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Risarcimento demansionamento: tassazione

16 Aprile 2022
Risarcimento demansionamento: tassazione

Vertenza di lavoro: sulle somme liquidate dal datore si pagano le tasse?

Dopo una lunga vertenza contro il tuo datore di lavoro sei riuscito ad ottenere un risarcimento. Alla base della lite vi è un demansionamento nei tuoi confronti. Ora che giustizia è fatta ti chiedi, però, se le somme in questione – che ti saranno liquidate in questi giorni con un bonifico sul conto corrente – dovranno essere dichiarate all’Agenzia delle Entrate o se invece sono esenti. Qual è la tassazione per il risarcimento da demansionamento? La questione è stata risolta dalla Commissione Tributaria Regionale Lazio con una recente sentenza [1]. Vediamo qual è l’orientamento dei giudici.

Risarcimento danni e tassazione

La tassazione del risarcimento dipende dalle voci a cui detto risarcimento si riferisce. Difatti, quando le somme servono per riparare il danno economico derivante dalla perdita di reddito (il cosiddetto “lucro cessante”), esse andranno riportate nella dichiarazione dei redditi ai fini della tassazione. Ciò perché, se il danno non vi fosse stato, il reddito comunque percepito dall’infortunato, tramite la normale attività lavorativa, sarebbe stato comunque soggetto a imposizione fiscale. 

Viceversa, le voci del risarcimento dovute a titolo di danno morale, così come del resto il rimborso delle spese vive, non vanno dichiarate: sono, quindi, esentasse. 

Marco è stato costretto a un lungo stop dalla sua attività di agente di commercio per via di un grave incidente stradale. Dopo sei mesi torna a lavorare, ma nel frattempo ha perso clienti e numerose commesse. Oltre a ciò, è stato sottoposto a due interventi chirurgici. La sua dichiarazione dei redditi, rispetto a quella dell’anno precedente, è crollata di circa 30mila euro. Di tali somme chiede il risarcimento all’assicurazione, dimostrando che le trattative in corso con i propri clienti, poco prima del sinistro, erano tali da potergli garantire lo stesso reddito dell’anno precedente. Oltre a tali importi, Marco ottiene anche 50mila euro a titolo di risarcimento per i danni morali e le lesioni fisiche patite. Di tutti questi importi, Marco dovrà dichiarare al Fisco solo i 30mila euro ottenuti come ristoro per il lucro cessante. Del resto, se l’incidente non ci fosse stato e Marco avesse regolarmente lavorato, dette somme sarebbero state comunque tassate.

Tassazione risarcimento per demansionamento

Veniamo ora al demansionamento. Come si sa, scatta tale illecito tutte le volte in cui il datore di lavoro fa svolgere al dipendente mansioni inferiori rispetto a quelle previste al momento della sua assunzione e per le quali è inquadrato. Si tratta di un danno al “curriculum”, ossia alla professionalità del lavoratore. 

Ebbene, secondo la giurisprudenza le somme liquidate dal giudice a titolo di risarcimento danni da demansionamento non hanno natura reddituale: servono a ristorare una lesione che, seppure di natura patrimoniale, non equivale al lucro cessante degli stipendi perduti. Il che significa che non vanno tassate.

Niente ritenuta Irpef, pertanto, sul risarcimento ottenuto dal lavoratore per il danno da demansionamento e perdita di chance.

Il merito della sentenza in commento è che smentisce definitivamente la tesi sostenuta più volte dall’Agenzia delle Entrate. Secondo l’amministrazione finanziaria, la somma liquidata dal datore di lavoro a titolo di risarcimento danni per il demansionamento – sia all’esito di un giudizio in tribunale che di una vertenza sindacale chiusa con una transazione – sconterebbe il regime tributario dei «redditi sostituiti» in quanto la liquidazione avverrebbe a titolo di lucro cessante. 

Di contrario avviso sono, però, i giudici della Ctr Lazio secondo cui, nella specie, non si tratta della mancata percezione degli stipendi da parte del lavoratore. Il danno da perdita di chance ristora la mancata progressione di carriera, dunque la perdita di una possibilità attuale che costituisce un’entità patrimoniale valutabile dal punto di vista economico, oltre che giuridico, ma che non ha natura reddituale. E altrettanto vale per il risarcimento del danno da demansionamento che costituisce la mera reintegrazione di una lesione patrimoniale.  

La posizione dell’Agenzia delle Entrate

Le somme corrisposte a titolo di risarcimento per demansionamento sono da considerarsi non imponibili in quanto configurabili come danno emergente (cioè volte a risarcire la perdita economica subita dal patrimonio) e, pertanto, non sono assoggettabili a ritenuta alla fonte. In pratica il datore di lavoro deve corrispondere al dipendente l’intero importo non potendo trattenere le somme dovute a titolo di imposte.

La conclusione raggiunta dall’Agenzia delle Entrate è conforme al principio già espresso dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui le somme erogate a titolo di ristoro della perdita di chance professionali” – ossia connesse alla privazione della possibilità di sviluppi o progressioni nell’attività lavorativa – sono qualificabili come danno emergente e, in quanto tali, non sono imponibili. La perdita di chance deve essere concretamente provata dal contribuente.

Le eventuali ritenute già operate dal datore di lavoro sulle somme corrisposte al dipendente possono essere recuperate presentando la dichiarazione integrativa del modello 770 così compilata:

  • nel frontespizio del modello integrativo va inserito il protocollo della dichiarazione che si intende rettificare;
  • nel quadro ST occorre indicare il versamento effettuato erroneamente, inserendo nella seconda colonna “Ritenute operate” l’importo “0”;
  • nel quadro SX potrà, quindi, essere fatto valere il credito inserendo la somma versata erroneamente nel rigo SX1 colonna 2 “Versamenti in eccesso” e cumulata nel rigo SX4 colonna 4 “Credito risultante dalla presente dichiarazione”, indicando poi in colonna 5 quanto di essa è già stato utilizzato in compensazione.

note

[1] Ctr Lazio, sent. n. 165/20. 

Autore immagine https://it.depositphotos.com


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