Tribunale di Ferrara – Sezione penale – Sentenza 2 aprile 2019 n. 468
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI FERRARA
Il Tribunale di Ferrara, in composizione monocratica, in persona del giudice dott. Costanza Perri, alla pubblica udienza del 20 marzo 2019 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente
SENTENZA
nei confronti di:
(…), nata a C. (F.) il (…), ivi res.te e con domicilio eletto in via C., (…) – libera assente –
IMPUTATA
Reato p. e .p. dall’art. 392 c.p., perché, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al Giudice, essendo proprietaria dell’appartamento sito in C. via (…), concesso in locazione (senza contratto) a (…), si faceva arbitrariamente ragione da sé mediante sostituzione della serratura della porta di ingresso dell’appartamento non permettendo alla parte offesa di farvi accesso.
In Comacchio (FE) in epoca antecedente e prossima al 06.03.2013 Con l’intervento del Pubblico Ministero: dott. T.An. V.P.O.
Del difensore di ufficio : Avv. G.Ca. del Foro di Ferrara
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con decreto di citazione diretta a giudizio emesso in data 17 novembre 2017, (…) è stata tratta innanzi a questa Autorità Giudiziaria per rispondere del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni di cui all’art. 392 c.p. perché, potendo ricorrere al giudice, in qualità di proprietaria dell’appartamento sito in C., Via (…), concesso in locazione a (…), sostituiva la serratura della porta di ingresso dell’appartamento, così impedendo alla conduttrice di accedervi.
All’udienza del 16 marzo 2018, dichiarata l’assenza dell’imputata, venivano ammesse le prove richieste dalle parti.
Alla udienza del 23 ottobre 2018, stante l’imminente trasferimento ad altro ufficio del giudice titolare del processo, veniva disposto un rinvio per l’espletamento della istruttoria dibattimentale.
Alla udienza del 20 marzo 2019, dato atto del mutamento della persona del giudice, veniva escussa la teste, persona offesa, (…).
Conclusa l’escussione testimoniale, le parti rassegnavano le rispettive conclusioni come da verbale e, all’esito della camera di consiglio, il giudice pronunciava il dispositivo, in calce integralmente trascritto.
I fatti possono essere ricostruiti sulla scorta delle dichiarazioni testimoniali rese dalla persona offesa, (…), alla udienza del 20 marzo 2019.
Con una esposizione chiara, esaustiva e coerente, la teste ha riferito di aver condotto in locazione, per un periodo di circa quattro anni (segnatamente dal 2009 al 2013, ancorché sulla scorta di mero accordo verbale intercorso con l’odierna imputata) l’immobile di via C. n. 41 a C., pagando un canone di locazione di 200,00 Euro mensili. Dovendosi sottoporre ad un intervento chirurgico presso l’Ospedale di Argenta, (…) lasciava temporaneamente la propria abitazione, chiudendola a chiave. Una volta dimessa, necessitando di riposo e di assistenza, (…) trascorreva alcune settimane ad Adria, presso un’amica. Tornata a casa il 6 marzo 2013, la teste, tentando di rientrare nella propria abitazione, constatava che la serratura della porta di ingresso era stata sostituita. Chieste spiegazioni alla proprietaria (…), quest’ultima le riferiva di aver sostituito la serratura, poiché non la voleva più in casa. La teste ha aggiunto di aver rinvenuto parte dei propri effetti personali (capi di abbigliamento e calzature) all’interno di un sacco di plastica, abbandonato in garage. All’interno della abitazione (…) aveva lasciato alcuni elettrodomestici e gioielli di sua proprietà, che, a seguito dell’accaduto, non le sono mai più stati restituiti.
Orbene, la ricostruzione dei fatti dianzi esposta trova conferma in un compendio probatorio che si fonda sostanzialmente sulle dichiarazioni della persona offesa.
Giova, quindi, ricordare che, “le dichiarazioni della parte offesa possono essere legittimamente poste da sole a base dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della loro credibilità soggettiva e dell’attendibilità intrinseca del racconto (cfr. S.U., n. 41461 del 19.7.2012ex multis e tra le più recenti Sez. 4, n. 44644 del 18/10/2011, F., Rv. 251661; Sez. 3, n. 28913 del 03/05/2011, C., Rv. 251075; Sez. 3, n. 1818 del 03/12/ 2010, dep.2011, L. C., Rv. 249136; Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008, De., Rv.240524). Il vaglio positivo dell’attendibilità del dichiarante deve essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello generico cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone, di talché tale deposizione può essere assunta da sola come fonte di prova unicamente se venga sottoposta a detto riscontro di credibilità oggettiva e soggettiva. Inoltre, costituisce principio incontroverso nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione che la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto, che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (cfr. ex plurimis Sez. 6, n. 27322 del 2008, De., cit.; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, Finazzo, Rv. 239342; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005, Za., Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004, Pacca, Rv. 227493; Sez. 3, n. 22848 del
27/03/2003, Assenza, Rv. 225232), che non si ravvisano nella fattispecie” (cfr. Cass., sezione V, sentenza 19 settembre 2017 n. 42749).
L’applicazione dei predetti principi al caso di specie, a fronte della chiara ed evidente coerenza interna delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, che mai si è contraddetta, fornendo anzi, sia in sede di denuncia che nel corso del dibattimento, la medesima versione dei fatti, con un racconto privo di contraddizioni, logico e puntualmente argomentato, porta, pertanto, a ritenere tali dichiarazioni sufficienti ai fini della prova del fatto contestato all’odierna imputata.
Del resto, la deposizione resa dalla persona offesa non è mai stata smentita, né confutata da alcun elemento a discarico; la difesa dell’imputata, invero, non ha fornito alcun elemento utile da valutare in proprio favore.
Orbene, così ricostruiti i fatti, non vi è alcun dubbio circa la responsabilità di (…) per il reato a lei ascritto.
Il fatto è stato correttamente qualificato nel capo di imputazione.
Ed invero, l’odierna imputata, al fine di rientrare nella disponibilità dell’immobile di proprietà ha autonomamente provveduto a sostituire la serratura della porta di ingresso dell’abitazione, così impedendo alla conduttrice di farvi rientro, peraltro approfittando della circostanza che questa aveva dovuto lasciare momentaneamente la casa per motivi di salute.
Si configurano, pertanto, nella odierna fattispecie, tutti gli elementi tipici, oggettivi e soggettivi, della contestata ipotesi di reato.
Da un lato, la condotta materiale, consistita nel mutamento della destinazione della cosa, al fine di esercitare un diritto che il soggetto agente riteneva di avere e che avrebbe, comunque, potuto tutelare rivolgendosi al giudice con apposita azione civile.
Dall’altro, il dolo specifico, costituito, oltre che dalla coscienza e volontà dell’atto di violenza (nella fattispecie il mutamento della cosa mediante il cambio della serratura), anche dal fine di esercitare un preteso diritto.
Per pacifica giurisprudenza il caso in esame rientra perfettamente nella contestata ipotesi di reato.
Ed invero, “Integra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni la condotta del locatore che, a seguito del decesso del conduttore e della mancata restituzione dell’immobile da parte dell’erede, riacquisti il possesso dell’immobile sostituendo la serratura della porta d’ingresso, anziché esperire l’azione di rilascio per occupazione “sine titulo” nei confronti del successore del conduttore, divenuto detentore precario del bene” (cfr. Cass. sez. 6, sentenza n. 3348 del 14/11/2017).
Inoltre, “Risponde del reato di cui all’art. 392 cod. pen. il proprietario di un immobile che, una volta scaduto il contratto di locazione, di fronte all’inottemperanza del conduttore dell’obbligo di rilascio, anziché ricorrere al giudice con l’azione di sfratto, si fa ragione da sé, sostituendo la
serratura della porta di accesso e apponendovi un lucchetto” (cfr. Cass. Sez. 6, sentenza n. 10066 del 18/01/2005).
Alcun ragionevole dubbio può, pertanto, porsi circa la sussistenza della penale responsabilità della odierna imputata.
Tanto premesso in tema di responsabilità, non possono concedersi le attenuanti generiche, in assenza di qualsiasi elemento valutabile a tal fine.
Visti i criteri di cui all’art. 133 c.p., singolarmente e cumulativamente valutati, si ritiene congrua la pena di 300,00 Euro di multa, comunque prossima al limite minimo edittale.
Può essere concessa la sospensione condizionale della pena, poiché le modalità del fatto, da un lato, ne denunciano l’occasionalità, dall’altro, valutate unitamente all’assenza di precedenti penali e di polizia, consentono una prognosi positiva ai sensi dell’art. 164 c.p.
Segue la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M.
Visti gli artt. 533 e 535 c.p.p.
dichiara
(…) responsabile del reato a lei ascritto e la condanna alla pena di Euro 300,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
Visto l’art. 163 c.p. ordina che l’esecuzione della presente sentenza resti condizionalmente sospesa per il termine di cinque anni.
Visto 1 art. 544 co. 3 c.p.p., fissa in giorni 30 il termine per il deposito delle motivazioni. Così deciso in Ferrara il 20 marzo 2019.
Depositata in Cancelleria il 2 aprile 2019.