Divieto di utilizzo di animali negli spettacoli; tutela delle condizioni igieniche e degli animali da maltrattamenti; esigenze di benessere degli animali esotici; animali randagi.
L’ordinamento giuridico italiano tutela anche gli animali. Nonostante non siano soggetti giuridici come gli uomini, la legge ha concesso agli animali una serie di diritti la cui violazione comporta delle sanzioni per i trasgressori. Per saperne di più sulla tutela degli animali, leggi le ultime sentenze.
Indice
Procedimenti per reati commessi su animali
In tema di reati commessi ai danni di animali, l’art. 7 della legge 20 luglio 2004, n. 189, nell’attribuire ope legis alle associazioni e agli enti individuati con decreto del Ministro della salute 2 novembre 2006 – per l’affidamento degli animali oggetto di provvedimento di sequestro o di confisca – la finalità di tutela degli interessi lesi dai reati previsti dalla stessa legge, non esclude la legittimazione a costituirsi parte civile di associazioni diverse, anche non riconosciute, che perseguano la stessa finalità e che deducano di aver subito un danno diretto dal reato.
Corte appello Firenze sez. IV, 14/07/2021, n.1451
Violazione delle norme a tutela della fauna selvatica e della caccia
L’essere stato fermato in possesso di attrezzatura non ammessa per l’esercizio dell’attività venatoria, ossia di trappole, rete con sostegni fissi nel terreno e gabbie, nonché alla disponibilità di uccelli di razza protetta presenti all’interno delle gabbie occultate nella vegetazione ed utilizzati quali richiamo per gli altri animali, integra il reato in materia di protezione della fauna selvatica e delle disposizioni in materia di caccia.
Tribunale Lecce sez. II, 18/05/2021, n.1368
Inosservanza delle disposizioni sull’identificazione dei capi di bestiame e sanzione dell’abbattimento
Le sanzioni amministrative enucleate dall’art. 9 d.lg. n. 200/2010, che disciplina organicamente la materia dell’identificazione e registrazione dei suini, hanno carattere esclusivamente pecuniario, difettando categoricamente la previsione della sanzione, in via principale o anche solo accessoria, dell’abbattimento e/o della distruzione degli animali. L’abbattimento dei suini comminata, nella specie, dall’ASP, in relazione alla mera ipotesi di inosservanza delle disposizioni inerenti l’identificazione dei capi di bestiame, non trova alcun aggancio specifico nelle norme euro-unitarie e nazionali in materia e viola i canoni di proporzionalità immanenti alla relativa cornice normativa, volti ad assicurare il necessario equilibrio tra gli obiettivi generali di tutela della salute e del mercato e gli interessi patrimoniali degli allevatori, sacrificabili in nome dei primi.
T.A.R. Reggio Calabria, (Calabria) sez. I, 07/05/2021, n.457
Tutela degli animali da affezione
Le guardie particolari giurate delle associazioni zoofile riconosciute, nominate con decreto prefettizio, non rivestono la qualifica di agenti di polizia giudiziaria con riguardo ai controlli in materia venatoria per il solo fatto che è loro affidata, ex art. 6, comma 2, l. 20 luglio 2004, n. 189, la vigilanza sull’applicazione di tale legge e delle altre norme a tutela degli “animali da affezione”, in quanto rientrano in questa categoria i soli animali domestici o di compagnia, con esclusione della fauna selvatica.
(Fattispecie relativa alle guardie zoofile dell’Enpa, in cui la Corte ha precisato che le stesse, pur non rivestendo la qualifica di agenti di polizia giudiziaria, possono, quali guardie giurate di un’associazione di protezione nazionale riconosciuta “ex lege”, esercitare i poteri di vigilanza e di accertamento previsti dall’art. 28, commi 1 e 5, l. n. 157 del 1992).
Cassazione penale sez. III, 07/10/2020, n.6146
Violazioni della legge in materia di tutela della fauna selvatica
Le guardie particolari giurate delle associazioni zoofile riconosciute, nonostante rivestano la qualifica di agenti di polizia giudiziaria soltanto con riferimento alla tutela degli animali da affezione, sono pur sempre legittimate a segnalare le violazioni della legge in materia di tutela della fauna selvatica.
Cassazione penale sez. III, 07/10/2020, n.6146
Repressione dei maltrattamenti compreso l’abbandono
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lett. c), l. reg. Basilicata 30 novembre 2018, n. 46, censurato per violazione dell’art. 117, comma 2, lett. h), Cost. in quanto consentirebbe alla Regione di dettare norme in materia di randagismo e di tutela degli animali da affezione al fine di reprimere ogni tipo di maltrattamento, compreso l’abbandono. Invero, le Regioni, nell’esercizio delle proprie competenze in materia sanitaria e nel rispetto dei principi fondamentali posti dal legislatore statale, possono dettare misure e obblighi al fine di prevenire il randagismo e di tutelare il benessere animale. La qual cosa comporta che la legislazione regionale possa anche disciplinare le sanzioni amministrative tese a reprimere le violazioni di tali misure e obblighi (sentt. nn. 123 del 1992, 383 del 2005, 222 del 2006, 21, 226 del 2010, 35, 300 del 2011, 35 del 2012, 118 del 2013, 63 del 2016).
Corte Costituzionale, 20/12/2019, n.277
Le guardie particolari giurate delle associazioni zoofile
Le guardie particolari giurate delle associazioni zoofile riconosciute, nominate con decreto prefettizio, non rivestono la qualifica di agenti di polizia giudiziaria con riguardo ai controlli in materia venatoria per il solo fatto che è loro affidata, ex art. 6, comma 2, l. 20 luglio 2004 n. 189, la vigilanza sull’applicazione di tale legge e delle altre norme a tutela degli “animali da affezione”, in quanto rientrano in questa categoria i soli animali domestici o di compagnia, con esclusione della fauna selvatica.
(Fattispecie in cui la Corte ha confermato la sentenza di condanna, per il reato di usurpazione di pubblica funzione, emessa nei confronti di una guardia zoofila che aveva eseguito controlli venatori nei confronti di cacciatori).
Cassazione penale sez. VI, 07/05/2019, n.21508
Disciplina europea sulla tutela degli animali
L’esame della questione pregiudiziale non ha rivelato alcun elemento tale da inficiare la validità dell’art. 4 §.4 del Regolamento (CE) n. 1099/2009 (tutela degli animali al momento dell’abbattimento), letto in combinato disposto con l’art. 2, lett. k) dello stesso regolamento, alla luce dell’art. 10 della Carta di Nizza e dell’art. 13 TFUE.
Corte giustizia UE grande sezione, 29/05/2018, n.426
Divieto assoluto di utilizzazione degli animali negli spettacoli circensi
L’ente locale può (anzi deve, ai sensi della legge statale n. 337/68) con proprio regolamento disciplinare l’uso delle aree pubbliche comunali per manifestazioni artistiche legate agli spettacoli circensi e, nell’ambito di proprie competenze riconosciutegli da altre fonti normative, può anche dettare norme sulla tutela degli animali ma non può porre un divieto assoluto impeditivo di un’attività che tradizionalmente si svolge con specifiche modalità, senza verificare che l’esercizio di tale attività contrasti con le finalità che le norme regolamentari intendono perseguire, specie in assenza di una fonte di rango legislativo sullo specifico punto (uso degli animali nei circhi) che, ai sensi dell’art. 41 Cost., è la sola che può limitare l’esercizio di un’iniziativa economica privata nei casi e per le finalità ivi indicate.
T.A.R. Firenze, (Toscana) sez. II, 21/03/2018, n.424
Tutela degli animali
In tema di schema di decreto legislativo recante riforma delle diposizioni legislative in materia di tutela dei minori nel settore cinematografico e audiovisivo, a norma dell’articolo 33 della legge 14 novembre 2016, n. 220, in ordine alla composizione della nuova Commissione per la verifica della classificazione delle opere cinematografiche, si evidenzia che una rigida determinazione delle ‘quote’ di composizione dell’organo di verifica, così come prevista dall’art. 3 dello schema di decreto legislativo, oltre a produrre in via generale squilibri tra le professionalità interessate all’interno dell’organo medesimo, rischia di avere effetti incongrui rispetto allo stesso scopo perseguito, atteso che non in tutte le sottocommissioni sarà assicurata la presenza di un’eguale competenza giuridica, a differenza che per altre delle professionalità rappresentate (ivi compresa quella in materia di tutela degli animali, evidentemente ritenuta prioritaria rispetto a quelle giuridiche per ragioni non esplicitate).
Pertanto, si invita a valutare l’opportunità di modificare le previsioni sulla composizione della Commissione, se del caso rimettendo alla fonte regolamentare l’adozione di misure e accorgimenti idonei a far sì che in ciascuna sottocommissione sia assicurata la presenza di presenze e professionalità omogenee tra loro, e idonee in relazione alle specifiche opere da esaminare.
Consiglio di Stato atti norm., 06/11/2017, n.2286
Spettacoli e intrattenimenti pubblici
Nell’esercizio delle loro funzioni di polizia veterinaria e delle competenze riconosciute da altre fonti normative, i Comuni possono dettare norme volte ad assicurare adeguate condizioni di igiene e anche di tutela degli animali da maltrattamenti, senza tuttavia introdurre divieti generalizzati di spettacoli che sull’uso degli animali si fondino, perché ciò implicherebbe un insanabile contrasto con la legge n. 337 del 1968, che attraverso l’attività circense ammette proprio l’impiego di animali a fini di spettacolo (nella fattispecie, il Collegio giudicava che dalle esigenze di benessere degli animali esotici derivava la ragionevolezza del limite temporale, imposto dal Regolamento impugnato, dal 1º ottobre di ciascun anno fino al 30 marzo. Donde il rigetto del ricorso giurisdizionale).
T.A.R. Parma, (Emilia-Romagna) sez. I, 20/12/2016, n.363
Animali randagi
Il Consiglio di Stato in sede consultiva, su un ricorso straordinario al Capo dello Stato avente ad oggetto una questione simile a quella in esame, ha precisato che nessuna norma di legge fa divieto di alimentare gli animali randagi nei luoghi in cui essi trovano rifugio. Inoltre, la disposizione, rivolta alla popolazione locale tutta, recante il divieto di offrire alimenti agli animali randagi appare in contrasto con la legge quadro nazionale n. 281/91, dettata a prevenzione del randagismo e a tutela degli animali d’affezione.
T.A.R. Firenze, (Toscana) sez. II, 27/01/2015, n.129
Misure di tutela degli animali randagi
Il criterio distintivo tra l’istanza idonea a far emergere un dovere di provvedere e il mero esposto va ricercato nell’esistenza in capo al privato di uno specifico e rilevante interesse che sia idoneo a differenziare la sua posizione da quella della generalità degli amministrati (nel caso di specie, la ricorrente non ha sollecitato l’esercizio di una funzione o di un’attività tipicamente amministrativa — quale avrebbe potuto essere, ad esempio, la richiesta di adeguate misure di tutela degli animali randagi — bensì l’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria relative al contrasto dei reati concernenti il maltrattamento e l’abbandono degli animali, e cioè un’attività che, per definizione, non è svolta a tutela di interessi individuali, bensì a tutela di interessi afferenti alla generalità dei consociati).
T.A.R. Roma, (Lazio) sez. II, 06/02/2013, n.1282
Divieto di alimentare gatti randagi
Il provvedimento con il quale il sindaco del Comune ordina alla popolazione tutta di non offrire alcun alimento a gatti randagi, anche saltuariamente, contrasta sia con la l.reg. n. 60 del 1993 sia con la legge quadro nazionale n. 281 del 1991, dettata a prevenzione del randagismo e a tutela degli animali d’affezione (cfr. art. 2); tale divieto contrasta, altresì, con le linee guida regionali emanate dalla Giunta regionale del Veneto il 7 febbraio 2006 (v. DGRV n. 243/06) laddove è stabilito, all’art. 13 dell’Allegato A, che “ i gatti liberi e le colonie feline sono tutelati dal Comune ”.
T.A.R. Venezia, (Veneto) sez. III, 16/11/2010, n.6045
Secondo uno studio coordinato dall’Università di Portsmouth e pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, sembrerebbe che i cani e i gatti suscitano la nostra tenerezza perché, negli anni, stando con l’uomo, hanno imparato a usare l’espressione facciale e, in particolar modo, a muovere le sopracciglia. È proprio questa capacità di utilizzare la muscolatura facciale che darebbe loro la tradizionale espressione triste a cui noi riconduciamo un sentimento. La natura ha reso gli occhi – e dunque l’espressione – di questi animali via via, nei secoli, sempre più dolci e amorevoli, veri catalizzatori della nostra attenzione. L’anatomia facciale dei cani è, quindi, cambiata grazie all’esempio umano, favorendo una migliore comunicazione con l’essere umano, un compito in cui riescono benissimo.
Il codice penale punisce con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da cinquemila a trentamila euro chiunque, per crudeltà o senza necessità, provoca una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche. La pena è aumentata della metà se da questi fatti deriva la morte dell’animale. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi
l’abuso nell’uso del collare elettronico antiabbaio integra il reato di maltrattamento di animali, visto che ogni comportamento che produce sofferenze non giustificate nell’animale è idoneo a configurare il suddetto delitto
Un diritto degli animali è quello a non subire spettacolarizzazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali; le pene sono quella della reclusione da quattro mesi a due anni e la multa da tremila a quindicimila euro, con possibilità di aumento da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in relazione all’esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto per sé od altri ovvero se ne deriva la morte dell’animale
Gli animali hanno il diritto di non essere posti l’un contro l’altro per il mero diletto delle persone, le quali ad esempio organizzano tali spettacoli per guadagnare sulle scommesse clandestine: si tratta del divieto di combattimenti tra animali.
tra i diritti degli animali c’è anche quello a non essere abbandonati dai propri padroni: il divieto è ovviamente rivolto in special modo agli animali da affezione, cioè a quelli che abitualmente fanno da compagnia agli uomini. Il reato scatta solamente se a commettere l’abbandono è il proprietario formale dell’animale, ovvero colui che, pur non avendo dichiarato ufficialmente di possedere un animale (ad esempio, provvedendo all’iscrizione all’interno dell’anagrafe canina), lo ha tenuto in cattività o, comunque, se n’è abitualmente occupato.
Si tratta di violazione del diritto degli animali a vivere in un ambiente a loro adeguato quando il cane di grossa taglia è costretto a vivere in una cuccia di piccole dimensioni oppure quando più cani sono obbligati a vivere in un recinto striminzito.
Tra i comportamenti più gravi e riprovevoli dell’essere umano rientrano, senza dubbio, i maltrattamenti inflitti agli animali, siano essi domestici e d’affezione, ovvero selvatici. Eppure, sempre più spesso la cronaca riferisce di episodi di violenza ai danni degli animali, che divengono vittime di intollerabili ed incomprensibili soprusi e vessazioni da parte dell’uomo. L’incremento degli episodi di maltrattamento è ancora più inspiegabile se si pensa al fatto che oggi vi è nell’opinione pubblica una sensibilità verso il mondo animale assai maggiore rispetto al passato. Infatti, ormai è sempre più diffusa la consapevolezza dei benefici che la vicinanza agli animali comporta nella vita dell’uomo.
Quando scatta il reato di maltrattamenti di animali e quale è la disciplina normativa?
Il legislatore ha introdotto nel Codice penale una specifica disposizione, intitolata “Maltrattamento di animali” [2], che è stata inserita nell’ambito dei “Delitti contro il sentimento per gli animali”.L’attuale previsione punisce, nello specifico, chiunque, per crudeltà o senza necessità, provochi una lesione ad un animale ovvero lo sottoponga a sevizie o a comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche.È il caso di colui che usa violenza nei confronti del proprio animale domestico, ad esempio con calci o un bastone o un’arma, per costringerlo ad ubbidire ai comandi impartiti, per addestrarlo o, addirittura, semplicemente per placarne il guaito.Si pensi, inoltre, al soggetto che, per puro divertimento o scherno, costringe un animale in uno spazio angusto o talmente ridotto da non consentirgli alcun movimento, ovvero lo sottopone ad attività sfiancanti, insostenibili ed incompatibili con il suo essere. E’ chiaro che la disposizione normativa, nella sua attuale formulazione, mira a tutelare gli animali quali esseri viventi e senzienti.Si tratta, in altre parole, di esseri dotati di una propria sensibilità, sotto il profilo sia fisico che psichico, che sono quindi in grado di percepire dolore e sofferenza. La giurisprudenza ha difatti chiarito che i comportamenti sanzionati sono sia quelli che provocano una sofferenza fisica nell’animale, sia quelli che gli cagionano un patimento psicologico, ovvero dolore ed afflizione. Ciò significa che attualmente viene sanzionata anche la violenza che provochi nell’animale uno stato di sofferenza, a prescindere dal fatto che vi sia anche una lesione fisica. Infatti, nel reato di maltrattamento di animali, la lesione a cui si riferisce la norma altro non è che un’apprezzabile diminuzione della originaria integrità fisica o psichica dell’animale.La condotta violenta deve, cioè, determinare nell’animale una menomazione fisica o psichica, affinché chi si è reso responsabile della stessa possa risponderne penalmente. In altre parole, ai fini della ricorrenza del reato in esame, non occorre necessariamente che dalla lesione inflitta all’animale derivi una malattia, ma è sufficiente che diminuisca in maniera apprezzabile l’integrità e/o la funzionalità dello stesso ovvero di una parte del suo corpo o, ancora, delle sue capacità. Si pensi, in proposito, alla condotta di chi abusa nell’uso del collare coercitivo di tipo elettrico «antiabbaio».Anche in questa ipotesi la giurisprudenza ha ritenuto configurabile il reato di maltrattamento di animali, visto che, sebbene l’utilizzo di tale collare non necessariamente provochi una lesione propriamente intesa, il suo impiego si risolve comunque in un comportamento produttivo di sofferenze del tutto ingiustificabili e crudeli [7]. In una recentissima sentenza, peraltro, la Corte di Cassazione ha sancito che anche colui che taglia la coda ad un cane, senza che vi sia una indicazione medico-veterinaria in tale senso, incorre nel reato di maltrattamento di animali.Ciò in quanto l’amputazione della coda, se eseguita senza che vi sia una necessità medicalmente accertata, determina un’apprezzabile diminuzione della originaria integrità dell’animale ed anche una notevole menomazione funzionale dello stesso. Pertanto, costituisce ormai reato la condotta, da sempre tristemente diffusa, specie con riferimento ad alcune razze di cane, di amputazione della coda, se non dovuta ad esigenze di salute rilevate dal personale medico-veterinario competente.
Ho sentito parlare di “doping a danno degli animali”. ma di che si tratta?
Il legislatore ha previsto e sanzionato anche il cosiddetto “doping a danno degli animali”. Si tratta di un fenomeno, molto frequente nella prassi, che ricorre quando taluno somministra agli animali sostanze stupefacenti o, comunque, vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.Rientra, ad esempio, nel cosiddetto “doping a danno degli animali”, la condotta del soggetto che, al fine di migliorare il rendimento del proprio animale, somministra illegalmente allo stesso sostanze idonee ad incrementarne la prestazione nelle competizioni sportive o, addirittura, in quelle clandestine.In una recente sentenza, difatti, la Corte di Cassazione ha ritenuto ravvisabile il reato di maltrattamento di animali proprio nell’ipotesi di somministrazione di sostanze medicamentose ad un cavallo, senza prescrizione medica e con l’unica finalità di consentire all’animale di prendere parte ad una gara, alla quale non avrebbe potuto altrimenti partecipare. Con tale ultima previsione, il legislatore ha quindi voluto reprimere non soltanto le condotte idonee a provocare una lesione o ad alterare con violenza la natura degli animali tramite la somministrazione di sostanze vietate, ma anche, sia pure indirettamente, le competizioni clandestine e le scommesse ad esse collegate, nonché i combattimenti non autorizzati, già espressamente vietati in virtù di un’apposita disposizione normativa.
A quali sanzioni va incontro il responsabile di maltrattamenti di animali ? Questi soggetti senza cuore meritano di pagare!!!
Il legislatore è intervenuto nel 2010 ad inasprire la sanzione penale prevista per chi si rende responsabile di questo grave reato. Attualmente, infatti, la previsione punisce il responsabile del reato di maltrattamenti di animali con la pena della reclusione da 3 mesi a 18 mesi o con la multa da 5.000,00 euro a 30.000,00 euro.La pena è aumentata della metà nell’ipotesi in cui dalla condotta violenta sia derivata la morte dell’animale. Pertanto, questa ultima evenienza rappresenta una circostanza aggravante del reato in questione. In altri termini, qualora dalla violenza perpetrata derivi la morte dell’animale, allora il responsabile dovrà essere punito con una sanzione maggiore, in considerazione del più grave esito che l’azione ha determinato.
Il delitto di maltrattamento di animali rientra tra i reati procedibili d’ufficio.Ciò significa che il relativo procedimento penale prende avvio su autonoma iniziativa dell’autorità giudiziaria che ne sia venuta a conoscenza, senza che sia necessaria un’apposita denuncia da parte di terzi.Tuttavia, nella prassi, solitamente sono i privati o le associazioni animaliste, particolarmente sensibili a questa tematica, a rivolgersi all’autorità giudiziaria per segnalare e denunciare episodi di violenze e sevizie in danno degli animali, ai quali abbiano direttamente assistito o di cui abbiano avuto conoscenza.
Sono almeno 130 mila gli animali che vengono abbandonati ogni anno in Italia: 80 mila cani e 50 mila gatti, secondo le statistiche…Il picco degli abbandoni di animali si registra proprio nel periodo estivo, quando la partenza delle vacanze induce alcuni a liberarsi della presenza di un animale domestico, considerata scomoda e fastidiosa. Una vera e propria crudeltà, che espone gli animali abbandonati alla sofferenza ed al rischio di morire in incidenti o di stenti o per maltrattamenti; un comportamento riprovevole. Sono indignata!
Nelle case degli italiani ci sono almeno 7 milioni di cani e 7,5 milioni di gatti (ai quali vanno ad aggiungersi i tanti animali custoditi in canili o rifugi e quelli randagi), questo significa che ogni anno più di un cane su 100 e circa un gatto su 150 vengono abbandonati. Bisogna, però, aggiungere anche altri tipi di animali che vengono abbandonati con altrettanta facilità: uccelli, criceti, conigli, pesci e rettili, come le tartarughe; ma non si hanno statistiche che misurano il fenomeno.
È possibile prevedere dei divieti all’interno del regolamento condominiale? Esistono dei vincoli previsti dalla legge?
Chi per far contento i figli, chi per amore spropositato verso la specie, chi per volontariato: oramai, tutti in casa posseggono un cane, un gatto o un altro animale domestico. Mentre chi è più fortunato (economicamente) ha la possibilità di comprare una cuccia e tenere il proprio animale in giardino, non sono pochi i padroni che hanno casa in condominio e che sono, quindi, costretti a tenere i propri animali dentro. Alle volte, non puoi tenere a bada l’abbaiare del tuo cane e, per chi non ha un animale domestico, questo rumore può diventare davvero fastidioso. E così, i tuoi vicini si sono lamentati per la presenza dell’animale, all’interno del condominio… Cosa posso fare? Se un condomino ha iniziato a recriminare la presenza del mio cane all’interno del condominio, facendo forza su una disposizione del regolamento condominiale, devo preoccuparmi?
Non preoccuparti: tu e il tuo amico fidato potrete dormire sonni tranquilli. Se dopo che avrai spiegato le tue ragioni, il condomino e, in generale, l’assemblea condominiale non vuole risolvere la questione pacificamente, magari ponendo nel nulla quella disposizione regolamentare illegittima, allora non ti resta che agire in giudizio, davanti al tribunale competente, per far dichiarare la violazione di legge presente all’interno del regolamento.Ti occorrerà un avvocato che, per la questione, prepari un atto di citazione da notificare al condominio, con il quale contestare la parte del regolamento che dispone il divieto di tenere animali domestici in casa. Senza necessità di altri elementi, potrai mettere il giudice nella condizione di pronunciarsi in tuo favore e, così, evitare che i condomini possano recriminare la presenza del tuo animale nell’edificio.