Il superamento del periodo di comporto implica la perdita del posto di lavoro, ma il datore di lavoro non può licenziare il dipendente se l’infortunio è stato determinato dalla mancata adozione delle misure di sicurezza e prevenzione in azienda.
Il dipendente non può assentarsi per malattia a tempo indeterminato: superato il numero di giorni indicato nel contratto collettivo (cosiddetto comporto) può essere licenziato. Tuttavia, la giurisprudenza ha ritenuto che se la malattia è dovuta a causa riconducibile al datore di lavoro che non ha adottato in azienda le misure di sicurezza imposte dalla legge, la malattia può prolungarsi anche a tempo indeterminato senza rischio di perdere il posto. Vediamo dunque le ultime sentenze in tema di assenze per infortunio sul lavoro.
Indice
- 1 Superamento del periodo di comporto e assenze per malattia professionale dovute a responsabilità del datore di lavoro
- 2 Perché l’assenza per malattia possa detrarsi dal periodo di comporto è necessario che sussista una responsabilità del datore di lavoro
- 3 I periodi di malattia professionale non possono essere conteggiati ai fini del superamento del periodo di comporto.
- 4 Danno alla salute a causa dell’attività lavorativa: onere della prova a carico del lavoratore
- 5 Rilevanza del documento di valutazione dei rischi
Superamento del periodo di comporto e assenze per malattia professionale dovute a responsabilità del datore di lavoro
Le assenze del lavoratore a seguito di infortunio sul lavoro o di malattia professionale, dal momento che sono riconducibili alla nozione generale di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 c.c., sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, affinché l’assenza per malattia possa essere sottratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale oppure connessa alla prestazione lavorativa, ma è necessario che, in relazione a essa e alla sua genesi, vi sia una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c.
Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 4 febbraio 2020 n. 2527
In tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, la responsabilità del datore di lavoro, di natura contrattuale e non oggettiva, va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti dalla legge o suggeriti da conoscenze tecniche del momento; ne consegue che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso causale tra l’una e l’altra; solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore l’onere di provare di aver adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno. Inoltre, l’unico caso in cui le assenze del lavoratore, imputabili a malattia professionale, possono detrarsi dal computo del comporto è quello in cui detta malattia sia riconducibile ad una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c..
Cassazione civile sez. lav., 27/02/2019, n.5749
Le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale, in quanto riconducibili alla generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 c.c., sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinché l’assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale, ossia meramente connessa alla prestazione lavorativa, ma è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c..
Corte appello Venezia sez. lav., 14/02/2019, n.65
È illegittimo il licenziamento intimato per superamento del periodo di comporto qualora detto superamento sia intervenuto a seguito di assenze del lavoratore per malattia professionale causata dal datore di lavoro.
Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 15 dicembre 2014 n. 26307
La computabilità delle assenze del lavoratore dovute a infortunio sul lavoro o a malattia professionale nel periodo di comporto non si verifica nelle ipotesi in cui l’infortunio sul lavoro o la malattia professionale non solo abbiano avuto origine in fattori di nocività insiti nelle modalità di esercizio delle mansioni e comunque presenti nell’ambiente di lavoro, e siano pertanto collegate allo svolgimento dell’attività lavorativa, ma altresì quando il datore di lavoro sia responsabile di tale situazione nociva e dannosa, per essere egli inadempiente all’obbligazione contrattuale a lui facente carico ai sensi dell’art. 2087 cod. civ., norma che gli impone di porre in essere le misure necessarie – secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica – per la tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore, atteso che in tali ipotesi l’impossibilità della prestazione lavorativa è imputabile al comportamento della stessa parte cui detta prestazione è destinata.
Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 28 marzo 2011 n. 7037
Perché l’assenza per malattia possa detrarsi dal periodo di comporto è necessario che sussista una responsabilità del datore di lavoro
Le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale, in quanto riconducibili alla generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 c.c., sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinchè l’assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale, ossia meramente connessa alla prestazione lavorativa, ma è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087c.c.
Corte appello Catanzaro sez. lav., 05/08/2019, n.849
I periodi di malattia professionale non possono essere conteggiati ai fini del superamento del periodo di comporto.
Le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale, in quanto riconducibili alla generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 c.c., sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinché l’assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale, ossia meramente connessa alla prestazione lavorativa, ma è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 c.c..
Tribunale Rovigo sez. lav., 16/04/2019, n.105
Danno alla salute a causa dell’attività lavorativa: onere della prova a carico del lavoratore
Incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno.
Cassazione civile sez. lav., 27/02/2019, n.5749
Rilevanza del documento di valutazione dei rischi
La disciplina dell’art. 2110 c.c. ha natura speciale e la computabilità delle assenze del lavoratore dovute a infortunio sul lavoro o a malattia professionale nel periodo di comporto non si verifica non solo nelle ipotesi in cui l’evento sia dovuto a fattori di nocività insiti nelle modalità di esercizio delle mansioni e comunque presenti nell’ambiente di lavoro, ma altresì quando il datore di lavoro sia responsabile di tale situazione nociva e dannosa, per essere egli inadempiente all’obbligazione contrattuale a lui facente carico ai sensi dell’art. 2087 c.c.,atteso che in tali ipotesi l’impossibilità della prestazione lavorativa è imputabile al comportamento della stessa parte cui detta prestazione è destinata.
Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 19 ottobre 2018 n. 26498