gestante che riscontri, tramite esame specialistico, un’alterazione cromosomica o altre anomalie del feto, non può limitarsi a comunicare tale dato alla propria paziente, indirizzandola al laboratorio di analisi per ulteriori approfondimenti, atteso che gli obblighi di informazione a suo carico devono estendersi a tutti gli elementi idonei a consentire a quest’ultima una scelta informata e consapevole, sia nel senso della interruzione della gravidanza, che della sua prosecuzione, non sottacendo, in tal caso, l’illustrazione delle problematicità da affrontare; a propria volta, il laboratorio di analisi ed il genetista non possono limitarsi alla verifica della esistenza della anomalia, reindirizzando la paziente al ginecologo di fiducia ma, a specifica richiesta della gestante, devono soddisfare le sue richieste di informazione anche in relazione alle più probabili conseguenze delle anomalie riscontrate.
Cassazione civile sez. III, 28/02/2017, n.5004
Pericolo di malformazioni del nascituro e interruzione volontaria della gravidanza
Il sanitario, seppure in colpa per non avere fatto effettuare i dovuti esami onde accertare il pericolo di malformazioni del nascituro, non risponde dei danni nei confronti del minore malformato per non avere la madre optato, stante l’ignoranza del rischio, per l’interruzione volontaria della gravidanza, non essendo concepibile nel nostro ordinamento un diritto a non nascere del minore malformato.
Cassazione civile sez. un., 22/12/2015, n.25767
note
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La gravidanza è dato personale coperto da privacy? Cioè se una mia amica mi confida di essere incinta, io posso rivelarlo ai suoi genitori o ad altre persone?
Nel caso di illecita diffusione di un dato sensibile come lo stato di gravidanza è possibile ricorrere al Garante della Privacy affinché ordini la cessazione della violazione, oppure al giudice per chiedere il risarcimento dei danni. Va precisato, però, che il soggetto che rischia di incorrere in tale responsabilità è solamente colui che può essere qualificato come titolare del trattamento o, al più, responsabile del trattamento. In altre parole, non tutti si trovano nella posizione di poter violare la privacy: soltanto coloro che, per legge, hanno accesso a tali notizie riservate e, anziché trattarle con la dovuta cautela al fine di garantirne la riservatezza, rischiano di incorrere in sanzioni. Questo significa che, se una tua amica rivela a mezzo paese che sei incinta, non potrai andare a lamentarti dal Garante o dal giudice, a meno che la divulgazione non autorizzata dello stato di gravidanza non sia stata fatta con l’intento specifico di danneggiarti (ad esempio, al fine di screditarti, anche sul posto di lavoro).
Cosa succede in caso di nascita indesiderata? Si può richiedere il risarcimento del danno?
Se il medico non ti informa della possibilità di sottoporti all’amniocentesi, o semplicemente non te la prescrive, per cui, solo alla nascita, scopri che tuo figlio è affetto dalla sindrome di down, puoi chiedere il risarcimento del danno? Astrattamente ne hai il diritto ma è necessario che tu dimostri che, se avessi saputo dell’anomalia del feto, avresti interrotto la gravidanza. Non si tratta di una prova semplice da fornire ma basta, ad esempio, provare di avere fatto un consulto medico proprio per conoscere lo stato di salute del nascituro o di avere confidato a terzi di essere favorevole all’aborto o, addirittura, di avere fatto una analoga scelta (di interruzione della gravidanza) in una precedente gravidanza per aver saputo che il feto era malato.
La mia ex, che non frequento da circa 3 mesi, mi ha detto che pochi giorni dopo avermi lasciato aveva scoperto facendo un test di gravidanza ed una visita di essere incinta. Non so di quante settimane. Dopodiché, mentre già frequentava un’altra persona, motivo per cui mi ha lasciato, ha avuto un problema ed ha perso il bambino. Non so se per cause naturali o per sua volontà, lei ha detto che lo ha perso, testuali parole. Il tutto a mia insaputa. Io ho le prove di ciò che mi ha detto. Non avrebbe dovuto quantomeno informarmi visto che si trattava pur sempre anche di mio figlio e che lo desideravo tanto? Era mio diritto saperlo? Moralmente sicuramente si ma la legge cosa dice in proposito? Posso agire per vie legali se lo volessi?
La questione è trattata dall’art. 5 della legge n.194 del 22 maggio 1978. Questa norma stabilisce che “il consultorio e la struttura socio-sanitaria, oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto. Quando la donna si rivolge al medico di sua fiducia questi compie gli accertamenti sanitari necessari, nel rispetto della dignità e della libertà della donna; valuta con la donna stessa e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, anche sulla base dell’esito degli accertamenti di cui sopra, le circostanze che la determinano a chiedere l’interruzione della gravidanza; la informa sui diritti a lei spettanti e sugli interventi di carattere sociale cui può fare ricorso, nonché sui consultori e le strutture socio-sanitarie”. Sulla base di tale dettato normativo, si è stabilito che la madre abbia il libero arbitrio di stabilire se continuare o meno la gravidanza e, nel caso, se rendere partecipe il padre. Ai tempi la questione ha destato molto clamore mediatico, tant’è che sulla legittimità dell’articolo in questione è intervenuta pura la Corte Costituzionale che, tuttavia, ha dato ragione al legislatore stabilendo che è manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5 l. 22 maggio 1978 n. 194, contenente norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza, nella parte in cui non riconosce la rilevanza alla volontà del padre del concepito, marito della donna che chiede di interrompere la gravidanza, trattandosi di scelta discrezionale del legislatore, insindacabile da parte della Corte costituzionale (Corte Costituzionale, 31/03/1988, n. 389). Dopo tale intervento, si è pure pronunciata la Suprema Corte di Cassazione che ha spiegato come, in tale fattispecie, il legislatore (e, quindi, la Corte Costituzionale) abbiano ragione nella parte in cui attribuiscono “esclusivamente alla donna la scelta di portare a termine la gravidanza ovvero di interromperla, senza che l’uomo abbia la possibilità d’imporle una soluzione diversa” (Cassazione civile, sez. I, 17/10/1995, n. 10833). Pertanto, alla luce di tale normativa, il comportamento dell’ex compagna del lettore, dal punto di vista normativo, non potrà essere considerato illegittimo.