L’Italia che produce colpita al cuore


I principali settori trainanti della nostra economia rischiano la paralisi a causa dell’emergenza coronavirus. Moda, turismo e meccanica in ginocchio.
Siamo solo a febbraio, ma per molti settori trainanti dell’economia italiana il 2020 finisce qui. E nel peggiore dei modi. A meno che qualcuno non ci metta una pezza. E quel qualcuno, ovviamente, deve essere il Governo: se non trovasse la medicina giusta, il coronavirus potrebbe portare molte imprese in agonia.
L’emergenza Covid-19 (più o meno giustificata che sia nelle sue proporzioni) ha spogliato l’Italia da uno dei suoi prodotti di eccellenza in tutto il mondo: la moda. Si parla di 65mila aziende tra tessile, pelle, pelletteria, calzature, abbigliamento ed accessori (gioielli, occhiali, cosmesi, ecc.). Oltre 90 miliardi di fatturato (90 miliardi) e 620mila addetti. Gli ordini dall’estero si sono bloccati, con conseguenze su piccole, medie e grandi imprese. La settimana milanese della moda, tra gli appuntamenti più in vista a livello internazionale che si tengono nella città meneghina, ha registrato un bagno di sangue da un punto di vista economico rispetto alle previsioni. Il presidente di Confindustria Moda e di Pitti Immagine, Claudio Marenzi, si appella a politici e amministratori: «Smettete di diffondere allarmi, ridimensionate ogni dichiarazione, abbassate i toni e lasciate da parte interessi personali o di partito».
Se il settore tessile-moda-abbigliamento sta pagando un prezzo altissimo per l’emergenza coronavirus, per il turismo va ancora peggio. Un milione di addetti che ogni anno produce il 5% del Pil. In poco tempo, è stato buttato via il lavoro di un anno intero. Il settore è fermo. La sospensione o il rinvio di grandi eventi e l’immagine da «untori» che si è diffusa all’estero ha provocato la cancellazione a raffica di prenotazioni. Gli alberghi milanesi sono in ginocchio, quelli veneziani affogati di nuovo dopo il recente disastro dell’acqua alta. Nel Lazio si parla del 90% di cancellazioni a marzo e di percentuali elevatissime fino a giugno. Non dà, certo, una mano il provvedimento che ha vietato le gite scolastiche ed i viaggi turistici. La ristorazione nelle regioni più colpite dai contagi aveva appeso i mestoli al chiodo. Forse, con l’allentamento delle restrizioni nel settore, riesce a mangiare e a dar da mangiare di più. Ma rischia finora di aver già perso 2 miliardi di euro e di dover mandare a casa 20mila lavoratori.
Proprio le gite scolastiche sospese, ma non solo, hanno spento il sorriso nei parchi divertimento e nei parchi a tema: un miliardo di euro di fatturato. Prima incassavano 10mila euro al giorno, ora – ben che vada – contano all’orario di chiusura non più di 400 euro. I circa 15mila lavoratori stagionali rischiano di dover trovare qualcosa da fare altrove. L’associazione di categoria chiede misure specifiche, dalla cassa integrazione straordinaria alle agevolazioni fiscali. E spera che i provvedimenti presi temporaneamente agli ingressi dei parchi, come i termoscanner per misurare la febbre e le colonnine igienizzanti a disposizione del pubblico, incoraggi i visitatori.
Si inceppa anche il settore meccanico nel Nord. Sono 6mila gli addetti di aziende lombarde intrappolati nelle ruote dentate del coronavirus. Le filiere, a cominciare dall’automotive, e le catene logistiche sono in difficoltà da settimane per il rallentamento delle forniture cinesi. Ma poi ci sono i problemi negli spostamenti per gli imprenditori e i commerciali. Piove sul bagnato, perché le aziende meccaniche già erano sottotono: nel 2019 la produzione era scesa del 3%, del 10% nel settore automotive.