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Clausole del preliminare non riprodotte nel definitivo

19 Gennaio 2020
Clausole del preliminare non riprodotte nel definitivo

Differenze tra compromesso e rogito notarile: quale contratto prevale sull’altro in caso di difformità?

Stai per comprare una casa; così, dopo aver trattato le varie condizioni della vendita, hai firmato un compromesso (meglio chiamato “contratto preliminare”). Dinanzi al notaio, però, ti sei accorto che, sul contratto definitivo, non sono riportate alcune clausole presenti invece nel precedente atto. Ti chiedi se si tratti di una volontaria omissione e, quindi, di una modifica agli iniziali accordi o se, invece, è una semplice dimenticanza ovviabile tramite il richiamo al compromesso. Cosa dice la legge se vi sono clausole del preliminare non riprodotte nel definitivo? 

La questione è tutt’altro che nuova. Sia i manuali di diritto civile che le numerose sentenze che si sono susseguite sino ad oggi sul punto hanno affermato alcuni principi stabili che non si può fare a meno di conoscere. 

In ultimo, una pronuncia del tribunale di Roma [1] si è soffermata proprio su tale problematica stabilendo, in via generale, che il contenuto del definitivo supera i patti preliminari. Ma per capire come opera questo principio e quali potrebbero essere le eccezioni dobbiamo trattare, in modo più approfondito, l’intero argomento. Ecco, dunque, che succede se le clausole del preliminare non sono riprodotte nel definitivo.

Funzione del contratto preliminare 

Chi firma un contratto preliminare (ciò che volgarmente viene chiamato “compromesso”) si impegna a stipulare un successivo contratto di compravendita, detto “contratto definitivo”, dinanzi al notaio. Il preliminare costituisce così, nella comune prassi commerciale, un gradino intermedio nei procedimenti di acquisto degli immobili. Il preliminare non determina ancora il trasferimento della proprietà – effetto giuridico, quest’ultimo, che si realizza solo con il successivo contratto definitivo – ma fa sorgere un vincolo irretrattabile a vendere (in capo al proprietario) e ad acquistare (in capo all’offerente). 

Se una delle due parti dovesse tirarsi indietro, senza un giustificato motivo (costituito, ad esempio, dall’inadempimento della controparte: si pensi al venditore che ha taciuto un abuso edilizio o l’assenza dell’abitabilità), l’altra può recarsi in tribunale e chiedere alternativamente: 

  • la risoluzione del contratto (ossia lo scioglimento dal vincolo di contrarre) con risarcimento del danno;
  • oppure una sentenza che, sostituendo il rogito notarile, disponga coattivamente il trasferimento della proprietà anche senza l’altrui volontà.

 Che valore ha il contratto preliminare?

Come anticipato, il contratto preliminare è un semplice step, in vista del contratto definitivo che meglio regola tutti gli aspetti della compravendita. Pertanto, il compromesso viene superato dal contratto definitivo. Quest’ultimo ne sostituisce completamente il contenuto con il proprio. Sicché, tutti gli accordi in precedenza stretti tra le parti sono rimpiazzati dal rogito notarile, vero e unico atto utile a trasferire la proprietà dell’immobile.

Di conseguenza, chi firma un preliminare non può agire in giudizio per ottenere l’adempimento di obblighi che, sebbene già previsti nel primo accordo, non siano stati poi richiamati nel successivo contratto. 

Che succede se il contratto definitivo è diverso dal preliminare?

Il contratto definitivo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare accordo voluto e non semplice ripetizione del primo; ciò perché il contratto preliminare determina solo l’obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo; sicché, la disciplina del secondo accordo «può anche non conformarsi a quella del preliminare, salvo che i contraenti non abbiano espressamente previsto che essa sopravviva», ma tale specificazione deve risultare in modo chiaro ed esplicito.

Infine, come già chiarito dalla Cassazione [2], il contratto definitivo si presume conforme alla volontà delle parti. Questa presunzione può essere superata solo fornendo la prova (che, peraltro, deve risultare da atto scritto ove il contratto abbia a oggetto beni immobili) di un accordo posto in essere dalle stesse parti contemporaneamente alla stipula del definitivo, dal quale risulti che altri obblighi o prestazioni, previsti nel preliminare, sopravvivono; ed è ovvio che tale prova deve esser data «da chi chieda l’adempimento di detto distinto accordo».

Quando il contenuto del preliminare è implicito nel definitivo

Ciò nonostante, la stessa Cassazione [3] ha avuto modo di chiarire alcune eccezioni alla regola appena esposta. L’ipotesi è quella della vendita delle pertinenze collegate all’immobile, menzionate nel compromesso, ma non riportate poi nel definitivo. Secondo la Corte, il box auto, in quanto pertinenza dell’appartamento oggetto di compravendita, deve ritenersi compreso nel passaggio di proprietà dell’immobile, anche se ne manca l’indicazione nell’atto di compravendita, ma viene citato nel contratto preliminare.

Approfondimenti

Per maggiori informazioni, leggi:


note

[1] Trib. Roma, sent. dell’8.10.2019.

[2] Cass. sent. n. 1677/2015.

[3] Cass. sent. n. 21656/19.


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