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Mobbing: l’aiuto psicologico

30 Novembre 2019 | Autore:
Mobbing: l’aiuto psicologico

Cos’è il mobbing? Come riconoscerlo? Come incidono le condotte vessatorie sulla salute del lavoratore mobbizzato? Come richiedere il risarcimento del danno? Per scoprirlo, leggi il mio articolo.

In un contesto aziendale, non sempre si ha la fortuna di avere a che fare con colleghi e/o superiori gerarchici in grado di collaborare serenamente ed evitare situazioni che possano generare attriti, invidie e/o tensioni sul posto di lavoro. Nel momento in cui vengono messe in atto condotte vessatorie reiterate nel corso del tempo allo scopo di emarginare il lavoratore, determinare la perdita della sua autostima e, nei casi più gravi, provocare l’insorgenza di alcune patologie, fino a indurlo ad andarsene, si parla di mobbing.

Spesso, si confonde il mobbing con un singolo comportamento scorretto nei confronti del dipendente. Alcuni tendono a considerare mobbing qualsiasi azione di emarginazione professionale e/o dequalificazione. Ma non tutte le condotte scorrette possono qualificare il mobbing.

Quando si configura il mobbing? Al verificarsi di una pluralità di azioni, protratte per almeno sei mesi, collegate tra loro e finalizzate ad un unico obiettivo: indurre il lavoratore mobbizzato a rassegnare le proprie dimissioni. Le condotte vessatorie hanno natura sistematica. Il lavoratore mobbizzato viene umiliato e svilito umanamente e professionalmente attraverso un crescendo di condotte sempre più offensive; viene lesa la sua dignità.

Quali sono le conseguenze del mobbing sulla vittima? E’ scientificamente provato che nel lavoratore mobbizzato possono riscontrarsi: disturbi depressivi; ansia; calo di autostima; sociopatia; dipendenza da alcool e/o altre sostanze; obesità; gastriti e coliti di origine nervosa; problemi epidermici di origine psicosomatica; malattie autoimmuni; ipertensione arteriosa e altre malattie cardio-vascolari.

Come può la vittima di mobbing riacquistare la fiducia in sé stessa, nelle sue capacità e nei successivi rapporti di lavoro? Che tipo di percorso terapeutico è consigliato al lavoratore mobbizzato? Prosegui nella lettura del mio articolo se vuoi saperne di più sul mobbing: l’aiuto psicologico. A seguire, troverai l’intervista al dr. Maurizio Cottone, specialista in psicoterapia psicoanalitica. Dopodiché, ti spiegherò quali sono i doveri del datore di lavoro; quali sono le diverse condotte attraverso cui può attuarsi il mobbing; quali sono le diverse tipologie di mobbing; come può difendersi la vittima di mobbing.

Quando un comportamento può essere considerato mobbing?

Il mobbing o persecuzione sul posto di lavoro, è un fenomeno vecchio come il mondo ma è stato studiato dal punto di vista scientifico solamente una trentina d’anni fa, da Leymann in Germania. E’stato importato in Italia una ventina d’anni fa da Herald Ege. Il primo manuale italiano è, infatti, di Ege e risale al 1996. E’ un fenomeno continuamente approfondito scientificamente.

Il mobbing in “forma pura” oggi giorno è difficile da riscontrare perché deve rispettare determinati parametri: nell’attacco deve esserci continuità; la durata dell’attacco persecutorio deve essere di almeno 6 mesi.

Mobbing: quali sono le cause?

Lo stress occupazionale (per esempio, quello derivato dal superlavoro, dalle scadenze pressanti, dalla cattiva distribuzione dei compiti o da altri fattori organizzativi e relazionali) può essere causa di mobbing.

L’azione, infatti, avviene sempre in ambiente di lavoro disfunzionale e il gruppo prende di mira qualcuno (capro espiatorio) diverso dalla maggioranza del gruppo.

Questo significa che, inizialmente, può non esserci intenzione consapevole da parte del gruppo (prefase).

Qual è il profilo psicologico della tipica vittima di mobbing sul lavoro?

Il mobbing, così come viene individuato e descritto da Ege, non parte mai come un attacco persecutorio intenzionale da parte del gruppo nei confronti del mobbizzato, ma si costituisce attraverso dei movimenti inconsci che nascono all’interno del gruppo per una disfunzione aziendale che porta il malcontento tra le persone.

Questi movimenti gruppali tendono a trovare soddisfazione individuando un soggetto che si differenzia dalla massa per colore della pelle, convinzioni politiche, religiose, stile di vita particolare o comunque diverso. Ciò lo rende vulnerabile all’attacco di mobbing.

Quali sono le conseguenze psicologiche della vittima di mobbing?

I problemi psicologici della vittima di mobbing possono essere anche severi e nascono lentamente seguendo le sette fasi di Ege:

  1. prefase (sia verticale a doppio senso che orizzontale);
  2. conflitto mirato (attacco ripetuto, sistematico, duraturo);
  3. intento persecutorio (gelosia, invidia, antipatia, vivere l’altro come un ostacolo);
  4. primi sintomi psicosomatici (gastriti nervose, dolori cervicali, disturbi dell’alimentazione, cefalee, problemi digestivi, ecc…);
  5. abusi del personale (ufficializzazione del conflitto, il caso diventa pubblico);
  6. serio aggravamento della salute psico-fisica;
  7. esclusione dal mondo del lavoro.

In sintesi, si parte da un attacco mirato dopo l’aver individuato il capro espiatorio, seguono sintomi psicosomatici della persona che si sente in difficoltà nei confronti di un’ostilità gruppale che prima percepisce a livello inconscio e poi in maniera sempre più evidente, arrivando alla malattia vera e propria che lo porta ad essere estromesso dal mondo del lavoro.

Il mobbing causa l’insorgenza di malattie come: ansia, depressione, disturbi della personalità, disturbo dell’adattamento, paranoia, disturbo post traumatico da stress.

Qual è l’identikit del mobber?

Diciamo che non c’è un identikit del mobber. Al giorno d’oggi, si inquadra un fenomeno che è molto più riscontrabile ed è riconosciuto già dalla giurisprudenza: è lo “straining”, in cui l’attacco deve essere ripetuto e persistente, ma non necessariamente deve durare almeno 6 mesi e soprattutto basta che venga fatto da “una persona”.

Straining: cos’è e come riconoscerlo?

Si tratta di una situazione di stress forzato, in maniera intenzionale, da parte anche solo di un singolo nei confronti della “vittima” che può anche consistere in pochi atti ostili limitati nel tempo ma con effetti lesivi permanenti. Il danno è causato, come per il mobbing, da discriminazione con effetti discriminatori soggettivi.

Bastano quattro fasi per diagnosticare lo straining:

  1. azione ostile (attacco ripetuto, sistematicoanche meno di 6 mesi);
  2. conseguenza permanente;
  3. primi sintomi psicosomatici (gastriti nervose, dolori cervicali, disturbi dell’alimentazione, cefalee, problemi digestivi, ecc…);
  4. serio aggravamento della salute psico-fisica.

Cosa scatta nella mente del mobber? Perché mette in atto certi comportamenti?

Il mobber solitamente è il superiore che per vari motivi, principalmente incompatibilità caratteriali, oppure invidia, inizia ad essere ostile in maniera sempre più lampante e diventa persecutorio nei confronti del mobbizzato, creandogli un danno permanente e una messa in malattia per i sintomi sopra espressi per il mobbing puro.

Mobbing: perché è importante rivolgersi ad uno specialista?

Il nesso causale richiesto dal giudice non è mai lineare (causa diretta, come nei danni fisici), ma circolare. Le reazioni ad ogni evento mettono in atto meccanismi di adattamento diversi in modo quantitativo e qualitativo diversi da persona a persona. Per questo, si rende necessaria la consulenza di uno psicologo/psichiatra ed una valutazione coerente e competente che valuti la predisposizione individuale del lavoratore.

Quale percorso terapeutico consiglia alla vittima di mobbing?

Sicuramente, un percorso terapeutico alla vittima di mobbing non può fare che bene perché si esce da questa situazione distrutti e con l’autostima ridotta a pezzi. Riprendere in mano la propria vita per queste persone, che solitamente hanno anche una certa età, non è per niente facile e il sostegno di una terapeuta esperto può favorire questa rinascita.

Cosa bisogna comprendere nel corso della terapia?

Lo specialista deve capire se:

  • il disturbo si è manifestato in un individuo con psichismo sostanzialmente equilibrato per causa esclusiva dell’evento traumatizzante;
  • il disturbo rappresenta la slatentizzazione in forma clinicamente conclamata di preesistenti alterazioni dell’assetto psichico della persona che sarebbero rimaste inespresse;
  • il disturbo si è aggiunto ad altri disturbi aggravandoli.

Quale terapia consiglierebbe al mobber? 

Per quanto riguarda il “mobber”, non credo sia consigliabile nulla perché, a differenza di altre situazioni dove abbiamo una persecuzione quale può essere lo stalker, molte volte si trova anche lui vittima di questa dinamica che nasce dalla disorganizzazione lavorativa, esubero del personale, ecc..

C’è qualche caso di mobbing che vuole condividere con i nostri lettori?

Casi di mobbing ne ho visti parecchi. Per una questione di privacy, posso solo dire che, solitamente, le vittime di mobbing sono persone che entrano in una dinamica sadomasochista con il mobber e non riescono più a uscirne fuori per una loro difficoltà nella gestione della rabbia, unita a un sentimento di inferiorità costante, già antecedente la dinamica mobbizzante.

I mobbizzati sono solitamente persone molto precise sul lavoro, a volte rigide, ossessive, puntigliose. Spesso, proprio a causa del loro carattere, rischiano di entrare in rotta di collisione con qualche superiore approssimativo, che trascura le persone, ma guarda i numeri, seguendo in maniera acritica le direttive dei vertici aziendali.

Mobbing e bullismo: come distinguerli?

Il bullismo è tipicamente più fisico che psicologico, cioè fatto di vere e proprie aggressioni e minacce dirette, mentre sappiamo come in ambito lavorativo e tra adulti, la violenza sia spesso squisitamente psicologica, e quindi ben più subdola, strisciante ed indiretta.

Mobbing e molestia sessuale: quali sono le differenze?

La molestia sessuale può essere costituita anche da un solo atto, il mobbing, come abbiamo visto deve essere sistematico; il molestatore ha nei confronti della vittima un chiaro intento libidinoso, il mobber invece può tendere a dare fastidio, a punire, a denigrare, ad espellere.

Mobbing: come difendersi?

Dopo aver analizzato gli aspetti psicologici del mobbing nell’intervista al dr. Maurizio Cottone, ora ti spiegherò quali sono gli obblighi del datore di lavoro; chi può mettere in atto il mobbing; quali sono le espressioni del mobbing; quali strumenti di difesa ha a disposizione la vittima di mobbing.

L’obbligo di sicurezza del datore di lavoro

Com’è possibile che si verifichi il mobbing in azienda? Cosa deve fare il datore di lavoro? In ogni contratto, il datore ha il dovere di tutelare la salute e la sicurezza dei propri dipendenti. Per raggiungere questo obiettivo, il datore di lavoro deve porre in essere tutte le misure di sicurezza necessarie affinché i lavoratori alle sue dipendenze non vengano danneggiati in alcun modo e sia preservata la loro salute psico-fisica. Inoltre, l’obbligo di sicurezza [1] impone al datore di lavoro di controllare che l’ambiente lavorativo non provochi alcun malessere ai propri dipendenti.

Mobbing: le diverse tipologie

La dottrina distingue il mobbing in diverse tipologie in base ai soggetti che attuano questa pratica. Quando a mobbizzare il dipendente è il datore di lavoro o un superiore gerarchico si parla di mobbing verticale (o bossing); quando l’attacco al dipendente proviene dai suoi colleghi di pari grado siamo in presenza del mobbing orizzontale; quando sono i dipendenti a fare mobbing contro il capo, casi che si verificano raramente, siamo in presenza di mobbing ascendente (o mobbing dal basso).

Quali condotte costituiscono mobbing?

Tra le innumerevoli espressioni del mobbing troviamo: demansionamento immotivato; dequalificazione professionale; l’isolamento del lavoratore; diffusione di informazioni offensive e false sul lavoratore mobbizzato; le molestie sessuali; critiche relative al lavoro svolto dal mobbizzato; attacco all’immagine sociale del mobbizzato; ripetute visite mediche fiscali; irrogazione di sanzioni disciplinari; rimproveri verbali ingiustificati.

Mobbing: risarcimento del danno

Il mobbing è un fenomeno molto più diffuso di quanto si possa immaginare e soltanto un numero ristretto di vittime decide di denunciare la situazione e chiedere il risarcimento del danno. Innanzitutto, dovrai dimostrare di aver subìto violenze fisiche o psichiche.

Puoi rivolgerti al tribunale ordinario, sezione lavoro, al fine di ottenere il risarcimento del danno. Per comprendere l’ammontare del danno da mobbing, occorre distinguere le varie voci:

  • danno patrimoniale (per la perdita di professionalità e delle chance lavorative);
  • danno non patrimoniale, che può essere differenziato in:
    • danno esistenziale o danno alla vita di relazione e sociale;
    • danno biologico ovvero la lesione dell’integrità psicofisica clinicamente accertabile;
    • danno morale, cioè il danno alla sfera emotiva subito a causa degli illegittimi comportamenti dei colleghi e/o superiori gerarchici.

La causa sarà contro il datore di lavoro anche nel caso in cui non sia lui il mobber, dunque anche in presenza di mobbing ascendente o orizzontale, dal momento che spetta al datore tutelare la salute dei suoi dipendenti.


note

[1] Art. 2087 cod. civ.


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