Opere effettuate da un condomino sulle parti comuni: entro quanto tempo agire per farle rimuovere?
Uno dei condomini del palazzo in cui vivi ha eseguito, tempo fa, dei lavori all’interno del cortile comune, ricavandone un piccolo box ove riparare alcuni oggetti di sua proprietà. Nessuno ha mai detto nulla. Ma ora le cose sono cambiate. Alcuni appartamenti sono stati venduti e, in altri, sono subentrati gli eredi; si è persa così l’iniziale armonia che teneva uniti tutti i condomini e li portava a chiudere un occhio anche dinanzi alle piccole irregolarità. Ora, i rapporti sono freddi e tesi il che ha fatto sì che l’assemblea deliberasse la rimozione delle opere abusive realizzate sull’area comune. Secondo l’interessato, non è più possibile essendo ormai decorso tanto tempo dalla realizzazione del manufatto.
Si pone, quindi, il problema di individuare il termine per contestare le opere abusive di un condomino. La questione è finita in mano alla Cassazione [1] che così ha deciso.
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Entro quanto tempo chiedere la demolizione delle opere abusive di un condomino?
Non ci sono termini da rispettare se si vuole agire per chiedere la rimozione delle opere abusive realizzate da un condomino sulle parti comuni dell’edificio. Allo stesso modo, è senza termini l’azione con cui il condominio agisce contro il proprietario che, sul proprio appartamento, ha realizzato lavori che pregiudichino il condominio (ad esempio, la chiusura di una terrazza in veranda, con conseguente lesione del decoro architettonico).
Si tratta di un’azione che non cade mai in prescrizione perché il diritto di proprietà – ossia le parti comuni dell’edificio su cui insiste l’abuso – è imprescrittibile per sua natura. E, quindi, non c’è un termine massimo per fare causa al condomino che ha realizzato opere non autorizzate o che pregiudichino l’interesse comune del condominio.
Ci può essere usucapione dell’abuso?
Il condomino che ha realizzato l’opera abusiva sulle parti comuni, senza cioè il permesso dell’assemblea, ha una sola strada per difendersi: quella di dimostrare che, nel frattempo, si è formata l’usucapione; ciò gli darebbe diritto a mantenere il manufatto nonostante sia abusivo.
Ma cos’è e come funziona l’usucapione? In buona sostanza, si tratta dell’acquisizione del diritto di proprietà su un immobile altrui una volta che è stato occupato per almeno 20 anni senza alcuna contestazione da parte del legittimo titolare.
Nell’ambito del condominio, affinché si formi l’usucapione, non basta il semplice fatto che l’area comune sia stata utilizzata da un solo condomino a dispetto di tutti gli altri (si pensi al caso di chi parcheggia la propria macchina sempre allo stesso posto da numerosi anni); è necessario anche che, a tale comportamento, si sia aggiunta un’azione volta a interdire gli altri condomini dal contemporaneo uso dello stesso bene. Quindi, tanto per fare un esempio, chi vuole usucapire il lastrico solare non può limitarsi a utilizzarlo per 20 per stendere la propria biancheria o per piantarvi alcuni alberelli: deve chiudere l’accesso con una porta di cui solo lui ha le chiavi; chi vuol usucapire uno spazio del cortile comune per denotarlo a parcheggio del proprio veicolo non può limitarsi a lasciarvi sempre l’auto, ma deve anche apporvi delle catene o dei dissuasori in modo che nessun altro si appropri di quello stesso spazio quando lui non c’è.
Si può far demolire l’abuso di un condomino?
In sintesi di quanto appena detto, come chiarisce la Cassazione, il ricorso in tribunale volto a ottenere la demolizione di opere che un condomino abbia effettuato sulla cosa comune oppure nella propria unità immobiliare, con danno alle parti comuni non è suscettibile di prescrizione perché insita nel diritto di proprietà. Solo la dimostrazione dell’usucapione può, quindi, bloccare la domanda di rimozione degli abusi.
Si possono usare le parti comuni dell’edificio?
Fermo restando il divieto di appropriarsi delle parti comuni dell’edificio, quelle cioè del “condominio”, ogni condomino, però, può sempre servirsi della cosa comune purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso. Suddetti limiti possono essere resi più rigorosi dal regolamento condominiale, o da delibere assembleari adottate con il “quorum” prescritto dalla legge, fermo restando che non è consentita l’introduzione di un divieto di utilizzazione generalizzato delle parti comuni [2].
note
[1] Cass. ord. n. 14622/18.
[2] Cass. sent. n. 2957/18.