Atti persecutori: quando è reato? Cosa fare in caso di stalking? Cos’è il Codice rosso? Allontanamento dalla casa familiare e divieto di avvicinamento.
Sono tantissime le denunce per stalking che, annualmente, giungono presso le autorità competenti; alcune di queste segnalazioni, purtroppo, non riescono a impedire che la vittima subisca perfino aggressioni fisiche. Con questo articolo vorrei spiegarti in cosa consiste il reato di atti persecutori, cioè il delitto che tutti conosciamo come stalking. Ti spiegherò quando si integra questo crimine, cosa prevede la legge a tutela delle vittime e quali sono le sanzioni contemplate dall’ordinamento giuridico.
Indice
Cosa sono gli atti persecutori?
Il Codice penale non parla mai di stalking, ma di atti persecutori: stalking è infatti il nome di derivazione inglese che viene adottato per indicare quello che, in italiano, viene chiamato reato di atti persecutori.
“Traducendo” lo stalking in italiano è molto più facile capire di cosa si tratta: chi commette questo reato si macchia della grave condotta propria di chi perseguita un’altra persona, tormentandola sino a renderle impossibile la vita.
Proprio le conseguenze derivanti dallo stalking consentono di integrare questo reato: come ti spiegherò nel prossimo paragrafo, infatti, occorre che dalla persecuzione posta in essere dallo stalking derivino dei danni alla vittima.
Quando è stalking?
Secondo la legge, perché si abbia stalking occorre che:
- lo stalker ponga in essere, ripetutamente, una condotta che sia assimilabile alla minaccia o alla molestia;
- la vittima, a seguito del comportamento dello stalker, subisca un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero che venga costretta ad alterare le proprie abitudini di vita [1].
Dunque, perché si possa avere il reato di stalking non occorre solamente perseguitare una persona, ma anche cagionarle una delle tre conseguenze appena viste, e cioè:
- un perdurante e grave stato di ansia o di paura;
- un fondato timore per la propria o l’altrui incolumità;
- obbligarla a modificare le proprie abitudini di vita (ad esempio, non frequentare più la palestra o un bar per timore di esporsi alle ritorsioni dello stalker).
Stalking: com’è punito?
Lo stalking è punito con la reclusione da un anno a sei anni e mezzo. Tuttavia, la pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa, ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici (chat di internet, Facebook, email, ecc.).
La pena è, inoltre, aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con handicap, ovvero con armi o da persona travisata.
Atti persecutori: procedibilità del reato
Lo stalking è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. L’eventuale remissione della querela può avvenire solo davanti al giudice o alle forze dell’ordine (cosiddetta remissione processuale). La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce gravi (tipo, minaccia di morte o minaccia armata).
Lo stalking è procedibile d’ufficio (dunque, chiunque può denunciarlo e non è possibile revocare la querela) se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona affetta da handicap, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio (tipo, maltrattamenti familiari o lesioni gravi).
Stalking: cosa fare?
In presenza di atti persecutori occorre immediatamente sporgere querela presso le autorità competenti: polizia o carabinieri è indifferente. A seguito della riforma entrata in vigore nel 2019 [2], la denuncia per stalking fa scattare la procedura d’urgenza denominata “codice rosso”.
In questi casi la polizia giudiziaria, acquisita denuncia per atti persecutori, deve immediatamente riferirne al pubblico ministero, anche in forma orale.
Il pm, entro tre giorni, deve assumere informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato il reato. Così facendo, il magistrato potrà valutare fin da subito se sussistono gli estremi per chiedere al giudice l’emissione di una misura cautelare, tipo l’allontanamento da casa o il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima.
Il “codice rosso”, tuttavia, non scatta nel caso in cui lo stalking segnalato non corrisponde a una violenza domestica o di genere: in altre parole, non si procederà d’urgenza se la vittima dello stalking non necessita di una tutela immediata.
Dunque, una denuncia per stalking non fa scattare il codice rosso tutte le volte in cui la vittima sia perseguitata da persona con cui non ha avuto rapporti particolari, nonché quando lo stalking sia perpetrato attraverso mezzi telematici (ad esempio, Facebook o WhatsApp) o, comunque, a distanza (telefonate, lettere, ecc.).
Misure cautelari in caso di stalking
Se il giudice dovesse ritenere particolarmente grave la condotta di stalking denunciata alle autorità, prima ancora di cominciare il processo potrebbe decidere di sottoporre la persona indagata a misura cautelare, tutelando così la vittima.
Nello specifico, sono due le misure cautelari di cui può essere destinatario lo stalker: l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Vediamo di cosa si tratta.
Allontanamento dalla casa familiare: cos’è?
Il giudice che ritenga particolarmente grave la condotta dello stalker può ordinare a quest’ultimo di abbandonare la casa in cui vive [3]. Tale misura è adottata, ovviamente, quando la vittima dello stalking sia la persona convivente.
Il giudice può obbligare la persona allontanata a versare un assegno di mantenimento a favore dei suoi familiari. In pratica, la misura serve ad evitare che il membro della famiglia allontanato per il suo comportamento delittuoso possa liberarsi dell’obbligo di sostenere economicamente la sua famiglia.
Pertanto, sempre che ne ricorrano le condizioni, il giudice può vietargli di fare rientro a casa ma, allo stesso tempo, obbligarlo a continuare a mantenere la famiglia.
Nei casi particolarmente gravi nei quali non è possibile attendere nemmeno un istante, la legge conferisce alla stessa polizia giudiziaria, previo ordine del p.m., il potere di disporre l’allontanamento d’urgenza dalla casa familiare ove sussistano fondati motivi per ritenere che le condotte criminose possano essere reiterate ponendo in grave ed attuale pericolo la vita o l’integrità fisica o psichica della persona offesa [4].
Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima
Un’altra misura cautelare che il giudice può disporre nei riguardi dello stalker è il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima. Si tratta di misura che può essere adottata sia quando vittima e carnefice non vivano insieme, sia quando, invece, sia conviventi: in tale ultimo caso, il divieto di avvicinamento si cumula con l’ordine di allontanamento dalla casa familiare.
Il rispetto dell’obbligo di allontanarsi dalla casa familiare o di non avvicinarsi alla vittima può essere assicurato anche mediante strumenti elettronici, come l’imposizione del braccialetto alla persona indagata o imputata di reati inerenti alla violenza domestica.
Va peraltro specificato che la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa è sanzionata con la detenzione da sei mesi a tre anni.
Se ne vuoi sapere di più su questo specifico tema ti rinvio alla lettura dell’articolo “Violenza domestica: quando c’è allontanamento?“.
note
[1] Art. 612-bis cod. pen.
[2] Legge n. 69 del 19 luglio 2019.
[3] Art. 282-bis cod. proc. pen.
[4] Art. 384-bis cod. pen.