Tutela della salute: quando il paziente non vuole finire in ospedale.
Supponiamo che un tuo familiare sia stato ricoverato in ospedale per sottoporsi ad un trattamento medico. Dopo un po’ di giorni, decide di tornare a casa. I medici sono contrari, perché il paziente deve essere curato e monitorato costantemente. Tuttavia, pur consapevole dei rischi per la propria salute, il tuo parente firma il modulo per essere dimesso dall’ospedale. Qualcuno si può opporre? Si può rifiutare un ricovero?
In Italia, il paziente è libero di scegliere se curarsi o meno. La Costituzione tutela la libertà di autodeterminazione di ogni persona. In altre parole, nessuno può essere costretto al ricovero o a sottoporsi a trattamenti sanitari se non nei casi stabiliti dalla legge.
Nel nostro ordinamento, quindi, vige il principio di autodeterminazione, cioè il diritto del paziente maggiorenne di decidere liberamente del proprio corpo. In base a questo principio, è il malato a scegliere di ricoverarsi o meno in una struttura ospedaliera e di sottoporsi o meno a trattamenti sanitari. Il ricovero, quindi, può avvenire solo dopo che il paziente sia stato adeguatamente informato:
- sulle proprie condizioni di salute;
- sulla tipologia di trattamento da seguire;
- sui possibili rischi che potrebbero derivare alla sua persona.
Per esercitare legittimamente il diritto all’autodeterminazione, il paziente deve essere:
- maggiorenne;
- capace di discernimento, in modo da poter decidere consapevolmente.
Se, invece, il paziente è incapace di discernimento, allora saranno i familiari (ad esempio, il coniuge, i genitori, ecc.) a prestare o meno il consenso per il ricovero.
In presenza di questi requisiti, il malato – preventivamente informato – ha il diritto di rifiutare un ricovero anche al costo di compromettere la sua vita.
Indice
Il trattamento sanitario obbligatorio
La Costituzione stabilisce che una persona può essere sottoposta a trattamenti sanitari contro la sua volontà solo nei casi previsti dalla legge. Questo vuol dire che il diritto di autodeterminarsi e, di conseguenza, la libertà personale trovano un limite nella legge che prevede i trattamenti sanitari obbligatori (i cosiddetti TSO), cioè quegli interventi a cui si ricorre a prescindere dal consenso del paziente.
Il TSO può essere disposto con provvedimento del sindaco del Comune di residenza del paziente (su proposta di due medici) in presenza di:
- necessità ed urgenza;
- rifiuto del ricovero o dei trattamenti sanitari da parte del paziente;
- impossibilità di adottare altre misure, diverse dal ricovero ospedaliero.
Generalmente, si ricorre al TSO in caso di:
- malattie mentali;
- tossicodipendenza;
- disturbi alimentari.
Disposto il TSO con ordinanza, il sindaco ha 48 ore di tempo per comunicare il provvedimento al giudice tutelare competente per territorio, il quale nelle successive 48 ore dovrà accertare che ne sussistono i requisiti di legge e convalidare il provvedimento.
È possibile rifiutare il ricovero?
A questo punto, avrai capito che ogni persona è libera di scegliere se sottoporsi o meno alle cure mediche (ad eccezione dei casi di trattamento sanitario obbligatorio che vengono disposti per legge, a prescindere dal consenso del paziente). Ne consegue che il paziente può anche rifiutare il ricovero in ospedale o in un’altra struttura privata. In tal caso, il medico non avrà alcuna responsabilità se, ad esempio, il paziente dovesse morire.
La libertà di autodeterminazione, però, vale a condizione che:
- il paziente sia maggiorenne e capace di discernimento (cioè deve essere consapevole dei rischi a cui va incontro);
- il paziente sia stato adeguatamente informato sul proprio stato di salute, sui benefici e sui rischi del trattamento sanitario da seguire e sui su trattamenti alternativi.
Recentemente, si è verificato il caso di un ragazzo maggiorenne affetto dal disturbo del comportamento alimentare (nel caso di specie, anoressia) che aveva rifiutato il ricovero in ospedale e quindi le cure mediche. I genitori, pur di salvarlo, avevano chiesto che venisse disposto un TSO. In tal caso, tuttavia, non c’erano i presupposti per procedere al trattamento sanitario obbligatorio, in quanto il ragazzo aveva rassicurato i medici che poteva farcela da solo.
Un medico può rifiutare il ricovero di un paziente?
Un medico può legittimamente rifiutare il ricovero di un paziente, solo se ritiene che ci sia un pericolo reale ed effettivo che possa portare conseguenze dannose per la sua salute.
Una donna si reca al pronto soccorso per una grave ernia al disco. Il medico le dice che deve essere ricoverata perché probabilmente subirà una operazione. La manda, quindi, al reparto di chirurgia, dove il chirurgo rifiuta di ricoverarla dicendole che probabilmente ha bisogno solo di riposo. Dopo qualche settimana, però, la donna fatica a camminare. In questo caso, il chirurgo potrebbe essere accusato, in particolare, del reato di rifiuto di atti di ufficio per aver ostacolato il ricovero della donna che si era presentata in evidente stato di sofferenza. Se, invece, una persona si presenta in ospedale e dichiara di soffrire di un semplice mal di pancia, il rifiuto di farla ricoverare è più che legittimo, in quanto non vi è alcun pericolo o urgenza.