No al danno biologico da stress se il lavoratore può astenersi dai carichi eccessivi


Inutile invocare il danno biologico da stress lavorativo a carico del datore di lavoro se il dipendente, specie se si tratta di un dirigente, può decidere di astenersi dall’eseguire prestazioni che mettono a rischio la sua salute.
Non è dovuto il risarcimento del danno biologico da stress, per sovraccarico di lavoro, al dipendente che può decidere di astenersi dai carichi eccessivi; ciò, a maggior ragione, vale per il dirigente che, proprio grazie all’autonomia che caratterizza la sua attività, è in condizione di evitare il superlavoro.
A dirlo è la Cassazione in una sentenza dello scorso mese di maggio [1].
La Corte ha bocciato il ricorso proposto da un manager che aveva lamentato la violazione del proprio diritto alla salute per non aver, l’azienda presso cui era impiegato, impiegato tutte le misure necessarie a garantire la sua integrità psicofisica. Secondo il ricorrente, la società aveva, di fatto, tollerato l’eccessiva mole di lavoro (sia in termini di quantità che di qualità) di cui si era preso carico il dirigente. L’azienda, in sostanza, non avrebbe rispettato l’obbligo di controllare la ragionevolezza della durata delle prestazioni.
Invece, la Cassazione ha ritenuto infondata tale richiesta, rigettando il ricorso. Nella sentenza si legge che ogni lavoratore, almeno in linea di principio, ha la facoltà di evitare le prestazioni specifiche quando la relativa esecuzione può nuocergli o farlo ammalare. In buona sostanza, chi sostiene di aver passato giorni e notte a pensare ai problemi di lavoro, tanto da ammalarsi, non può ottenere un risarcimento del danno biologico. E tale principio vale, a maggior ragione, per il dirigente che organizza il suo lavoro in piena autonomia e, dunque, può gestire i suoi carichi di lavoro come meglio crede.
Questo, ovviamente, non vuol dire che la Cassazione ha chiuso definitivamente le porte ad ogni richiesta di risarcimento del danno da stress lavorativo. Tuttavia, i giudici hanno voluto quantomeno restringere le richieste di risarcimento solo a quei casi in cui il lavoratore non ha potuto evitare gli ordini e le costrizioni del datore.
note
[1] Cass. sent. n. 12725/2013 del 23.05.2013.