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Mancato mantenimento figli: si può ritirare la denuncia?

26 Febbraio 2020
Mancato mantenimento figli: si può ritirare la denuncia?

Violazione degli obblighi di assistenza familiare: il reato è perseguibile d’ufficio o solo su querela di parte? Che succede se l’ex moglie rinuncia al processo penale?

La tua ex moglie ti ha denunciato. Per qualche mese, infatti, non hai potuto pagarle il mantenimento per i vostri figli e ora sta facendo di tutto per fartela pagare. Nonostante la tua impossibilità a coprire l’arretrato in breve tempo, sei riuscito a trovare un accordo onde evitare la condanna penale. Così, per dimostrarle la tua buona volontà, hai iniziato a farle dei versamenti periodici allo scopo di recuperare le mensilità passate, versamenti che si andranno a sommare agli assegni mensili che sono in scadenza. In cambio di questo sacrificio, però, pretendi da lei la rinuncia al processo penale. Il suo avvocato sostiene che non si possa fare. È davvero così? Si può ritirare la denuncia per mancato mantenimento dei figli?

Per fornire una risposta bisogna verificare se, sotto un profilo più marcatamente giuridico, il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare sia o meno perseguibile d’ufficio. Difatti, nell’ipotesi in cui dovesse essere procedibile solo «a querela di parte» (ossia della vittima), il ritiro della querela porrebbe fine a qualsiasi procedimento nei tuoi riguardi. Viceversa, qualora si dovesse ritenere che l’omesso versamento del mantenimento per i figli sia perseguibile d’ufficio, a nulla varrebbe il ritiro della querela della parte lesa poiché la Procura della Repubblica, anche in tale caso, sarebbe tenuta a portare avanti l’azione penale fino all’eventuale condanna.  

La questione è stata sottoposta più volte alla Cassazione. Da ultimo, i giudici supremi hanno fornito il seguente chiarimento [1].

Reato di omesso versamento degli alimenti per i figli

L’articolo 570-bis cod. pen. punisce l’omesso versamento dell’assegno periodico di mantenimento dei figli con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 euro a 1.032 euro. Il reato scatta indifferentemente per le coppie unite in matrimonio e per quelle di fatto. 

Affinché scatti il reato, devono sussistere i seguenti elementi:

  • il figlio deve versare in stato di bisogno. Rispetto ai figli minori lo stato di bisogno è presunto e insito nel fatto stesso che si tratta di soggetti che non possono procurarsi un reddito proprio [2], salvo i casi in cui essi abbiano personali e autonome risorse economiche che consentono a chi ne ha il contingente affidamento l’utilizzazione finalizzata all’autonomo sostentamento [3];
  • il genitore deve avere la concreta capacità di fornire i mezzi di sussistenza [4]. Se, invece, si trova nell’impossibilità assoluta e incolpevole di somministrare tali mezzi, il reato è escluso. Il semplice stato di disoccupazione non è sufficiente se non si dà prova di aver comunque cercato altri posti di lavoro e di non esservi riuscito non per causa propria;
  • la mancata assistenza deve avere l’effetto di far mancare totalmente o parzialmente i mezzi di sussistenza. La nozione di mezzi di sussistenza comprende non solo i bisogni di base dell’essere umano (come vitto, abbigliamento, abitazione, medicinali, ecc.), ma anche le spese per l’istruzione e per la vita di relazione (mezzi di trasporto, computer, ecc.).

Il mancato versamento del mantenimento per i figli è perseguibile d’ufficio?

Secondo la Corte di Cassazione, il reato di omesso versamento del mantenimento per i figli è procedibile non a querela di parte ma d’ufficio.  

Come anticipato in apertura, questa conclusione ha un grosso impatto pratico. Difatti, l’eventuale rinuncia al processo penale da parte dell’ex moglie, che agisce per conto dei figli minori o non autosufficienti, non è sufficiente a bloccare il procedimento a carico del padre, procedimento infatti che prosegue su iniziativa del pm. Certo, la mancata costituzione della madre servirà a rendere più agevole, all’avvocato dell’imputato, il compito della difesa, ma l’esito non è scontato. 

La Procura della Repubblica, infatti, porterà avanti la propria iniziativa allo scopo di giungere a una condanna penale dell’imputato, potendo altresì procurarsi da sé le prove della colpevolezza. 

Nessun accordo con il genitore affidatario dei figli, quindi, servirà a impedire il processo penale di chi non ha versato l’assegno di mantenimento. Ecco perché, prima di depositare una denuncia, bisognerebbe valutare attentamente la possibilità di trovare un accordo tra le parti che eviti al padre un procedimento penale senza via d’uscita. 


note

[1] Cass. sent. n. 7277/20 del 24.02.2020.

[2] Cass. pen. 31 gennaio 2019 n. 8047, Cass. pen. 4 aprile 2016 n. 13413

[2] Cass. pen. 17 dicembre 2015 n. 44683.

[3] Cass. pen. 8 gennaio 2016 n. 535.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 gennaio – 24 febbraio 2020, n. 7277

Presidente Costanzo – Relatore Amoroso

Ritenuto in fatto

1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Pordenone ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti di Si. An. per essersi il reato ascrittogli, di cui all’art. art. 3 legge n. 54/2006 (ora punito ex art. 570-bis cod. pen.) estinto per remissione della querela.

In particolare all’imputato è stato contestato il reato di cui agli artt.81 cod. pen. e 3 legge n.54/06 per essersi sottratto all’obbligo di corresponsione dell’assegno mensile di Euro 200,00, dal mese di maggio al mese di settembre del 2012, e della somma di Euro 250,00 dal mese di ottobre 2012 fino al mese di ottobre del 2015, dovuti a titolo di mantenimento in favore della figlia So., nonché del 50% delle spese straordinarie sostenute da Lo. Al. in favore della predetta figlia. Il Tribunale, ritenendo il detto reato procedibile a querela in forza del richiamo dell’art. 570, comma 1, cod. pen., e per effetto della intervenuta remissione della querela e della contestuale accettazione da parte dell’imputato, ha dichiarato di non doversi procedere per estinzione del reato ai sensi dell’art. 152 cod. pen.

2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso immediato per cassazione ex art. 569 cod.proc.pen. il Pubblico Ministero, deducendo il vizio di violazione di legge chiedendone l’annullamento per essere il giudice incorso nell’errore di ritenere il reato previsto dall’art. 570-bis cod. pen. perseguibile a querela, in contrasto con l’interpretazione seguita prima dell’entrata in vigore della riforma che in attuazione del principio della riserva di codice ha disposto l’abrogazione degli artt. 12-sex/es legge 898/1970 e 3 della legge 54/2006, senza modificare la perseguibilità del delitto ora contemplato dall’art.570-bis cod. pen., che si deve ritenere procedibile di ufficio essendo il richiamo all’art. 570 cod. pen. operato solo quoad poenam.

Dalla procedibilità d’ufficio derivano l’irrilevanza della remissione della querela e l’errata dichiarazione di estinzione del reato.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.

Secondo quanto già affermato da questa Corte di Cassazione il delitto di omesso versamento dell’assegno periodico per il mantenimento, l’educazione e l’istruzione dei figli, previsto dell’art. 570-bis cod. pen., è configurabile anche in caso di violazione degli obblighi di natura patrimoniale stabiliti nei confronti di figli minori nati da genitori non legati da vincolo formale di matrimonio anche per i fatti commessi prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo 1 marzo 2018, n. 21, essendovi continuità normativa tra la fattispecie prevista dall’art. 570-bis cod. pen. e quella prevista dall’art. 3 della legge 8 febbraio 2006, n. 54.

La delega conferita dalla legge n. 103 del 2017 per l’attuazione della riserva di codice ha infatti natura meramente compilativa, essendo diretta a realizzare una semplice trasposizione delle figure criminose già esistenti nel corpus del codice penale, senza apportare modifiche sostanziali, come peraltro chiarito nella relazione ministeriale allo schema del decreto legislativo in cui si afferma che il nuovo art. 570-bis cod. pen. assorbe le previsioni di cui all’art. 12-sexies della legge 1 dicembre 1970, n. 898 e di cui all’art.3 della legge 8 febbraio 2006, n.54, specificandosi che la modifica “non incide sul regime di procedibilità di ufficio, la cui corrispondenza a Costituzione è stata comunque affermata ripetutamente dalla Corte Costituzionale (da ultimo sentenza n.220 del 2015)”.

Pertanto, essendo indubbio il carattere solo formale dell’abrogazione dei reati previsti dall’art. 12-sex/es della legge 1 dicembre 1970, n. 898 e dall’art.3 della legge 8 febbraio 2006, senza cioè abolizione delle relative ipotesi criminose, perché riprese dal nuovo art. 570-bis cod. pen., ne deriva che risulta immutato anche il regime di procedibilità di ufficio.

Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità il reato previsto dalla norma censurata è sempre stato ritenuto perseguibile d’ufficio.

Tale soluzione interpretativa – avallata anche dalle sezioni unite della Corte di cassazione (sentenza 31 gennaio-31 maggio 2013, n. 23866) – si fondava sul rilievo che il richiamo all’art. 570 cod. pen., operato dall’art. 12-sex/es della legge n. 898 del 1970, nonché dall’art. 3 della legge n. 54/06 che a sua volta rinviava al citato art 12-sex/es, L. 898/1970, fosse finalizzato unicamente a determinare il trattamento sanzionatorio e non potesse, dunque, reputarsi comprensivo del regime di perseguibilità a querela previsto dalla norma richiamata.

Le stesse considerazioni conservano tuttora piena validità per quanto sopra detto sulla natura meramente formale dell’operazione di trasposizione del reato in esame nella nuova norma codicistica, essendo peraltro stata esclusa la voluntas legis di incidere sul regime di procedibilità, sebbene la Corte Costituzionale avesse rilevato proprio nella sentenza richiamata nella citata relazione ministeriale come non si potesse “misconoscere che il sistema delle incriminazioni relative ai rapporti familiari risulti, nel suo complesso, frammentario e disarmonico”, ma che, avendo escluso discrasie qualificabili in termini di manifesta irrazionalità, ne aveva rimesso al legislatore la soluzione.

Pertanto, in difetto di nuove disposizioni di legge sul tema della procedibilità, non può che essere confermato il regime di perseguibilità di ufficio previsto per le ipotesi di reato ora punite dall’art.570-bis cod. pen.

Devesi, pertanto, disporre l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per il giudizio alla Corte di appello di Trieste competente per la rinnovazione del dibattimento ai sensi del combinato disposto degli 569, comma 4, e 604 comma 6, cod. proc. pen.

In caso di diffusione del presente provvedimento devono omettersi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti private a norma dell’art. 52 D.Lgs. n.196/2003.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio alla Corte di appello di Trieste.

 


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