Riconoscimento e disconoscimento dei figli nati fuori e dentro il matrimonio


Da 14 anni in su necessario il consenso del minore per il suo riconoscimento; cambiano le regole per i figli nati da incesto; l’azione di disconoscimento non può essere esperita dopo 5 anni dalla nascita.
La recente riforma del diritto di famiglia ha modificato le norme in tema di riconoscimento e disconoscimento dei figli. Vediamo nel dettaglio gli aspetti principali delle recenti modifiche.
Riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio
Quanto al riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio – che il padre o la madre possono effettuare, congiuntamente o separatamente, anche se già uniti in matrimonio con un’altra persona all’epoca del concepimento – la legge [1] abbassa da sedici a quattordici anni, l’età dalla quale il riconoscimento del figlio non produce effetto senza il suo assenso. In altre parole, se il figlio ha compiuto 14 anni, il suo consenso è sempre necessario per il riconoscimento.
Ambito più esteso, anche per il riconoscimento della prole “incestuosa” (termine oggi cancellato): i genitori [2], da oggi, non dovranno più dimostrare l’inconsapevolezza, al momento del concepimento, del loro vincolo di parentela. Pertanto, il figlio nato tra parenti potrà essere riconosciuto previa autorizzazione del giudice: il magistrato potrà accordare l’autorizzazione solo se il riconoscimento non comporta un pregiudizio del per il minore (si pensi, ad esempio, ai casi in cui il minore potrebbe riceverne un’onta sul piano sociale).
Disconoscimento della paternità del figlio nato nel matrimonio
In materia di disconoscimento di paternità del figlio nato in costanza di matrimonio, la legge [3] prevede che l’azione possa essere esercitata dal marito, dalla madre e dal figlio stesso. Chi la promuova, sarà ammesso a provare l’inesistenza del rapporto di filiazione; la sola dichiarazione della madre, tuttavia, non escluderà la paternità.
L’azione non può essere più proposta dopo cinque anni dalla nascita. Questo limite di tempo però non opera per il figlio che potrà sempre far valere l’azione di disconoscimento della paternità.
Inoltre, se il presunto padre o la madre (titolari dell’azione) siano deceduti senza averla promossa, ma entro il termine dei cinque anni previsto per l’esercizio dell’azione, l’azione medesima potrà essere esperita dai discendenti o ascendenti. Il nuovo termine decorrerà dalla morte del presunto genitore, dalla nascita del figlio postumo, o dal raggiungimento della maggiore età da parte di ciascun discendente. Diversamente, in caso di decesso del figlio titolare dell’azione, avvenuto anteriormente al suo esercizio, coniuge o discendenti potranno avanzare l’istanza entro un anno dal decesso del figlio o dalla maggiore età di ciascun discendente.
note
[1] Nuovo art. 250 cod. civ. (modificato con legge n. 219/12).
[2] Nuovo art. 251 cod. civ.
[3] Nuovo articolo 243 bis cod. civ.