Come si dividono i soldi sul conto corrente personale e cointestato tra moglie e marito se questi non hanno adottato la comunione dei beni?
In una coppia sposata in regime di separazione dei beni, i risparmi a chi appartengono? Immaginiamo moglie e marito titolari di un conto corrente a testa e di uno cointestato. Come si dividono i soldi nell’ipotesi in cui i due dovessero decidere, un giorno, di separarsi? Cerchiamo di fare chiarezza iniziando la nostra analisi proprio dalle coppie in regime di comunione dei beni.
Coniugi in comunione dei beni: conto corrente e risparmi a chi appartengono?
Con la comunione dei beni, tutti i beni acquistati durante il matrimonio sono di proprietà comune tra marito e moglie ossia al 50% ciascuno.
Si tratta di una comunione indivisibile, che si scioglie solo con la separazione e la fine quindi del matrimonio.
Restano di proprietà individuale i beni di cui i coniugi erano già titolari prima delle nozze (anche se ricevuti un giorno prima delle nozze), quelli ricevuti per donazione, eredità o risarcimento del danno (anche se dopo le nozze), quelli di carattere personale (come l’abbigliamento) e quelli frutto della vendita dei beni appena elencati.
I risparmi costituiscono una categoria a parte. Difatti, finché la coppia è sposata, tutti i soldi presenti sul conto corrente di uno dei due coniugi appartengono solo a questi che, pertanto, può spenderli per come meglio crede, senza che l’altro possa avere voce in capitolo. Con la consapevolezza però che, se acquista oggetti che non sono destinati all’uso personale o all’attività lavorativa, essi ricadono subito nella comunione. Viceversa, se i soldi non vengono spesi restano di proprietà individuale quando sono accumulati sul conto personale.
Attenzione però: nel momento in cui la coppia decide di separarsi, tutto il denaro frutto dei risparmi dei coniugi si divide a metà.
Marco e Marta sono sposati. Marco ha un conto corrente ove gli viene accreditato lo stipendio. A fine anno, ha accumulato 14mila euro. Marta ha un lavoro autonomo e, sul proprio conto, al 31 dicembre ha raccolto 4mila euro. A gennaio, Marco e Marta decidono di separarsi. Fino a quella data entrambi sono liberi di disporre del denaro come meglio credono. Tuttavia, alla data della separazione Marco dovrà dare alla moglie la metà di quanto rimasto sul suo conto e altrettanto dovrà fare quest’ultima. Se Marco però avesse speso tutti i propri soldi, prima della separazione, acquistando beni di uso personale, non avrebbe dovuto dare nulla a Marta.
Se invece il conto è cointestato, tutti i risparmi ivi accumulati si presumono in comproprietà tra marito e moglie. Ciascuno dei due potrà vantare quindi il 50% della proprietà anche prima della separazione, potendone disporre liberamente.
Nessuno dei due può però prelevare o spendere soldi più della propria metà. Se lo fa può essere condannato dal giudice a ripristinare la comunione sulla somma in eccesso da lui utilizzata restituendo, quindi, quanto illegittimamente preso.
Ma attenzione: se la cointestazione del conto dovesse essere solo una simulazione, attuata magari per consentire a uno dei due coniugi di prelevare in autonomia (magari per la gestione delle spese domestiche), allora i risparmi restano di proprietà di colui che da solo, con i propri redditi, ha alimentato il conto. Fermo restando però che, alla separazione, i soldi andranno comunque divisi in quanto la coppia è in comunione dei beni.
Coniugi in separazione dei beni: conto corrente e risparmi a chi appartengono?
Quando invece la coppia è in separazione dei beni, i conti correnti restano di proprietà individuale e non possono essere divisi neanche con la separazione. Quindi, la moglie o il marito non possono accampare pretese sui risparmi dell’altro coniuge né finché sono sposati né allo scioglimento del matrimonio.
Se la coppia dovesse avere un conto corrente cointestato, però, valgono le stesse regole per le coppie in comunione dei beni. In pratica, i soldi appartengono per metà a ciascun coniuge con il divieto di spendere o prelevare oltre la cifra di propria competenza. Se però la cointestazione del conto è simulata, il coniuge che ha alimentato il conto può rivendicare il 100% dei risparmi in banca. Né l’altro può, in questo caso, alla separazione, chiedere la sua metà visto appunto il regime di separazione dei beni.
Marco è sposato con Marta, la quale è disoccupata. Lo stipendio di Marco viene accreditato sul suo conto che questi ha cointestato alla moglie affinché questa potesse fare prelievi e operazioni. I due decidono di separarsi e Marta rivendica il 50% dei risparmi sul conto. Marco, però, dimostra che il conto è stato alimentato solo con le sue buste paga. In questo modo, Marta resta senza niente.