Il medico deve parlare chiaro al malato: non basta il consenso informato


I medici devono usare un linguaggio chiaro e adeguato alle conoscenze del singolo paziente, sulla base del suo livello culturale.
Il paziente che sta per andare in sala operatoria deve essere messo in condizione di comprendere pienamente i rischi dell’operazione a cui va incontro: non basta, a tal fine, la sua firma sul foglio prestampato contenente il cosiddetto “consenso informato”. Al contrario, è necessario che il medico mantenga un rapporto personale con l’ammalato.
Il paziente, in buona sostanza, ha il diritto di avere le informazioni sui rischi dell’intervento con un linguaggio chiaro e comprensibile, che tenga conto anche del suo grado culturale.
Questo principio è stato di recente stabilito da un’importante sentenza della Cassazione [1].
Nel caso deciso dalla Corte, il paziente era un avvocato e, quindi – secondo la tesi sostenuta dalla difesa – di formazione e preparazione tale da comprendere l’importanza della firma del consenso informato. I giudici, invece, di contrario avviso, hanno ritenuto insufficiente tale firma sul modulo prestampato (firma peraltro richiesta proprio a ridosso dell’operazione).
Le caratteristiche del consenso informato
Il consenso informato deve essere:
– personale: ossia prestato unicamente dal paziente interessato, salvo ovviamente nei casi di incapacità di quest’ultimo;
– specifico ed esplicito, reale ed effettivo, non presunto;
– attuale, quando possibile.
Poiché, però, l’informativa deve essere sempre adeguata al livello culturale del malato, la sola firma del modulo prestampato potrebbe essere insufficiente a consentire al paziente una completa informazione sui rischi cui va incontro. Pertanto, a tal fine, il medico deve mantenere un rapporto con il paziente e fornirgli, anche a voce, tutte le cognizioni tecniche necessarie per renderlo edotto della terapia.
La Cassazione ha sentito la necessità di invitare i medici a usare un linguaggio chiaro “che tenga conto del particolare stato soggettivo e del grado di conoscenze specifiche”.
Difatti, come ha chiarito la Corte Costituzionale [2], il consenso informato è un vero e proprio diritto fondamentale della persona, fondato sulla nostra stessa Costituzione [3]. Esso quindi va preservato attraverso un rapporto diretto con il medico curante. E il medico ha l’onere probatorio di dimostrare, in giudizio, di aver assolto bene il suo ruolo dando informazioni dettagliate e comprensibili.
note
[1] Cass. sent. n. 19220/2013.
[2] C. Cost. sent. n. 438/2008.
[3] Artt. 2, 13 e 32 Cost.