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Chi garantisce il rispetto della Costituzione?

26 Gennaio 2020
Chi garantisce il rispetto della Costituzione?

Il ruolo della Corte Costituzionale nel sindacato delle leggi del Parlamento, dei decreti legge e decreti legislativi del Governo.

Avrai sentito dire che la Costituzione italiana, oltre ad essere la fonte normativa più bella e completa che abbia mai prodotto il nostro legislatore, è anche la più importante. Si tratta cioè del testo più importante di legge che l’Italia conosca. Sicché avrai anche pensato che violare la Costituzione è anche quanto di più grave possa esistere, più delle comuni leggi, del Codice civile, del Codice penale. Ed allora ti sarai anche chiesto: chi garantisce il rispetto della Costituzione? Esistono delle autorità specifiche preposte a verificare che nessuno violi la nostra Carta Costituzionale?

Ad esempio, se un negoziante dovesse esporre un cartello con su scritto: «Qui dentro non entrano le donne», violando così il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione, chi è tenuto a punirlo? Se un’azienda dovesse rifiutare la tua richiesta di assunzione, nonostante tu abbia le qualità richieste dall’ufficio risorse umane, come potrai far applicare il tuo diritto al lavoro sancito dall’articolo 4 della Costituzione? Se qualcuno dovesse vietarti di parlare nel corso di una riunione di condominio, imbavagliando il tuo diritto a manifestare liberamente il pensiero, chi applicherebbe le pene per la violazione dell’articolo 21?

Bene, se cerchi le risposte a queste domande, apri bene le orecchie. Quel che sto per dirti potrebbe stravolgere la tua concezione della Costituzione. 

Non puoi, però, capire chi garantisce il rispetto della Costituzione se prima non sai come funziona il sistema delle nostre leggi e la cosiddetta “gerarchia” delle fonti del diritto.

Con parole semplici e molto pratiche, lontane quindi dai testi di diritto costituzionale che si studiano a giurisprudenza, proverò a spiegarti come stanno le cose.

Come funzionano le leggi in Italia?

Immagina una piramide dove, al vertice, c’è il capo che comanda e che detta i principi cardine cui i suoi sottoposti devono obbedire. I suoi ordini non sono specifici, ma fissano le regole generali e l’indirizzo cui tutta la piramide deve attenersi. 

Via via che si scende nella piramide, ci sono i soggetti a lui subordinati; questi ultimi, se da un lato devono rispettare i comandi del capo, hanno però potere gerarchico su quanti stanno al di sotto di loro: a costoro quindi impartiscono comandi che, in osservanza degli ordini del capo, li specificano e li dettagliano meglio. 

Si arriva così alla base dove c’è solo chi obbedisce e prende ordini da tutto il resto della piramide. 

Le leggi in Italia funzionano più o meno allo stesso modo. Al vertice, c’è la Costituzione che sancisce i principi generali cui le istituzioni e il Parlamento devono attenersi. 

Poi, ci sono le leggi costituzionali che, come la Costituzione, sono una fonte massima del diritto. 

Si arriva alle leggi ordinarie, che sono quelle emesse dal Parlamento e dal Governo (in questo secondo caso, si parla di decreti legge e decreti legislativi). 

Infine, ci sono i regolamenti e i decreti ministeriali cui spesso viene demandato il compito di dettagliare, sotto un profilo tecnico, le regole sancite dalle leggi (promanazione di organi politici).

Utilizzando la metafora della piramide, potrai facilmente capire come funziona il sistema della gerarchia delle fonti del nostro diritto. La Costituzione è all’apice e detta i principi cui nessuna legge può disattendere. Le leggi che dovessero violare la Costituzione o le leggi costituzionali vengono dichiarate incostituzionali. 

Poi, ci sono le leggi ordinarie che sono tutte sullo stesso piano, sia che esse vengano approvate dalle due camere del Parlamento che dal Governo. Ad esse devono attenersi le fonti del diritto subordinate ossia regolamenti e decreti.

I decreti e i regolamenti che violano le leggi vengono direttamente disapplicati senza neanche bisogno di dichiararli illegittimi. 

Chi deve rispettare la Costituzione?

Se è vero, da un lato, che la Costituzione fissa i principi su cui si regge lo Stato, il diretto destinatario dei precetti in essa contenuti non è il privato cittadino ma il legislatore, ossia il Parlamento e il Governo. In altre parole, la Costituzione stabilisce solo le regole generali cui le leggi devono attenersi per non violare i diritti e i doveri degli italiani. Questo significa che a rispondere delle violazioni della Costituzione è solo il legislatore. Ma in che termini? Quali sono le sanzioni se la Camera dei deputati e quella dei senatori o lo stesso Esecutivo dovessero approvare una legge in contrasto con i principi costituzionali? E soprattutto chi garantisce il rispetto della Costituzione? Lo capiremo nel prossimo paragrafo.

Chi garantisce il rispetto della Costituzione?

Nei precedenti paragrafi, abbiamo chiarito che la Costituzione della Repubblica italiana è rigida, vale a dire che nessuna legge o atto avente forza di legge può validamente porsi in contrasto con essa. Ma qual è l’organo competente, nel nostro ordinamento, a giudicare l’esistenza di un simile contrasto? Chi è che controlla che il Governo e il Parlamento non adottino norme contrarie alla Costituzione?

Lo spiega la stessa Costituzione, all’articolo 134. In essa si legge «La Corte Costituzionale giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni…».

La funzione di controllo costituzionale, dunque, è affidata a questa speciale Corte che ha sede a Roma, nello storico palazzo della Consulta, ed è stata introdotta per la prima volta con la Costituzione repubblicana a garanzia dei diritti dei cittadini.

Chi giudicava in precedenza sulla incostituzionalità delle leggi? Nessuno. Lo Statuto Albertino era una Costituzione flessibile e ciò significa che le sue norme non avevano valore gerarchico superiore a quello delle norme ordinarie emanate dal Parlamento. Queste ultime, pertanto, non potevano mai essere incostituzionali perché, in virtù del criterio cronologico, erano in grado di abrogare le norme statutarie con esse in contrasto.

Come funziona il controllo della Corte Costituzionale?

Come avrai capito, quindi, il cittadino deve rispettare la legge, mentre il legislatore (Governo, Parlamento, ecc.) deve rispettare la legge e la Costituzione. 

Se una norma della Costituzione non trova consacrazione in una norma di legge, il cittadino non è tenuto a rispettarla. Si pensi al diritto al lavoro, norma emblematica che stabilisce solo un obiettivo dello Stato (cosiddetta «norma programmatica»), ma non un precetto preciso. Si pensi anche al diritto alla salute, che non obbliga i medici privati a garantire prestazioni gratuite. Così come il diritto alla tutela giudiziaria non impone agli avvocati del libero foro di fare consulenze o difese senza richiedere il pagamento della parcella. 

La violazione della Costituzione si riversa solo sulla legge. Legge che, se dovesse violare una norma qualsiasi della Costituzione, verrebbe cancellata dal nostro ordinamento dalla Corte Costituzionale. Ma in che modo? Vediamo ora come funziona il giudizio di costituzionalità.

Il giudizio di costituzionalità costituisce il maggiore impegno della Corte. Esso, come detto, consiste nel verificare se una legge o un atto avente forza di legge sia in tutto o in parte in contrasto con una norma costituzionale. 

Ma attenzione: la Corte non procede a una verifica preventiva, cioè prima che la legge entri in vigore, ma solo a una verifica successiva, cioè dopo che la legge è stata approvata. Ciò perché, di solito, l’incostituzionalità di una legge non è quasi mai palese, spesso si ricava da un’attenta interpretazione. Se così fosse, il Parlamento non potrebbe approvarla e il Presidente della Repubblica non potrebbe promulgarla. 

Il giudizio della Corte può essere richiesto in due modi:

  • procedimento diretto: possono rivolgersi alla Corte il Governo e le Regioni. Il Governo si rivolge alla Corte quando ritiene che una legge regionale ecceda la competenza della Regione; in tal caso può promuovere la questione di legittimità costituzionale davanti alla Corte Costituzionale entro 60 giorni dalla sua pubblicazione. La Regione, quando ritiene che una legge o un atto avente forza di legge dello Stato o di un’altra Regione, leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge;
  • procedimento indiretto o incidentale: possono rivolgersi alla Corte Costituzionale i giudici che, nel corso del processo, hanno il fondato sospetto che una delle norme che stanno applicando nel corso della causa sia incostituzionale. Di norma, sono gli avvocati difensori che suggeriscono al giudice il rinvio alla Consulta. 

Da quanto detto avrai capito dunque che se anche un cittadino viola la Costituzione non può essere punito se non ha violato una norma di legge ben specifica. Allo stesso tempo, però, se il parlamento o il governo dovessero approvare una legge che viola uno dei principi sanciti dalla Costituzione, il giudice della causa – chiamato ad applicare tale norma – può chiedere alla Corte Costituzionale di cancellarla dall’ordinamento. Se non dovesse esserci una causa nel corso della quale si ponga la necessità di applicare tale norma illegittima la stessa continuerebbe a vivere indisturbata.


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2 Commenti

  1. Articolo molto interessante. Sappiamo cosa e’ la Costituzione e chi la deve rispettare e chi la deve difendere. Ma qui e’ oramai un anno che viviamo in una situazione di illeggittimita’ e diffusa illegalita’ costituzionale senza che ci sia modo di difesa legale da parte del comune cittadino. I DPCM violano la Costituzione sotto numerosi e gravissimi aspetti e, per non sapere ne leggere ne scrivere, non sto qui ad elencarli. Il Governo abusa del potere, la presunta opposizione tace, la Corte Costituzionale non sembra poter intervenire, il Presidente della Repubblica approva tutto, le forze dell’ordine eseguono ordini incostituzionali. Fanno eccezione alcuni settori della Magistratura con le sentenze per cause private del Giudice del Tribunale di Roma del 12 dicembre scorso, del Giudice di Pace di Frosinone e del Tar del Lazio con effetti pero’ solo per i ricorrenti. In condizioni pertanto di generale illegalita’ costituzionale e in previsione di un prolungarsi a tempo indeterminato della situazione non resta il diritto dovere della ribellione come fecero i nostri padri contro il fascismo (per chi ha la mia eta’) nel 1943.

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