Referendum elettorale: cosa può succedere


Attesa per la decisione della Corte Costituzionale sull’ammissibilità del referendum proposto da Salvini: ecco gli scenari possibili e le conseguenze.
Domani, la Corte costituzionale si riunirà per decidere sull’ammissibilità del referendum in materia di legge elettorale. Il referendum è la strada per cambiare la legge elettorale nella direzione maggioritaria voluta da Salvini che punta ad abolire l’attuale quota proporzionale prevista nel sistema Rosatellum. Salvini ha fretta perché vuole reagire alla legge elettorale proposta dalle forze di maggioranza e che va in senso contrario: si tratta del Germanicum scaturito nei giorni scorsi dall’intesa tra Di Maio e Zingaretti e prevede un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 5%.
Ora, lo scoglio da superare per la Lega è proprio la decisione della Consulta che si esprimerà domani sull’ammissibilità del quesito referendario. Se dovesse superare il vaglio si potrebbe votare già in primavera, altrimenti tutto verrebbe rimesso in discussione ed i piani di Salvini per un voto anticipato salterebbero, a meno di un’implosione della maggioranza che faccia cadere il Governo per altre vie; senza contare il fatto che in assenza di una legge elettorale non potrebbe realizzarsi il taglio dei parlamentari già varato. Oggi, l’agenzia stampa Adnkronos ha raccolto alcuni interventi che tentano di anticipare quale sarà la decisione della Corte Costituzionale e di intravedere gli scenari e gli sviluppi.
Sul quesito referendario scrive sul Manifesto il costituzionalista Gaetano Azzariti. “Secondo la maggior parte degli esperti il referendum deve considerarsi inammissibile, ed in effetti se la Consulta si attiene ai suoi precedenti l’esito dovrebbe essere tale -dice-. Sin dal 1987, infatti, la necessità di garantire la «costante operatività» del Parlamento ha impedito di far svolgere referendum sui sistemi elettorali che non fossero «autoapplicativi».
Scriveva la Corte: «Gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale non possono essere esposti alla eventualità, anche soltanto teorica, di paralisi di funzionamento», sicché qualora l’abrogazione di norme elettorali richiedesse una nuova disciplina che solo il legislatore è in grado di porre in essere non può darsi corso al referendum. La Corte è semprerimasta fedele a questa giurisprudenza, nonostante i numerosi tentativi di farle cambiare orientamento. L’attuale richiesta non rispetta i requisiti richiamati”, conferma Azzariti.
Da un altro punto di vista, Giuseppe De Bellis, direttore responsabile di Sky Tg24, in un intervento sulle pagine del Sole24ore di oggi spiega che “La prima grande questione del nuovo decennio della politica è la legge elettorale. Una procedura, all’apparenza. E invece è di fatto il più grande atto politico degli ultimi tempi: perché un Parlamento che non riesce a decidere su niente, o poco più, usa ancora una volta la legge elettorale pensando che questa aiuti a trovare risposte che partiti e leader non trovano”.
Ragionando sull’attesa decisione della Consulta sul referendum proposto per l’abolizione della quota proporzionale della legge Rosato e, parallelamente, su un disegno di legge -il cosiddetto Germanicum- il cui testo è diametralmente opposto all’idea del referendum poiché parla di una legge completamente proporzionale, De Bellis osserva come il Paese sia “al bivio di questa Seconda Repubblica”, “deve capire se continuerà a essere tale, con i suoi limiti e i suoi difetti, oppure se tornerà ad assumere le sembianze della Prima”.
“Può un Paese guardare indietro? E può farlo su un tema così delicato e centrale? Molti spiegano questa retromarcia con la presunta fotografia attuale del Paese: la frammentazione spinge a dover trovare un sistema che rappresenti di più l’Italia del 2020. Ma sicuri che l’idea giusta sia tornare indietro? Quella del proporzionale puro era un’Italia diversa, con partiti diversi, con leader diversi, con elettori diversi. L’Italia ha ammaccato il suo bipolarismo, con varie giravolte dei partiti che oggi decideranno il suo destino”, osserva ancora De Bellis.
“Il paradosso è che chi, per vocazione, nascita, cultura o rottura con il sistema partitocratico, è sempre stato incline al maggioritario, oggi spinge per il ritorno al proporzionale; chi invece un tempo era ostile, oggi abbraccia il maggioritario. E ciò coincide in larga parte con l’aumento o il calo delle percentuali di consenso. Ma la scelta su come si vota può piegarsi all’opportunismo politico?”, chiede dunque De Bellis.
“La legge elettorale sancisce un contratto morale con l’elettore. In una democrazia matura il suo obiettivo è la governabilità. Perché da questa discendono stabilità, crescita economica e, quindi, il benessere dei cittadini. Nonostante tutto dal 1994 a oggi l’idea di bipolarismo è entrata nella testa dei cittadini e ciò è dovuto essenzialmente all’introduzione più o meno spinta del sistema maggioritario. Sistema che non ha mai raggiunto la vera maturità alle politiche, ma che è stato determinante per la gran parte delle elezioni territoriali: la legge per l’elezione diretta dei sindaci funziona da 27 anni – rimarca il direttore responsabile di Sky tg24 – ha garantito governabilità e alternanza e rappresentanza, nonostante nei Comuni ci sia lo stesso grado di complessità che c’è a livello parlamentare”.
“La legge elettorale non scalda le masse, non può essere il centro dell’attività del Parlamento. Non può essere la priorità. È la cornice dentro cui disegnare il futuro di un Paese. Il problema è preoccuparsi di capire quale sia questo futuro e di avere un’idea per raggiungerlo”, conclude De Bellis.