Lavoro da casa: l’azienda può deciderlo da sola


Il decreto Conte del 1° marzo annulla fino a fine luglio l’obbligo di un accordo con il dipendente. Ma certe condizioni devono essere rispettate.
Fino allo scoppio dell’emergenza coronavirus, migliaia di lavoratori erano interessati dallo smart working, cioè dal lavoro flessibile da casa, senza che se ne parlasse più di tanto. Ora, con il pericolo di contagi nelle aziende, il fenomeno è diventato in certe zone praticamente obbligatorio. Se prima, affinché venisse attuato, c’era bisogno di un accordo tra il datore di lavoro e il dipendente, adesso, e fino al 31 luglio 2020, non è più così: sul lavoro da casa, l’azienda può decidere da sola. Ed in tutta Italia, non solo nelle zone più colpite dal Covid-19.
Lo ha stabilito il decreto del presidente del Consiglio dello scorso 1° marzo, firmato proprio nell’ambito dell’emergenza che ha messo in ginocchio il Paese. Il provvedimento, dunque, ha esteso sia l’ambito territoriale di validità sia l’arco temporale in cui un’impresa può decidere autonomamente di chiedere ai propri lavoratori di svolgere la loro attività lontano dall’ufficio.
La legge sul lavoro agile [1] sancisce che per applicare lo smart working c’è bisogno di un accordo individuale tra l’azienda ed il dipendente. Vincolo che è stato messo da parte dal decreto firmato da Giuseppe Conte l’altro ieri. Significa che, per tentare di ridurre al massimo il contatto diretto tra i lavoratori, i datori possono decidere da soli di far svolgere ai dipendenti la loro attività fuori dall’azienda.
Ciò nonostante, il titolare dell’impresa è tenuto a rispettare quanto disposto dalla legge sul lavoro agile. Inoltre, questo tipo di soluzione resta vincolata alle mansioni che il lavoratore deve svolgere, alla dotazione che può essere fornita al dipendente (per esempio un pc dotato di connessione ad Internet e dei software necessari per il suo lavoro), alle procedure, dotazioni e alla formazione in materia di sicurezza aziendale.
note
[1] Legge n. 81/2017.