Licenziamento colf e addetti all’assistenza personale: in quali casi è consentito, come procedere, comunicazione all’Inps, malattia.
Per quanto riguarda la generalità dei lavoratori dipendenti, Il licenziamento non può essere intimato senza ragione, ma è necessaria una motivazione. In particolare, il licenziamento può essere intimato per una motivazione di carattere economico o organizzativo (giustificato motivo oggettivo), oppure per una motivazione di carattere soggettivo, come una violazione disciplinare da parte del lavoratore talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto (giustificato motivo soggettivo; nei casi in cui non sia possibile la prosecuzione del rapporto, nemmeno temporanea, a causa della gravità della condotta del dipendente, il licenziamento è per giusta causa).
Per quanto concerne i lavoratori domestici, invece, non è necessario che il licenziamento sia motivato, ma può anche essere “ad nutum”, purché non discriminatorio e non intimato durante i periodi nei quali vige il divieto di licenziamento, e purché sia fornito il preavviso previsto dalla contrattazione collettiva.
Per rispondere dunque alla domanda posso licenziare la badante, trattandosi di una lavoratrice appartenente alla categoria dei lavoratori domestici la risposta è affermativa per la generalità delle ipotesi. Nel caso di specie, bisogna comunque a ver riguardo alla presenza di eventi tutelati, come la malattia e la maternità, ed alla non sussistenza di una qualsiasi discriminazione nei confronti della lavoratrice.
Inoltre, è indispensabile fornire all’interessata il preavviso prescritto dal contratto collettivo per il lavoro domestico. Dopo aver intimato il licenziamento alla lavoratrice, è necessario comunicare la cessazione del rapporto all’Inps. Ma procediamo con ordine.
Indice
Quando posso licenziare la badante?
Il rapporto di lavoro domestico della badante può cessare per una delle seguenti cause:
- interruzione del periodo di prova: durante il periodo di prova, che ha la finalità di consentire a datore e lavoratore di valutare il rapporto, le parti possono sempre recedere liberamente, anche se il dipendente non è un lavoratore domestico;
- scadenza del termine: se il contratto di lavoro domestico è stipulato a tempo determinato, il rapporto cessa alla scadenza del termine, salvo proroghe o rinnovi;
- risoluzione consensuale delle parti: in questo caso entrambe le parti, datore e lavoratore, si accordano per cessare il rapporto;
- licenziamento: il datore di lavoro può cessare unilateralmente il rapporto, anche senza addurre le motivazioni, ma deve riconoscere alla badante (o alla colf) il preavviso disposto dal contratto collettivo salvo l’ipotesi di giusta causa; in assenza di preavviso, o nell’ipotesi in cui il preavviso sia minore rispetto a quanto prescritto, alla badante (o alla colf) è dovuta l’indennità sostitutiva corrispondente ai giorni di mancato preavviso;
- dimissioni: in questo caso è la badante (o la colf) a dover fornire il preavviso prescritto dal contratto (il preavviso previsto per dimissioni è minore rispetto a quello disposto per il licenziamento) o la corrispondente indennità sostitutiva, salvo che sussista una giusta causa di dimissioni: in quest’ultima ipotesi, è il datore di lavoro a dover corrispondere l’indennità alla collaboratrice domestica; per i lavoratori domestici non è prescritto l’invio delle dimissioni telematiche;
- morte del lavoratore;
- morte del datore di lavoro: in quest’ipotesi, il rapporto può terminare con il rispetto dei termini di preavviso, ma i componenti della famiglia possono manifestare la volontà di far proseguire il rapporto, col consenso della badante (o della colf).
Come si comunica il licenziamento della badante?
Il datore di lavoro può recedere liberamente dal rapporto (cosiddetto licenziamento “ad nutum”), cioè non ha bisogno di spiegare le ragioni per cui licenzia la badante. Su sua richiesta, però, deve fornire una dichiarazione scritta che attesti l’avvenuto licenziamento [1].
Inoltre, la cessazione del rapporto di lavoro deve essere comunicata dal datore, telematicamente, all’Inps, entro 5 giorni dall’evento, a prescindere dalla motivazione (scadenza contratto, licenziamento, risoluzione consensuale, dimissioni…). Nessuna comunicazione deve essere inviata al centro per l’impiego, come avviene invece per la generalità dei lavoratori subordinati.
La tassa sul licenziamento, o ticket sul licenziamento, non è dovuta per colf e badanti.
Quanti giorni di preavviso sono necessari per licenziare la badante?
Il datore di lavoro della badante o della colf, in caso di licenziamento, è tenuto a riconoscere un periodo di preavviso, che non è dovuto solo nell’ipotesi in cui licenzi per giusta causa
I termini di preavviso previsti per il licenziamento della badante sono gli stessi previsti per il licenziamento della colf; non variano in base all’inquadramento, ma cambiano soltanto in base all’anzianità di servizio maturata presso il datore di lavoro, come indicato di seguito:
- se il rapporto di lavoro prevede un orario inferiore a 25 ore settimanali:
- sino a 2 anni di anzianità: 8 giorni di calendario;
- oltre 2 anni di anzianità: 15 giorni di calendario;
- se il rapporto di lavoro prevede un orario settimanale da 25 ore in su:
- sino a 5 anni di anzianità: 15 giorni di calendario (7,5 per dimissioni);
- oltre 5 anni di anzianità: 30 giorni di calendario (15 per dimissioni).
I termini di preavviso sono raddoppiati se il datore di lavoro intima il licenziamento della badante, o della colf, prima del 31°giorno successivo al termine del congedo per maternità
Se il lavoratore domestico è un portiere privato, un custode di villa o un collaboratore che usufruisce con la famiglia di un alloggio di proprietà del datore di lavoro, o da lui messo a disposizione, il preavviso è di 30 giorni di calendario sino ad un anno di anzianità, 60 giorni di calendario per anzianità superiore.
Per mancato o insufficiente preavviso per licenziamento, il datore di lavoro deve corrispondere un’indennità sostitutiva, pari alla retribuzione corrispondente al periodo di preavviso non concesso.
Posso licenziare la badante in maternità?
In base a quanto stabilito dal contratto collettivo [2], dall’inizio della gravidanza, purché intervenuta nel corso del rapporto di lavoro, e fino alla cessazione del congedo di maternità, la lavoratrice non può essere licenziata, salvo che per giusta causa.
E se è la badante o la colf a rassegnare le dimissioni durante la maternità? In questo caso, le dimissioni rassegnate dalla lavoratrice nel periodo del congedo obbligatorio non producono effetti, se non comunicate in forma scritta e convalidate in sede sindacale, presso l’Ispettorato territoriale del lavoro o presso il Centro per l’impiego, o, ancora, sottoscrivendo copia della denuncia di cessazione del rapporto inoltrata dal datore di lavoro alle competenti sedi.
Posso licenziare la badante in malattia?
Il licenziamento della badante in malattia è vietato durante il periodo di comporto, cioè durante il periodo in cui il contratto collettivo [3] prevede la conservazione del posto per la lavoratrice.
Nel dettaglio, in caso di malattia, alla collaboratrice domestica (colf, badante…), convivente o non convivente, spetta la conservazione del posto per i seguenti periodi:
- per anzianità, con lo stesso datore di lavoro, fino a 6 mesi, se risulta superato il periodo di prova, 10 giorni di calendario;
- per anzianità, con lo stesso datore di lavoro, da più di 6 mesi a 2 anni, 45 giorni di calendario;
- per anzianità, con lo stesso datore di lavoro, oltre i 2 anni, 180 giorni di calendario.
I periodi relativi alla conservazione del posto di lavoro si calcolano nei 365 giorni decorrenti dall’evento (ossia dall’inizio della malattia).
Il periodo di comporto è aumentato del 50% in caso di malattia oncologica, documentata dalla competente ASL. Pertanto, in quest’ipotesi, il periodo di conservazione del posto diventa pari a:
- per anzianità fino a 6 mesi, superato il periodo di prova, 15 giorni di calendario;
- per anzianità da più di 6 mesi a 2 anni, 68 giorni di calendario;
- per anzianità oltre i 2 anni, 270 giorni di calendario.
Il periodo di conservazione del posto può essere non continuativo: in parole semplici, la badante (o la colf) può essere licenziata se negli ultimi 365 giorni è rimasta assente per malattia per 10, 45 o 180 giorni (in base all’anzianità e salvo aumento del 50% in caso di malattia oncologica documentata).
Che cosa spetta alla badante licenziata?
La badante, terminato il rapporto, ha diritto, oltre all’ultima mensilità di stipendio, anche alla liquidazione delle ferie non godute e dei ratei di tredicesima non corrisposti. Come la generalità dei lavoratori dipendenti, colf e badanti hanno sempre diritto al Tfr, cioè al trattamento di fine rapporto, o liquidazione, una volta terminato il contratto, qualunque sia il motivo della cessazione del rapporto.
Come si calcola il Tfr della badante? Il Tfr di colf e badanti si determina (dal 1° giugno 1982) utilizzando lo stesso meccanismo di calcolo stabilito per la generalità dei lavoratori:
- la retribuzione annua corrisposta con continuità, comprensiva dell’eventuale indennità di vitto e alloggio, viene divisa per 13,5;
- le quote annue accantonate sono incrementate dell’1,5% annuo, mensilmente riproporzionato, più il 75% dell’aumento del costo della vita, accertato dall’Istat, con esclusione della quota maturata nell’anno in corso.
note
[1] Art. 39 CCNL lavoro domestico.
[2] Art. 24 CCNL lavoro domestico.
[3] Art. 26 CCNL lavoro domestico.