Abbandonare l’animale in macchina con il finestrino aperto è reato?
Fin quando si tratta di un bambino, i seggiolini anti-abbandono possono essere giustificabili: i piccoli si addormentano facilmente e qualche smemorato – così è successo – potrebbe dimenticarsene. Ma come si fa a dimenticare un cane in auto? Piuttosto difficile. Quindi, chi lo fa è cosciente di ciò che sta compiendo. In termini giuridici, si dice che c’è il «dolo» ossia la coscienza e la volontà. Il punto però è che, per parlare di dolo, bisognerebbe anche essere certi che il comportamento di chi chiude il fido compagno dentro la macchina, mentre va a fare la spesa o a pagare le bollette, sia qualificabile come reato. Cosa dice a riguardo la legge? Si può lasciare il cane in auto?
Secondo la Cassazione [1], integra il reato di abbandono di animali la condotta del proprietario che lascia il proprio cane in auto, con i finestrini chiusi, in una giornata soleggiata e con temperatura particolarmente elevata, atteso che tale comportamento è assolutamente incompatibile con le natura dell’animale, potendo provocargli paura e sofferenza.
Ed ancora, integra il reato di abbandono di animale anche il comportamento di chi lascia il proprio cane in auto, sia pure parcheggiata in zona d’ombra e con i finestrini leggermente aperti, in periodo estivo, così da determinare la morte dell’animale per eccessivo calore.
Non serve ulteriore prova della «sofferenza grave» quando un cane abbaia incessantemente, lasciato chiuso in auto per lungo tempo ad elevate temperature, in quanto il suo malessere è condizione certamente intuibile con il senso comune e non necessitante visite specialistiche e/o perizie ad hoc, essendo nozioni di comune conoscenza divulgate in occasione di fatti di cronaca, nelle quali, da episodi analoghi, sono scaturiti eventi drammatici [2].
il reato di abbandono di animali è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro. Viene ritenuto responsabile chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività.
Secondo la giurisprudenza integra il reato di abbandono di animali:
- la condotta di distacco volontario e definitivo dell’animale;
- qualsiasi trascuratezza, disinteresse o mancanza di attenzione verso quest’ultimo.
Nella nozione di abbandono, si include anche il comportamento colposo improntato a indifferenza o a inerzia nell’immediata ricerca dell’animale.
Il reato di maltrattamento di animali
Leggendo attentamente il Codice penale, sembrerebbe invece che non a lasciare il cane in auto, specie se per poco tempo, non si rischi il reato di maltrattamento di animali. La norma [3] stabilisce che «chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche ecologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro».
Poiché a lasciare il cane in auto per qualche minuto non c’è alcuna sevizia o fatica, in teoria il padrone non sarebbe punibile.
Tuttavia, la giurisprudenza sta allargando il senso di questa norma e ha stabilito che, ai fini della condanna penale per maltrattamento di animali, rilevano ormai non solo quei comportamenti contrari al sentimento di pietà verso gli animali, ma anche quelli che incidono sulla sensibilità psico-fisica dell’animale stesso procurandogli dolore e afflizione, anche interiori. Gli animali vengono, quindi, considerati come esseri «senzienti», capaci di avvertire la sofferenza anche di un «semplice» abbandono.
La tutela dei cani è più ampia rispetto a quella di qualsiasi altro animale. Vengono chiamati «quasi umani» per via del legame intimo ormai raggiunto con l’uomo. Si tratta di un gradino intermedio di animali, gli animali antropizzati. Sono gli animali da compagnia o da affezione.
La Cassazione lascia così intendere che la capacità umana di «mettersi nei panni» dell’altro ha uno scalino intermedio nei «quasi-umani», cioè negli animali che condividono con l’uomo spazi comunicativi e familiari e, perciò, gli stessi sentimenti. La Suprema Corte, dunque, riconosce che ci possono essere delle tutele anche penali nei loro confronti, prima riservate alla sola specie umana.
Ecco, sembra che per questi animali la tutela sia superiore, nel senso che il concetto di maltrattamento scatta ad una soglia inferiore rispetto a quella di tutti gli altri animali.
In un allevamento di trote, di lumache o di bachi da seta è difficile ipotizzare un giudizio sulle condizioni di vita degli animali. Ma in un canile invece, quando vengono stipati molti cani nella stessa gabbia, esposti al sole e senza cibo, si può parlare di maltrattamento di animali.
Insomma, neanche gli animali sono tutti uguali davanti alla legge.
note
[1] Cass. sent. n. 44902/2012.
[2] Cass. sent. n. 14250/2014.
[3] Art. 544 ter cod. pen.
Autore immagine: depositphotos