L’avvocato può disertare l’udienza e non presenziare se non è stato pagato o non ha ricevuto l’acconto?
Alcuni mesi fa, hai dato mandato a un avvocato per difenderti in una causa. Dopo un primo anticipo versato al conferimento dell’incarico (per il quale, peraltro, stai ancora aspettando la fattura), ora ti ha chiesto un ulteriore acconto, subordinando allo stesso il deposito dell’atto processuale in tribunale. La nuova richiesta – a così breve distanza dalla precedente – ti stupisce: «non rientra negli accordi», pensi, «e comunque non mi era stato mai detto nulla a riguardo». Dinanzi alla tua proposta di rinviare l’appuntamento, il professionista si è irrigidito sulle proprie posizioni, tanto da minacciarti di non presenziare all’udienza se prima non pagherai il dovuto. Può farlo oppure no? L’avvocato può non presentarsi in udienza, subordinando magari tale attività al versamento del corrispettivo?
La questione è stata più volte chiarita dalla giurisprudenza. Cerchiamo di fare il punto della situazione.
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L’avvocato può chiedere dei soldi non concordati?
Innanzitutto, devi sapere che l’avvocato non può chiederti una parcella per la quale, al momento del conferimento dell’incarico, non ti abbia già rilasciato un preventivo scritto. Lo prescrive tanto la legge [1] quanto la deontologia professionale [2].
Il fatto di non averti consegnato tale documento non esclude il suo diritto a ottenere il corrispettivo per l’attività prestata, ma solo l’impossibilità di chiederti somme superiori rispetto ai minimi tariffari stabiliti con decreto ministeriale [3]. Si tratta di parcelle che, il più delle volte, sono inferiori rispetto a quelle praticate sul mercato.
L’avvocato che pretende un corrispettivo superiore a tali parametri deve, per forza, consegnare all’assistito, prima dell’avvio della pratica, il preventivo scritto. In caso contrario, il cliente può rifiutarsi di pagare e rivolgersi al giudice affinché determini l’esatto importo dovuto (se non lo farà lui, agirà di certo il professionista). In tal caso, però, l’assistito deve essere pronto a sostenere un giudizio contro il legale che gli costerà di certo ulteriori spese. La soluzione migliore è, quindi, un accordo tra le parti che sia il più vicino al predetto decreto ministeriale. Anche l’avvocato del resto sa bene che, se anche insistesse nella propria pretesa, il giudice gli darebbe torto mancando la prova di un preventivo accettato dal cliente.
L’avvocato può rifiutare l’incarico?
L’avvocato ha la facoltà di rifiutare un incarico già conferito (anche in corso di causa), ma ciò non deve confliggere con il diritto di difesa del proprio assistito previsto e tutelato dalla nostra Costituzione. Il che significa che, se stanno per scadere i termini per il deposito di un atto giudiziario o per l’invio di una diffida o per la partecipazione a un’udienza, il difensore deve dar corso al mandato già conferito.
Come già chiarito dalla Cassazione [4], il conferimento dell’incarico all’avvocato si formalizza anche verbalmente o con comportamenti taciti e concludenti (ad esempio, la ricezione di tutto l’incartamento dal cliente). Non c’è, quindi, bisogno di un contratto scritto per provare che il professionista abbia accettato la difesa. E, una volta avvenuto ciò, sopraggiunge anche il dovere, per il legale, di assistere il proprio cliente e di garantirgli quel diritto inalienabile alla «tutela giudiziaria» che, in caso di recesso immediato dal rapporto, verrebbe invece pregiudicata. Infatti, sul piano degli interessi tutelati dalla Costituzione, quello alla difesa viene certamente prima rispetto a quello economico per il professionista di recuperare la propria parcella.
L’avvocato può disertare l’udienza?
Alla luce di quanto detto, l’avvocato non può disertare l’udienza una volta accettato l’incarico. Non può farlo neanche adducendo, come giustificazione, il fatto che il cliente non abbia saldato la parcella. Anche dinanzi a un preventivo scritto e accettato da quest’ultimo in modo formale ed espresso, il difensore deve mettere sempre davanti la tutela dell’assistito e, semmai in un successivo momento, agire contro di lui per il recupero del proprio credito. Insomma, la difesa viene prima di qualsiasi parcella.
Una volta che l’avvocato ha partecipato all’udienza, potrà rimettere il mandato inviando al cliente una lettera raccomandata in cui, senza bisogno di motivare la propria scelta, lo informa della decisione di interrompere il rapporto. Tale missiva deve, però, contenere tutte le informazioni necessarie al successivo difensore per prendere cognizione dello stato del giudizio e improntare una nuova difesa. Sicché il precedente avvocato non potrà negare la restituzione delle carte in proprio possesso, appartenenti al cliente o comunque collegate alla difesa.
note
[1] L. n. 124/2012 (art. 1, comma 141, lett. d).
[2] Art. 27 deontologia forense.
[3] Dm n. 140/2012.
[4] Cass. ord. n. 20865/19 del 2.08.2019.