Disciplina delle campagne elettorali; omissione dell’obbligo di comunicazione delle spese sostenute; reati elettorali; divieto a tutte le pubbliche amministrazioni di svolgere attività di propaganda di qualsiasi genere.
Indice
Corruzione elettorale
Il delitto di “corruzione elettorale” di cui all’art. 86 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, caratterizzato da scambio di favori da un lato e da effettiva espressione del consenso elettorale dall’altro, si consuma al momento dell’espressione di voto, poiché è in tale circostanza che si definisce il vincolo sinallagmatico illecito. (In motivazione la Corte ha precisato che anche la propaganda elettorale integra, dal lato del soggetto beneficiato, la controprestazione illecita del sinallagma delineato dalla norma incriminatrice).
Cassazione penale sez. V, 26/10/2021, n.693
Propaganda politica in spazi pubblici
I valori dell’antifascismo e della Resistenza e il ripudio dell’ideologia autoritaria propria del ventennio fascista sono valori fondanti la Costituzione repubblicana del 1948, non solo perché sottesi implicitamente all’affermazione del carattere democratico della Repubblica italiana e alla proclamazione solenne dei diritti e delle libertà fondamentali dell’individuo, ma anche perché affermati esplicitamente sia nella XII disposizione transitoria e finale della Cost., che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, sia nell’art. 1 della legge Scelba n. 645 del 20 giugno 1952.
Pertanto, allorquando si richieda di esercitare attività di propaganda politica ed elettorale in spazi pubblici, sottraendoli, sia pure temporaneamente, all’uso pubblico, per destinarli all’utilizzo privato, non appare irragionevole che l’Amministrazione richieda, al fine di valutare la meritevolezza dell’interesse dedotto, una dichiarazione di impegno al rispetto dei valori costituzionali e, in particolare, dei limiti costituzionali alla libera manifestazione di pensiero connessi al ripudio dell’ideologia autoritaria fascista e all’adesione ai valori fondanti l’assetto democratico della Repubblica italiana, quali quelli dell’antifascismo e della Resistenza .
T.A.R. Brescia, (Lombardia) sez. II, 26/02/2020, n.166
Diffida ad adempiere da parte del collegio regionale di garanzia elettorale
La diffida di cui all’art. 15, comma 8, della l. n. 515 del 1993, con la quale il collegio regionale di garanzia elettorale invita il candidato che l’abbia omessa, a presentare la dichiarazione concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale, assolve alla duplice funzione di offrire al trasgressore la possibilità di sanare l’illecito e di avvertirlo della pendenza del procedimento sanzionatorio, sicché è superfluo l’invio di un’ulteriore diffida prima dell’irrogazione della sanzione amministrativa, essendo l’interessato già a conoscenza della natura dell’addebito e della pendenza della procedura.
Cassazione civile sez. I, 04/11/2019, n.28262
Divieto di propaganda nei trenta giorni antecedenti l’inizio della campagna elettorale
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 29, comma 5, l. 25 marzo 1993, n. 81, in relazione al successivo comma 6, censurato per violazione dell’art. 3 Cost., in quanto punisce con la sanzione della multa le pubbliche amministrazioni che, in violazione del divieto loro imposto, svolgano attività di propaganda di qualsiasi genere, anche se inerente alla rispettiva attività istituzionale, nei trenta giorni antecedenti l’inizio della campagna elettorale per le elezioni amministrative locali, e per tutta la durata della stessa.
Il lamentato trattamento irragionevolmente difforme tra le condotte poste in essere dalle pubbliche amministrazioni nell’imminenza delle elezioni amministrative a livello locale e le condotte poste in essere dalle stesse amministrazioni in prossimità di elezioni regionali, politiche ed europee, è insussistente, atteso che le fattispecie poste a raffronto non sono omogenee, e, pertanto, l’art. 9, comma 1, l. 22 febbraio 2000, n. 28, relativo alle elezioni politiche, il quale fa divieto alle amministrazioni pubbliche di «svolgere attività di comunicazione» durante tali periodi non è correttamente utilizzabile quale tertium comparationis, atteso che il riferimento alle “pubbliche amministrazioni” deve essere inteso come un rinvio agli enti e agli organi, non già ai singoli soggetti titolari di cariche pubbliche, anche se le condotte e i comportamenti vietati alle amministrazioni non possono che essere realizzati da questi ultimi, e la violazione del divieto comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa.
La fattispecie contenuta nella disposizione censurata, che prevede un divieto assistito da sanzione penale, è invece riferita alla propaganda «di qualsiasi genere», ancorché inerente all’attività istituzionale delle amministrazioni e, dunque, riguarda condotte ulteriori e diverse rispetto a quelle poste in essere nello svolgimento delle funzioni istituzionali dell’amministrazione; inoltre, il divieto, pur essendo testualmente rivolto anch’esso alle pubbliche amministrazioni, per il principio della personalità della responsabilità penale non può che indirizzarsi direttamente ai soggetti titolari di cariche pubbliche a livello locale. I divieti previsti dalle due disposizioni poste a raffronto, infine, hanno un differente arco temporale di efficacia (sentt. nn. 52 del 1996, 176, 502 del 2000, 287 del 2001, 324 del 2008, 38, 161 del 2009, 68 del 2012).
Corte Costituzionale, 07/04/2016, n.79
Invio di sms di propaganda elettorale
In tema di tutela della riservatezza, costituisce violazione dell’art. 13 del d.lgs. n. 196 del 2003, interpretato in combinazione con le disposizioni di cui al provvedimento dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali del 7 settembre 2005, cd. decalogo elettorale, l’invio, tramite sms sul telefono cellulare, di messaggi di propaganda elettorale non preceduti dalla prescritta preventiva informativa obbligatoria all’interessato, acquisibile anche “una tantum” attraverso il consenso espresso alla ricezione di chiamate o messaggi per le indicate e specifiche finalità.
Cassazione civile sez. VI, 11/12/2015, n.25079
Attività di propaganda elettorale ed esercizio del diritto di elettorato passivo
Sebbene l’attività di propaganda elettorale, svolta nell’esercizio del diritto di elettorato passivo, e la partecipazione all’attività di un partito politico siano condotte contigue, non integra l’illecito disciplinare di cui all’art. 3 comma 1 lett. h) d.lg. 24 febbraio 2006 n. 109 – norma che sanziona nella sua attuale formulazione, introdotta dall’art. 1 comma 3 lett. d) n. 2) l. 24 ottobre 2006, n. 269, la partecipazione a partiti politici solo ove essa sia “sistematica e continuativa” – il contegno di un magistrato che abbia accettato la candidatura a consigliere comunale di un Comune non rientrante nel suo distretto giudiziario di appartenenza in una lista civica, collegata con quella del candidato sindaco e da costui indicato, in caso di elezione, quale futuro vicesindaco, svolgendo, in tale contesto, attività di propaganda elettorale.
(In applicazione di tale principio, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza con cui la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura aveva comminato, a carico del predetto magistrato, la sanzione dell’ammonimento, senza attribuire adeguato rilievo alla circostanza che l’attività al medesimo contestata si era svolta nell’arco di pochi giorni ed unicamente nel contesto di quella specifica campagna elettorale, essendo dunque circoscritta ad una determinata competizione ed espressione del diritto di elettorato passivo ex art. 51 comma 1 cost.).
Cassazione civile sez. un., 16/12/2013, n.27987
Violazione del divieto di svolgere attività di propaganda elettorale
È manifestamente inammissibile la q.l.c., in riferimento all’art. 3 cost., dell’art. 29, comma 5, in relazione al successivo comma 6, l. 25 marzo 1993 n. 81, che, nell’ambito delle elezioni amministrative, incrimina la violazione del divieto di svolgere attività di propaganda elettorale di qualsiasi genere, da parte delle pubbliche amministrazioni, nei trenta giorni antecedenti l’inizio della campagna elettorale e per tutta la durata della stessa.
L’ordinanza di rimessione presenta gravi carenze in ordine alla descrizione della fattispecie sottoposta all’esame del giudice a quo e presenta un petitum oscuro o, comunque, ambiguo, perché non spiega se ritiene che si debba pervenire ad una sentenza caducatoria della norma censurata, oppure se intenda ottenere una pronunzia che dichiari l’illegittimità costituzionale della norma stessa nella parte in cui punisce la condotta incriminata con la multa anziché con una sanzione amministrativa pecuniaria di corrispondente importo (sent. n. 287 del 2001; ordd. n.181, 211 del 2009, 85, 146 del 2010).
Corte Costituzionale, 30/09/2011, n.260
Autorità garante per le comunicazioni
L’art. 1 comma 31, l. n. 249 del 1997, che assoggetta a sanzione amministrativa pecuniaria “i soggetti che non ottemperano agli ordini e alle diffide dell’autorità, impartite ai sensi della presente legge” fa senz’altro riferimento anche alle prescrizioni di contenuto ordinatorio contenute negli atti di regolazione che l’Autorità adotta ai sensi dell’art. 1 comma 6, lett. b) n. 9, secondo cui la Commissione per i servizi e i prodotti “garantiscono l’applicazione delle disposizioni vigenti sulla propaganda, sulla pubblicità e sull’informazione politica, nonché l’osservanza delle norme in materia di equità di trattamento e di parità di accesso nelle pubblicazioni e nella trasmissione di informazione e di propaganda elettorale”.
In altri termini, l’art. 1 comma 31, l. n. 249 del 1997 prevede una sanzione per l’inosservanza degli ordini impartiti dall’Autorità ai sensi della stessa legge e, quindi, anche per la violazione delle misure ordinatorie impartite nell’esercizio delle funzioni regolatorie che la legge attribuisce all’Autorità e di cui la delibera n. 22/06/CSP gravata è espressione.
Consiglio di Stato sez. VI, 21/03/2011, n.1709
Affissione non autorizzata di manifesti di propaganda elettorale
La domanda di rifusione del danno conseguente all’affissione non autorizzata di numero tre manifesti di propaganda elettorale sulla serranda del chiosco, che a causa del collante rimaneva deturpato ed abbisognevole di pitturazione, è fondata, oltre che sulla documentazione fotografica, sulle dichiarazione del teste che ha incontestabilmente confermato l’assunto attoreo.
Giudice di pace Bari, 27/04/2009, n.3283
Comunicazione politica e propaganda elettorale
I partiti, movimenti politici, comitati promotori, sostenitori e singoli candidati possono utilizzare lecitamente dati personali, secondo le modalità indicate dal provvedimento generale del Garante per la protezione dei dati personali del 7 settembre 2005, per esclusive finalità di comunicazione politica e propaganda elettorale.
In particolare, ai sensi dell’art. 13 co. 5 del Codice, tali soggetti possono prescindere dal rendere l’informativa agli interessati sino al 30 settembre 2009, a condizione che: 1) i dati siano raccolti direttamente da pubblici registri, elenchi, atti o altri documenti conoscibili da chiunque senza contattare gli interessati oppure; 2) il materiale propagandistico sia di dimensioni ridotte che, a differenza di una lettera o di un messaggio di posta elettronica, non renda possibile inserire un’idonea informativa anche sintetica.
Aut. protez. dati person., 02/04/2009
Obbligo di pubblicità delle spese elettorali
In tema di sanzioni amministrative, l’omessa trasmissione della dichiarazione relativa alle spese elettorali sostenute e alle obbligazioni assunte per la propaganda elettorale, al Collegio regionale di garanzia elettorale presso la Corte d’appello di Roma, integra una violazione amministrativa, direttamente applicabile, ex art. 2, comma 1, n. 3 della legge n. 441 del 1982 ed art. 7, comma 7, della legge n. 515 del 1993 anche nei confronti dei candidati non eletti.
Cassazione civile sez. II, 18/07/2008, n.19995
Reato di impedimento o turbamento di una riunione di propaganda elettorale
Infatti, perché sia realizzata l’ipotesi criminosa prevista dall’art. 99 t.u. n. 361/1957 si richiede soltanto che vi sia un’alterazione, in senso deteriore, comunque prodotta (coscientemente e volontariamente) dall’agente, delle condizioni di tolleranza, di tranquillità e di rispetto delle altrui opinioni, in cui devono svolgersi e normalmente si svolgono le riunioni di propaganda elettorale in ogni civile convivenza, e specie in una società democratica retta dai principi di libertà dai quali è permeata dalla nostra Costituzione.
Se, quindi, è ammissibile una manifestazione di dissenso, quale espressione del diritto di critica nei confronti del pensiero dell’oratore, essa deve essere rigorosamente mantenuta entro i confini dell’urbanità e della moderazione, senza essere colta a pretesto per dare sfogo alla propria animosità e intralciare il regolare svolgimento della riunione.
Corte appello Catanzaro sez. II, 08/04/2008, n.380