Aspettativa assegno di ricerca: esiste potere discrezionale PA?


L’aspettativa per assegno di ricerca ex art 22 comma 3 L.240/2010 per un dipendente del comparto funzioni locali è a discrezione del dirigente? Mi hanno comunicato (a voce) che l’aspettativa sarebbe stata negata in applicazione dell’Art.40 del Ccnl funzioni locali affermando che “la normativa è cambiata”. L’art. 40 comma 2 del Ccnl riprende le previsioni relative al dottorato di ricerca ex L 476/1984 e non cita la 240/2010, quando l’ho fatto notare mi è stato risposto che l’avrebbero applicato ugualmente “per analogia”. Mi resta la curiosità di sapere se la mia interpretazione è così sbagliata.
l’applicazione analogica della legge 240/10 al caso di specie sembra una forzatura.
L’aspettativa per assegno di ricerca è, infatti, obbligatoria per l’ente di appartenenza non essendo prevista una scelta della P.A., a differenza dell’aspettativa per dottorato di ricerca, la cui concessione è peraltro divenuta discrezionale da parte dell’amministrazione di appartenenza con l’entrata in vigore della legge n. 240 del 2010.
Sul punto, infatti, sono sorte varie problematiche di interpretazione tra due norme confliggenti (appunto, tra la legge n. 476 del 1984 e la legge n. 240 del 2010).
Ad avviso di chi scrive, in tema di aspettativa per assegno di ricerca, l’utilizzo di una discrezionalità amministrativa porterebbe ad una violazione costituzionale dei diritti sanciti in tema di progresso scientifico, efficienza dell’amministrazione e uguaglianza.
E infatti, l’aspettativa deve essere intesa come una posizione giuridica attiva del lavoratore, non sopprimibile dalla volontà arbitraria della pubblica amministrazione di concedere o meno tale richiesta.
Tale arbitrarietà diventa ancor più pericolosa se gli interessi in gioco, com’è in questo caso, riguardano la promozione della cultura e della ricerca scientifica e tecnologica, diritti tutelati dall’art. 9 della costituzione.
Proprio con riguardo all’aspettativa per assegni di ricerca, la mancata concessione di tale richiesta provocherebbe un danno nei confronti della crescita sociale e culturale della nostra società, visto che non permetterebbe alle eccellenze di perseguire tali traguardi.
Da qui il collegamento all’ulteriore violazione del principio di efficienza amministrativa, che esige dei lavoratori pubblici all’avanguardia, formati perfettamente alla mansione per la quale sono stati assunti e sempre alla ricerca di uno sviluppo professionale.
Credo che questi diritti costituzionalmente garantiti non possano essere bilanciati all’unico interesse dell’amministrazione di avere un organico completo per la realizzazione degli obiettivi pubblici prefissati.
Per questi motivi, a mio avviso, in caso di applicazione analogica della normativa, si andrebbero a violare le normative costituzionali sopra richiamate, essendoci gli estremi per un’impugnazione dell’eventuale decisione di rifiuto nel concedere l’aspettativa richiesta.
Il fine di chi Le ha anticipato una risposta negativa è quello di dissuaderLa da fare richiesta, visto che è tutto interesse dell’amministrazione avere il personale al completo per i servizi da espletare.
Inoltre, Lei è in procinto di iniziare una carriera nel settore pubblico ed un’eventuale, quanto immediata, controversia giudiziale con la Pubblica Amministrazione non sarebbe di certo l’inizio che un lavoratore sogna.
Però, se è Sua intenzione far valere dei diritti costituzionalmente garantiti e non rinunciare all’assegno di ricerca, guadagnato con tanto sudore, allora potrà procedere con la richiesta ufficiale al dirigente preposto, attendendo il probabile riscontro negativo, per poi procedere all’impugnazione del provvedimento con ricorso giurisdizionale.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avvocato Salvatore Cirilla