La Cina stabilisce restrizioni al commercio di selvaggina e al consumo della loro carne per l’alimentazione umana. Anche gli scienziati lanciano l’allarme.
L’allarmante estensione dell’epidemia di coronavirus – i dati aggiornati a stamattina riportano 71.333 i casi di infezione Covid-19 registrati nel mondo, con 1.775 morti: leggi la nostra mappa di diffusione del coronavirus in tempo reale per seguire l’evoluzione – insieme al fatto che a tutt’oggi non è ancora chiaro quale sia stato l’anello di congiunzione nel meccanismo di trasmissione all’uomo, induce la Cina a stabilire un giro di vite sul commercio di animali selvatici e sul consumo di selvaggina, che potrebbe portare alla messa al bando di queste attività.
Ce ne informa la nostra agenzia stampa AdnKronos Salute, con la notizia che il parlamento cinese (Comitato permanente del 13esimo Congresso Nazionale del Popolo (Npc), la massima assemblea legislativa del gigante asiatico, nella prossima sessione in programma il 24 febbraio a Pechino potrebbe mettere mano a una bozza di decisione sul divieto del commercio illegale di specie selvatiche e sull’eliminazione di cattive abitudini legate al consumo di carne di animali selvatici, per garantire la vita, la salute e la sicurezza delle persone.
E’ questa una delle indicazioni emerse dalla riunione dei presidenti del Comitato permanente. L’ipotesi di introduzione del divieto si lega ai dati che arrivano dalle ricerche. Negli studi con cui si è tentato di ricostruire le origini del contagio nell’uomo, infatti, gli scienziati hanno messo sul banco degli imputati il pipistrello quale possibile fonte animale del virus e il pangolino, quest’ultimo ritenuto il possibile ospite intermedio da cui il virus avrebbe fatto il salto di specie arrivando agli esseri umani.
Infatti gli scienziati lanciano un allarme sul rischio di insorgenza di pandemie, analoghe a quella attuale del coronavirus, che sarebbero legate al fenomeno della zoonotica, cioè alla trasmissione dei virus all’uomo da parte degli animali, soprattutto selvatici: Adnkronos Salute ha diffuso un recente studio, pubblicato sulla rivista “Pnas”, con il coordinamento di Moreno Di Marco del dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, che discute il rischio di insorgenza di pandemie nell’ottica dei cambiamenti ambientali causati dall’uomo.
Le principali epidemie che hanno colpito tutto il mondo, oltre all’attuale coronavirus Covid-19, come Ebola, Sars, Zika, Mers H1N1, hanno tutte in comune il fatto di essere associate alle alte densità di popolazione umana, ai livelli insostenibili di caccia e di traffico di animali selvatici, alla perdita di habitat naturali di questi animali, soprattutto le foreste. Tutto questo aumenta il rischio di contatto tra uomo e animali selvatici e dunque l’insorgenza di malattie infettive, favorite anche dall’intensificazione degli allevamenti di bestiame. È un rischio ancora sottovalutato e incompreso, perché – sottolineano i ricercatori – “nei piani
di sviluppo sostenibile non vengono dedicate sufficienti misure di prevenzione”.