Scopri le ultime sentenze su: radiazione e sospensione dall’albo del procuratore; sospensione d’ufficio del processo; interruzione automatica del processo.
Indice
- 1 Radiazione dall’albo del procuratore: cosa comporta?
- 2 La notifica della sentenza
- 3 Cancellazione volontaria del procuratore dall’albo
- 4 Volontaria cancellazione dall’albo del procuratore: può essere equiparata alla radiazione?
- 5 Immediata interruzione del processo amministrativo
- 6 Automatica efficacia interruttiva del processo
- 7 Distinzione tra radiazione e cancellazione
- 8 Esercizio della difesa della parte patrocinato
- 9 Radiazione o sospensione dall’albo del procuratore
- 10 Inidoneità del professionista ad adempiere l’incarico affidatogli dal cliente
- 11 Termine semestrale per la riassunzione: da quando decorre?
Radiazione dall’albo del procuratore: cosa comporta?
La radiazione dall’albo del procuratore “ad lites” (come la morte e la sospensione) provoca l’automatica interruzione del processo, con la conseguenza che il procedimento svoltosi dopo tale evento è improduttivo di effetti e inficiato da nullità a differenza dalla circostanza che il procuratore stesso abbia rinunciato al mandato, giacché la rinuncia non incide sul corso del processo, nè ha effetto nei confronti della controparte, finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore.
Cassazione civile sez. I, 11/12/1986, n.7373
La notifica della sentenza
Se la morte, la radiazione e la sospensione dall’albo del procuratore costituito sopravvenga o persista nel termine per impugnare, la notifica della sentenza alla parte personalmente costituisce l’unico mezzo per far decorrere il termine breve per impugnare, ai sensi dell’art. 325 c.p.c., poiché la parte difesa da un avvocato sospeso, radiato dall’albo o deceduto è posta in condizione di informarsi del perché abbia ricevuto la notifica e del perché non sia stata eseguita al difensore ed è quindi nella possibilità di rivolgersi ad altro professionista per proporre una tempestiva impugnazione.
Cassazione civile sez. II, 10/05/2018, n.11298
Cancellazione volontaria del procuratore dall’albo
E manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 295 e 301 cod. proc. civ., per violazione dell’art. 24 Cost., nella parte in cui non prevedono l’ipotesi della cancellazione volontaria del procuratore dal relativo albo come causa di sospensione necessaria del processo da disporre d’ufficio da parte del giudice.
Invero, diversamente dalla morte, dalla radiazione o dalla sospensione dall’albo del procuratore, che, oltre ad essere indipendenti dalla volontà di quest’ultimo, hanno anche natura sanzionatoria, la cancellazione volontaria trae origine da una scelta del professionista, cosicché la mancata previsione normativa è del tutto ragionevole e non impedisce il diritto di difesa della parte, la quale, tenuta ad agire secondo la diligenza dovuta “in rebus suis”, può agevolmente provvedere alla sua sostituzione.
Cassazione civile sez. I, 19/06/2015, n.12758
Volontaria cancellazione dall’albo del procuratore: può essere equiparata alla radiazione?
La volontaria cancellazione dall’albo professionale del procuratore costituito non da luogo all’applicazione dell’art. 301 c.p.c., comma 1, e non determina quindi l’interruzione del processo, in quanto, mentre le ipotesi ivi previste sono accomunate dal fatto di essere indipendenti (almeno in via diretta) dalla volontà del professionista o del cliente, la volontaria cancellazione è assimilabile alle ipotesi indicate nel terzo comma del medesimo articolo (revoca della procura o rinuncia ad essa)”.
Infatti, la cancellazione volontaria dall’albo del difensore non può assolutamente essere equiparata alla morte o radiazione o sospensione del medesimo, essendo all’evidenza quest’ultimi eventi, a differenza del primo, indipendenti dalla volontà dell’interessato, che non può affatto interferire sulla loro realizzazione neppure sotto il profilo temporale.
Cassazione civile sez. I, 03/06/2014, n.12376
Immediata interruzione del processo amministrativo
L’art. 24 della l. n. 1034 del 1971, richiamando l’analoga disposizione ex art. 301 c.p.c., prevede l’immediata interruzione del processo amministrativo in caso non solo di morte, radiazione o sospensione del procuratore delle parti, ma più in generale di qualunque impedimento, materiale, ma anche giuridico formale, all’esercizio della difesa della parte patrocinato.
Pertanto, costituisce legittima causa di interruzione del processo la comunicazione fatta nel corso del giudizio dal procuratore in ordine alla sua volontaria cancellazione dall’albo degli avvocati.
Consiglio di Stato sez. VI, 08/06/2009, n.3479
Automatica efficacia interruttiva del processo
Ai sensi dell’art. 24, l. 6 dicembre 1971 n. 1034 (in base al quale, se la parte è costituita a mezzo di un procuratore o avvocato, il processo è interrotto dal giorno della morte, radiazione o sospensione del procuratore o dell’avvocato stesso), la volontaria cancellazione dall’albo professionale non ha un’automatica efficacia interruttiva del processo, così come avviene per gli altri eventi ivi indicati, occorrendo, invece, all’uopo, un’esplicita pronuncia da parte del giudice che, con effetti costitutivi, dichiari l’interruzione del processo; pertanto, il termine per la riassunzione potrà decorrere solo da quando la parte abbia ricevuto notizia della decisione con cui è stata dichiarata l’interruzione.
T.A.R. Cagliari, (Sardegna) sez. I, 23/02/2007, n.296
Distinzione tra radiazione e cancellazione
Non è possibile, sul piano logico e grammaticale, fare distinzione tra radiazione e cancellazione, che sono termini equivalenti, ai fini dell’interruzione del processo, a nulla rilevando che la legge sull’ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore distingua la semplice cancellazione dall’albo, nei casi previsti dalla legge, dalla radiazione, come pena disciplinare e quindi in senso più rigoroso.
Col termine radiazione usato nell’art. 301 c.p.c. – si aggiunge – il legislatore volle riferirsi, oltre che alla radiazione in senso tecnico, a tutti i casi di cancellazione dall’albo e con essa di perdita dello “ius postulandi”; ciò trova conferma nella “ratio” della norma in esame, ove si consideri che il fondamento dell’istituto dell’interruzione sta nell’esigenza della garanzia di un effettivo contraddittorio, il quale sarebbe menomato se gli avvenimenti che incidono direttamente sulla possibilità fisica o giuridica che una parte si difenda in giudizio non spiegassero alcun effetto sul processo.
Di qui la necessità che la perdita definitiva o temporanea della legittimazione processuale del difensore determini l’interruzione del processo, mentre è, invece, del tutto estraneo alla “ratio” dell’istituto il concetto di sanzione per la mancanza disciplinare del professionista legale.
Tribunale Torino, 27/10/2006
Esercizio della difesa della parte patrocinato
L’art. 24 l. 6 dicembre 1971 n. 1034, richiamando l’analoga disposizione ex art. 301 c.p.c., prevede l’immediata interruzione del processo amministrativo in caso non solo di morte, radiazione o sospensione del procuratore delle parti, ma più in generale di qualunque impedimento, materiale, ma anche giuridico formale, all’esercizio della difesa della parte patrocinato.
Pertanto, costituisce legittima causa di interruzione del processo la comunicazione fatta nel corso del giudizio dal procuratore in ordine alla sua volontaria cancellazione dall’albo degli avvocati, in quanto tale vicenda, di per sè sola non assimilabile alle ipotesi d’interruzione ai sensi dell’art. 301 c.p.c. – che invece concernono situazioni indipendenti dalla volontà del procuratore -, se afferisce alla parte appellante, impone al giudice adito di disporre l’interruzione, nell’impossibilità di ordinare all’appellato (rimasto vittorioso in primo grado e quindi non interessato alla prosecuzione del giudizio d’appello) la notificazione di atti d’ulteriore impulso dell'”iter” processuale, per evitare che l’appellante si trovi menomato nel suo diritto di difesa nel giudizio d’appello, non potendosi in tal caso assimilare tale cancellazione ai casi di revoca o di rinuncia alla procura che, ai sensi dell’art. 85 c.p.c., non hanno effetto fino all’avvenuta sostituzione del difensore.
Consiglio di Stato sez. V, 03/11/2000, n.5899
Radiazione o sospensione dall’albo del procuratore
La fusione della società mediante incorporazione determina automaticamente l’estinzione della società assoggettata a fusione ed il subingresso della società incorporante nei rapporti ad essa relativi, crea una situazione giuridica corrispondente a quella della successione universale “mortis causa”, che, agli effetti processuali, trova la propria disciplina nell’art. 300 c.p.c., e provoca l’interruzione del processo ove il procuratore della società incorporata abbia fatto la prescritta comunicazione dell’evento realizzatosi nel corso del giudizio, dalla quale decorre il termine semestrale per la riassunzione del processo.
Tale principio deve ritenersi tuttora in vigore pur a seguito delle sentenze della Corte cost. n. 139 del 1967 e 159 del 1971, concernenti, come ribadito dalla stessa Corte con le successive pronunce n. 136 del 1992 e n. 18 del 1999, esclusivamente le ipotesi di morte, radiazione o sospensione dall’Albo del procuratore (sent. n. 139 del 1967), e di morte della parte, ovvero di perdita di capacità della stessa verificatasi prima della costituzione in giudizio, (sent. n. 159 del 1971), le ipotesi, cioè, in cui l’interruzione del processo interviene automaticamente all’atto della realizzazione dell’evento impeditivo e non, invece, le ipotesi di morte, o perdita della capacità di una delle parti verificatasi dopo che quest’ultima si sia costituita in giudizio in cui l’interruzione non è automatica, ma interviene solo se il procuratore abbia comunicato l’evento, senza che un siffatto sistema differenziato si ponga in contrasto con gli art. 3 e 24 cost.
Cassazione civile sez. I, 22/06/1999, n.6298
Inidoneità del professionista ad adempiere l’incarico affidatogli dal cliente
L’art. 301 c.p.c. contempla la morte, la radiazione o la sospensione del procuratore dall’albo come possibili cause d’interruzione del processo, mentre non prevede che il medesimo effetto possa dipendere anche solo da malattia, per quanto grave, del medesimo procuratore, o, comunque, dalla perdita di capacità intellettiva dello stesso, ove non ne sia eventualmente seguita la sospensione o la radiazione dall’albo.
Ne consegue che, nel caso in cui il legale cessi di offrire quelle garanzie di capacità e di equilibrio per le quali il cliente gli aveva in principio dato fiducia, è solo la parte stessa a poter valutare l’opportunità di tenere in vita il rapporto professionale o di troncarlo, restando, invece, escluso che il giudice possa interferire d’autorità su quel rapporto, statuendo che il professionista non è più idoneo ad adempiere l’incarico affidatogli dal cliente e sospendendo così di ufficio il giudizio per estromettere da esso il legale (ipoteticamente) incapace.
Cassazione civile sez. I, 24/10/1996, n.9277
Termine semestrale per la riassunzione: da quando decorre?
Nell’ipotesi di morte o perdita della capacità processuale della parte costituita a mezzo di procuratore e dichiarata dal medesimo in udienza, il termine semestrale per la riassunzione decorre dalla data di detta dichiarazione per tutte le parti aventi interesse e legittimazione ad agire per la prosecuzione del processo interrotto, senza distinzione alcuna tra le parti originarie e successori o nuovi rappresentanti delle stesse.
Tale principio deve ritenersi ancora in vigore in quanto la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 305 c.p.c. nella parte in cui faceva decorrere il termine per la riassunzione dalla data dell’interruzione anziché da quella in cui i legittimati alla prosecuzione abbiano della stessa avuto legale conoscenza, è stata dichiarata limitatamente alle ipotesi di morte, radiazione o sospensione dall’albo del procuratore (corte costituzionale sent. n. 139/67) e di morte o di perdita di capacità della parte verificatasi prima della costituzione in giudizio (corte costituzionale sent. n. 159/71), ed esclusa, invece, al di fuori di esse (corte costituzionale n. 136/92).
Cassazione civile sez. II, 25/08/1994, n.7507