Scopri le ultime sentenze su: licenziamento per giusta causa; conversione del licenziamento per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo soggettivo; lesione reputazione datore di lavoro; violazione obbligo fedeltà; valutazione della legittimità del licenziamento.
Indice
- 1 Licenziamento disciplinare: il difetto di contestazione dell’infrazione
- 2 Giusta causa di licenziamento del dipendente
- 3 Giusta causa di licenziamento e previsioni dei contratti collettivi
- 4 Tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva
- 5 Licenziamento per giusta causa: il rifiuto del lavoratore di adempiere la prestazione
- 6 Conversione del licenziamento per giusta causa
- 7 Licenziamento per giusta causa: gravità del comportamento
- 8 Licenziamento del macchinista che lascia il treno senza un controllo umano
- 9 Licenziamento e insussistenza del fatto contestato
- 10 Licenziamento per giusta causa: onere della prova
- 11 Diritto di critica delle decisioni aziendali
Licenziamento disciplinare: il difetto di contestazione dell’infrazione
Un licenziamento per giusta causa, non diversamente da uno per giustificato motivo soggettivo, che non sia preceduto da alcuna contestazione disciplinare dell’addebito fatto valere quale fondamento della causa risolutoria, non è riducibile ad atto negoziale intaccato da un difetto formale (quello della mancanza di un suo antecedente presupposto).
Infatti il recesso impartito senza la previa contestazione degli addebiti prevista dall’art. 7 L. 300/1970 è privo di giustificazione sotto il profilo dell’insussistenza del fatto così come espressa dal secondo comma dell’art. 3 D.Lgs. n. 23/2015, ove in esordio si dice esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato.
Corte appello Milano sez. lav., 29/11/2019, n.1494
Giusta causa di licenziamento del dipendente
In tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della valutazione di proporzionalità è sempre necessario valutare in concreto se il comportamento tenuto, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la prosecuzione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, con particolare attenzione alla condotta del lavoratore che denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti ed a conformarsi ai canoni di buona fede e correttezza.
(Fattispecie relativa al licenziamento per giusta causa comunicato dall’Inps ad un proprio dipendente, colpevole di avere alterato i dati di alcune pratiche di ricongiunzione di periodi assicurativi e riscatti di periodi di laurea).
Cassazione civile sez. lav., 08/11/2019, n.28927
Giusta causa di licenziamento e previsioni dei contratti collettivi
La giusta causa di licenziamento è nozione legale rispetto alla quale non sono vincolanti – al contrario che per le sanzioni disciplinari con effetto conservativo – le previsioni dei contratti collettivi, che hanno valenza esemplificativa e non precludono l’autonoma valutazione del giudice di merito in ordine alla idoneità delle specifiche condotte a compromettere il vincolo fiduciario tra datore e lavoratore, con il solo limite che non può essere irrogato un licenziamento per giusta causa quando questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo in relazione ad una determinata infrazione.
(Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che, a fronte del contratto collettivo che prevedeva il licenziamento solo per condotte dolose, si era limitato ad accertare la natura colposa della violazione senza, peraltro, verificare se la stessa fosse punita con sanzione conservativa).
Cassazione civile sez. lav., 16/07/2019, n.19023
Tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva
In tema di licenziamento per giusta causa, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, ma la scala valoriale formulata dalle parti sociali deve costituire uno dei parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale dell’art. 2119 c.c.
(Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione del giudice di merito che aveva rigettato l’impugnativa del licenziamento irrogato per l’indebito utilizzo per acquisti della carta dipendenti, senza operare alcuna parametrazione con le previsioni di giusta causa codificate dalle parti sociali).
Cassazione civile sez. lav., 23/05/2019, n.14063
Licenziamento per giusta causa: il rifiuto del lavoratore di adempiere la prestazione
In tema di licenziamento per giusta causa, il rifiuto del lavoratore di adempiere la prestazione secondo le modalità indicate dal datore di lavoro è idoneo, ove non improntato a buona fede, a far venir meno la fiducia nel futuro adempimento e a giustificare pertanto il recesso, in quanto l’inottemperanza ai provvedimenti datoriali, pur illegittimi, deve essere valutata, sotto il profilo sanzionatorio, alla luce del disposto dell’art. 1460, comma 2, c.c., secondo il quale la parte adempiente può rifiutarsi di eseguire la prestazione a proprio carico solo ove tale rifiuto non risulti contrario alla buona fede, avuto riguardo alle circostanze concrete.
(Nella specie, relativa a un contratto di lavoro “part-time” in cui la prestazione, pur fissata nella durata settimanale, non era collocata temporalmente, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore che, senza attivare la procedura ex art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 61 del 2000, si era rifiutato reiteratamente di adempiere alla prestazione nei giorni e secondo l’orario richiesto, pur osservato pacificamente per sette mesi).
Cassazione civile sez. lav., 14/05/2019, n.12777
Conversione del licenziamento per giusta causa
E’ ammissibile la conversione del licenziamento per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo soggettivo, in quanto le dette causali del recesso datoriale costituiscono mere qualificazioni giuridiche di comportamenti ugualmente idonei a legittimare la cessazione del rapporto di lavoro, l’uno con effetto immediato e l’altro con preavviso; ne consegue che il giudice – senza incorrere in violazione dell’art. 112 c.p.c. – può valutare un licenziamento intimato per giusta causa come licenziamento per giustificato motivo soggettivo qualora – fermo restando il principio dell’immutabilità della contestazione, e persistendo la volontà del datore di lavoro di risolvere il rapporto – attribuisca al fatto addebitato al lavoratore la minore gravità propria di quest’ultimo tipo di licenziamento.
Corte appello Genova sez. lav., 18/03/2019, n.150
Licenziamento per giusta causa: gravità del comportamento
Per stabilire in concreto l’esistenza di una giusta causa di licenziamento che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro, ed in particolare di quello fiduciario, occorre valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità dell’elemento intenzionale e, dall’altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare. dunque per valutare la legittimità del licenziamento:
- è necessario accertare se, in relazione alla qualità del singolo rapporto intercorso fra le parti, ed alla qualità ed al grado di fiducia che il rapporto comporta, la specifica mancanza risulti oggettivamente e soggettivamente idonea a ledere in modo grave, così da farla venir meno, la fiducia che il datore di lavoro ripone nel proprio dipendente, senza che possa assumere rilievo l’assenza o la modesta entità del danno patrimoniale subito dal datore;
- l’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza d’un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali o comunque di un comportamento tale che non consenta la prosecuzione del rapporto di lavoro.
Tribunale Modena sez. lav., 14/03/2019, n.16
Licenziamento del macchinista che lascia il treno senza un controllo umano
Rientra nella nozione di giusta causa di licenziamento la condotta del macchinista di un treno che si allontana dal posto di guida, contravvenendo alle disposizioni aziendali, facendo completo affidamento su di un sistema meccanico non in grado di rilevare tutti gli ostacoli.
Cassazione civile sez. lav., 22/08/2018, n.20931
Licenziamento e insussistenza del fatto contestato
La Cassazione ha più volte precisato come, per stabilire in concreto l’esistenza di una giusta causa di licenziamento – che deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro ed in particolare di quello fiduciario – occorre valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all’intensità dell’elemento intenzionale, dall’altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell’elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare.
L’insussistenza del fatto contestato, di cui all’art. 18, st. lav., come modificato dall’art. 1, comma 42, l. n. 92 del 2012, comprende l’ipotesi del fatto sussistente ma privo del carattere di illiceità, sicché in tale ipotesi si applica la tutela reintegratoria, senza che rilevi la diversa questione della proporzionalità tra sanzione espulsiva e fatto di modesta illiceità.
L’art. 18, st. lav., come modificato dall’art. 1, comma 42, l. n. 92 del 2012, riconosce, al comma 4, la tutela reintegratoria in caso di insussistenza del fatto contestato, nonché nelle ipotesi in cui il fatto contestato sia sostanzialmente irrilevante sotto il profilo disciplinare o non imputabile al lavoratore.
Tribunale Roma sez. III, 06/08/2018, n.75870
Licenziamento per giusta causa: onere della prova
È censurabile in sede di legittimità la decisione in cui il giudice si sia limitato a negare valore indiziario agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziarla, non fossero in grado di acquisirla ove valutati nella loro convergenza globale, accertandone la pregnanza conclusiva.
(Nella specie, la S.C. in causa di licenziamento per giusta causa, ha cassato la decisione di merito, che, dopo aver esaminato atomisticamente gli indizi raccolti in istruttoria, anche relativi al giudizio penale, ne ha escluso la valutazione complessiva al fine di ponderarne la valenza probatoria, in quanto privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza).
Cassazione civile sez. lav., 16/07/2018, n.18822
Diritto di critica delle decisioni aziendali
L’esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica delle decisioni aziendali, sebbene sia garantito dagli artt. 21 e 39 Cost., incontra i limiti della correttezza formale che sono imposti dall’esigenza, anch’essa costituzionalmente garantita, ex art. 2 Cost., di tutela della persona umana, sicché, ove tali limiti siano superati, con l’attribuzione all’impresa datoriale o ai suoi rappresentanti di qualità apertamente disonorevoli, di riferimenti volgari e infamanti e di deformazioni tali da suscitare il disprezzo e il dileggio, il comportamento del lavoratore può costituire giusta causa di licenziamento, pur in mancanza degli elementi soggettivi ed oggettivi costitutivi della fattispecie penale della diffamazione.
Cassazione civile sez. lav., 06/06/2018, n.14527