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Infezioni ospedaliere: ultime sentenze

29 Ottobre 2021 | Autore:
Infezioni ospedaliere: ultime sentenze

Diritto al risarcimento del danno; responsabilità dell’azienda sanitaria; infezioni sopraggiunte durante il ricovero ospedaliero; salvaguardia delle condizioni igieniche dei locali e della profilassi della strumentazione chirurgica.

Danni da emotrasfusioni: responsabilità e onere probatorio

La responsabilità del Ministero della salute per i danni causati da infezioni contratte in seguito ad emotrasfusioni o somministrazione di farmaci emoderivati non si fonda né sull’art. 2049 c.c. perché il Ministero non risponde dell’operato delle Asl e delle strutture ospedaliere, né sull’art. 2050 c.c., perché pericolosa è la distribuzione di sangue, ma non il controllo e la vigilanza su tali attività, né infine, sull’art. 1218 c.c., perché tra paziente e Ministero non sussiste alcun vincolo contrattuale.

Ne consegue che la suddetta responsabilità può trovare fondamento solo nella clausola generale di cui all’art. 2043 c.c., con la conseguenza che graverà sul danneggiato l’onere della prova circa il dolo o la colpa dell’Amministrazione, il nesso causale tra l’attività o il fatto pericoloso e l’evento dannoso subito, mentre spetterà al Ministero provare l’assenza dell’elemento oggettivo, ovvero che l’evento non fosse voluto o comunque non prevedibile dall’agente.

Tribunale Ancona sez. II, 28/04/2021, n.573

Danni da emotrasfusione: risarcimento del danno

Nella controversia tra il paziente che assuma di avere contratto un’infezione in conseguenza d’una emotrasfusione, e la struttura sanitaria ove quest’ultima venne eseguita, non è onere del primo allegare e provare che l’ospedale abbia tenuto una condotta negligente o imprudente nella acquisizione e nella perfusione del plasma, ma è onere del secondo allegare e dimostrare di avere rispettato le norme giuridiche e le leges artis che presiedono alle suddette attività.

Cassazione civile sez. VI, 22/04/2021, n.10592

Rapporto contrattuale tra paziente e struttura sanitaria

Il rapporto contrattuale tra il paziente e la struttura sanitaria o il medico esplica i suoi effetti tra le sole parti del contratto, sicché l’inadempimento della struttura o del professionista genera responsabilità contrattuale esclusivamente nei confronti dell’assistito, che può essere fatta valere dai suoi congiunti “iure hereditario”, senza che questi ultimi, invece, possano agire a titolo contrattuale “iure proprio” per i danni da loro patiti. In particolare, non è configurabile, in linea generale, in favore di detti congiunti, un contratto con effetti protettivi del terzo, ipotesi che va circoscritta al contratto concluso dalla gestante con riferimento alle prestazioni sanitarie afferenti alla procreazione che, per la peculiarità dell’oggetto, è idoneo ad incidere in modo diretto sulla posizione del nascituro e del padre, sì da farne scaturire una tutela estesa a tali soggetti.

(Nella specie, la S.C. ha escluso la spettanza dell’azione contrattuale “iure proprio” agli eredi di un soggetto ammalatosi e poi deceduto a causa di infezione da HCV contratta a seguito di emotrasfusioni eseguite presso un ospedale, precisando che essi avrebbero potuto eventualmente beneficiare della tutela aquiliana per i danni da loro stessi subiti).

Cassazione civile sez. III, 09/07/2020, n.14615

Responsabilità del ministero della Salute

La responsabilità del Ministero della salute per i danni conseguenti ad infezioni da virus HBV, HIV e HCV contratte da soggetti emotrasfusi è di natura extracontrattuale, né sono ipotizzabili, al riguardo, figure di reato tali da innalzare i termini di prescrizione (epidemia colposa o lesioni colpose plurime); ne consegue che il diritto al risarcimento del danno da parte di chi assume di aver contratto tali patologie per fatto doloso o colposo di un terzo è soggetto al termine di prescrizione quinquennale che decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, comma 1, c.c., non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione causativa del danno o dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita, o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo, usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche, da ritenersi coincidente non con la comunicazione del responso della Commissione medica ospedaliera di cui all’art. 4 della l. n. 210 del 1992, ma con la proposizione della relativa domanda amministrativa, che attesta l’esistenza, in capo all’interessato, di una sufficiente ed adeguata percezione della malattia.

Cassazione civile sez. VI, 18/06/2019, n.16217

Peggioramento delle condizioni di salute del paziente

Non può essere ricondotta alla previsione scriminante di cui all’art. 3 d.l. n. 158/2012, conv., con modificazioni, in l. n. 189/2012 (c.d. legge Balduzzi) e, quindi, non è qualificabile in termini di colpa lieve, la condotta medica ingiustificatamente “attendista” posta in essere dal pediatra responsabile d’aver sottovalutato il peggioramento delle condizioni di salute del piccolo paziente poi deceduto (nel caso di specie sussiste la colpa grave del pediatra che, pur in presenza di sintomi manifesti che avrebbero dovuto indurlo ad un approccio diverso e, quindi, sia all’immediata visita domiciliare, sia al pronto indirizzamento del paziente in ambito ospedaliero, si è limitato a prescrivere la somministrazione di farmaci, procrastinando al pomeriggio del giorno successivo la visita domiciliare del paziente, durante la quale ha sottovalutato le condizioni di salute dello stesso, successivamente deceduto per infezione respiratoria).

Cassazione penale sez. IV, 15/11/2018, n.3206

Infezione post operatoria

L’azienda sanitaria risponde del danno riportato dal paziente ricoverato in una struttura ospedaliera ed ivi sottoposto ad un intervento chirurgico a seguito del quale si è sviluppata un’infezione pur superficiale che si è risolta rimuovendo i mezzi di sintesi, tale danno ha determinato un allungamento iatrogeno della malattia e non ha comportato il riconoscimento di alcun postumo permanente.

Tribunale Savona, 18/02/2018

Danni da emotrasfusioni: l’onere probatorio

La responsabilità del Ministero della salute per i danni causati da infezioni contratte in seguito ad emotrasfusioni o somministrazione di farmaci emoderivati non si fonda né sull’art. 2049 c.c., perché il Ministero non risponde dell’operato delle Asl e delle strutture ospedaliere, pienamente autonome rispetto a quello; né sull’art. 2050 c.c., perché pericolosa è la produzione e distribuzione di sangue, ma non il controllo e la vigilanza su tali attività; né, infine, sull’art. 1218 c.c., perché tra paziente e Ministero non sussiste alcun vincolo contrattuale.

Ne consegue che la suddetta responsabilità del Ministero per deficit di vigilanza può trovare fondamento solo nella clausola generale di cui all’art. 2043 c.c., con conseguente onere della vittima di provare la colpa dell’amministrazione e il nesso causale tra questa e il danno.

Tribunale Napoli sez. II, 02/11/2017, n.10829

I verbali delle commissioni medico ospedaliere

I verbali delle Commissioni medico ospedaliere di cui all’art. 4 L. n. 210/92 fanno prova, ex art. 2700 c.c., dei fatti che la Commissione attesta avvenuti in sua presenza o da essa compiuti, mentre le valutazioni, le diagnosi o le manifestazioni di scienza o di opinione in essi contenute – ivi compreso il giudizio sulla sussistenza del nesso causale fra trasfusione e infezione – costituiscono meri indizi soggetti al libero apprezzamento del giudice, che non può mai attribuire ad essi il valore di vero e proprio accertamento.

Tribunale Roma sez. II, 07/09/2017, n.16675

Responsabilità medica

In tema di responsabilità professionale del medico, in relazione al nesso causale tra la condotta colposa del medico e l’evento lesivo è da escludere che possano avere una efficacia interruttiva le infezioni sopraggiunte durante il ricovero ospedaliero. Non è infatti configurabile il sopravvenire di un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto alla condotta originaria, cui possa annettersi valore interruttivo del rapporto di causalità: ciò perché l'”infezione nosocomiale” è uno dei rischi tipici e prevedibili da tener in conto nei casi di non breve permanenza nei raparti di terapia intensiva, ove lo sviluppo dei processi infettivi è tutt’altro che infrequente in ragione delle condizioni di grave defedazione fisica dei pazienti.

Cassazione penale sez. IV, 06/06/2017, n.33770

Danni conseguenti ad epatite ed HIV

Con riferimento alla pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell’uso degli emoderivati, il Ministero della salute è tenuto ad esercitare un’attività di controllo e di vigilanza, sicché risponde, ai sensi dell’art. 2043 c.c., dei danni conseguenti ad epatite ed a infezione da HIV, contratte da soggetti emotrasfusi, per omessa vigilanza sulla sostanza ematica e sugli emoderivati.

Tale responsabilità del Ministero della salute, relativamente al contagio verificatosi negli anni tra il 1979 e il 1989, si presume (data la prevedibilità delle infezioni, scoperta nel 1978), e la presunzione può essere vinta solo se il Ministero fornisce la prova dell’adozione di condotte e misure necessarie per evitare la contagiosità, a prescindere dalla conoscenza di strumenti di prevenzione scientifica.

Corte appello Roma sez. I, 06/04/2017

Infezioni nosocomiali

Nell’ipotesi di infezione contratta in ambito ospedaliero – cd. infezione nosocomiale – graverà sul soggetto danneggiato, oltre alla prova dell’esistenza del contratto e dell’aggravamento della patologia ovvero dell’insorgenza di nuove patologie, anche la prova del nesso causale tra il pregiudizio lamentato e l’infezione, secondo un criterio di “probabilità logica”, mentre graverà sulla struttura sanitaria – una volta accertata la sussistenza di tale nesso causale – l’onere di dimostrare di avere diligentemente operato, sia sotto il profilo dell’adozione, ai fini della salvaguardia delle condizioni igieniche dei locali e della profilassi della strumentazione chirurgica eventualmente adoperata, di tutte le cautele prescritte dalle vigenti normative e dalle leges artis, onde scongiurare l’insorgenza di patologie infettive a carattere batterico, sia sotto il profilo del trattamento terapeutico prescritto e somministrato al paziente dal personale medico, successivamente alla contrazione dell’infezione.

Il mancato raggiungimento della prova in ordine agli enunciati profili da parte della struttura sanitaria, ne comporta la responsabilità diretta nella causazione dell’infezione, per non aver messo a disposizione del paziente le attrezzature idonee ad evitare l’insorgenza della complicanza infettiva.

Tribunale Agrigento, 02/03/2016, n.370

Infezione e risarcimento

In tema di danno da infezione trasfusionale, è onere della struttura ospedaliera dimostrare che al momento della trasfusione il paziente avesse già contratto l’infezione per la quale domanda il risarcimento.

Cassazione civile sez. III, 24/09/2015, n.18895

Responsabilità per l’infezione contratta nella struttura ospedaliera

In tema di responsabilità contrattuale di struttura sanitaria e di responsabilità professionale del medico, il paziente ha il solo onere di dedurre qualificate inadempienze, idonee a porsi come causa o concausa del danno, restando poi a carico del debitore convenuto l’onere di dimostrare o che nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa essergli mosso o che, pur essendovi stato un suo inesatto adempimento, questo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno.

(Nella specie, il giudice ha affermato la responsabilità dei sanitari per l’infezione contratta all’interno di struttura ospedaliera da pedone ricoverato in seguito ad investimento, essendo stati pienamente assolti solo gli oneri probatori gravanti sull’investito).

Tribunale Milano sez. I, 16/04/2015, n.4841

Infezione epatica

Non rientra nell’ordinaria diligenza richiedere all’ospedale la cartella clinica dopo oltre tre lustri dalla acclarata infezione epatica (nella specie la Corte ha ritenuto prescritto il diritto al risarcimento dei danni per la contratta infezione da Epatite C in favore di una donna che, seppur consapevole della possibilità di mettere in relazione la malattia con le trasfusioni effettuate, si era attivata troppo tardi per richiedere le cartelle cliniche all’ospedale).

Cassazione civile sez. III, 07/10/2013, n.22822



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