Mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione.
Indice
Intensità della violenza e della minaccia
Ai fini dell’integrazione del delitto di violenza privata è necessario che la violenza o la minaccia costitutive della fattispecie incriminatrice comportino la perdita o, comunque, la significativa riduzione della capacità di autodeterminazione del soggetto passivo, il quale, per effetto della condotta dell’agente, assume un contegno (commissivo od omissivo) che non avrebbe assunto, ovvero, per la coartata sopportazione di una altrui condotta, che egli non avrebbe tollerato. L’elemento oggettivo del delitto di violenza privata è infatti costituito da una violenza o da una minaccia che abbiano l’effetto di costringere taluno a fare, tollerare od omettere una condotta determinata.
Tribunale Frosinone, 07/07/2021, n.1077
Violenza privata: mancata prova
Non integra il reato di violenza privata la condotta violenta e minatoria posta in essere dal prevenuto che, di fatto, non abbia alterato ovvero inciso sulla volontà della vittima in assenza di elementi probatori circa la determinazione della vittima di sospendere ovvero interrompere la propria attività proprio a seguito della condotta dell’imputato che abbia agito in presenza di una pluralità di persone che abbiano tutte patito la condotta invettiva.
Tribunale Nocera Inferiore, 18/06/2021, n.1096
Violenza privata tentata: casistica
Integra il reato di tentata violenza privata la condotta finalizzata a far desistere un avvocato dal proseguire l’azione esecutiva intentata ed allo svincolo del conto corrente bancario del prevenuto, perpetrata numerose telefonate dal tono minaccioso effettuate dalla debitrice esecutata, dal coniuge e dal di lei figlio, nonché presentandosi sotto l’abitazione della p.o. intimandola, con fare minaccioso, ad uscire e reiterando le predette richieste, costringendo la vittima a chiedere l’intervento delle forze dell’ordine. Reato non consumato per la sola opposizione della persona offesa.
Tribunale Nocera Inferiore, 16/06/2021, n.1078
Violenza privata: intento intimidatorio
Integra il reato di violenza privata la condotta minatoria tenuta dall’imputato, consistita nella minaccia di distruggere il locale ed al contempo mostrare un coltello, con il preciso intento intimidatorio, costringendo la vittima a tenere una condotta attiva, assecondando le richieste dell’imputato temendo per la propria incolumità.
Tribunale Vicenza, 27/05/2021, n.533
Violenza privata: configurabilità
L’attendere sull’uscio di casa il proprietario di casa ultrasettantenne impedendogli l’ingresso in casa ed al contempi minacciandolo di un male ingiusto (di dare fuoco all’abitazione) è una condotta che integra sia dal punto di visto oggettivo che soggettivo il reato di violenza privata. Il predetto reato, infatti, è integrato ogni qualvolta l’imputato mediante minacce e violenza (non necessariamente fisica) rivolta verso la persona offesa ovvero verso terzi, induca la vittima a tollerare o omettere qualcosa.
Tribunale Vicenza, 25/05/2021, n.372
Violenza privata e comportamenti penalmente irrilevanti
Ai fini dell’integrazione del delitto di violenza privata è necessario che la violenza o la minaccia realizzino la perdita o, comunque, la significativa compressione della libertà di azione o della capacità di autodeterminazione del soggetto passivo, essendo, invece, penalmente irrilevanti, in virtù del principio di offensività, i comportamenti che, pur astrattamente condizionanti, si rivelino in concreto inidonei a limitare la libertà del movimento o a condizionare il processo di formazione della volontà altrui.
Corte appello Lecce, 06/02/2021, n.1414
Minaccia reiterata o mediata
È configurabile il delitto di violenza privata nel caso di minaccia indiretta o mediata, rivolta a persona diversa dalla vittima, ad essa legata da vincoli di parentela o di affetto, quando vi sia certezza che l’intimidazione giunga a sua conoscenza. (Fattispecie relativa alla minaccia rivolta dall’imputato alla ex moglie e volta a costringere il compagno di questa a ritirare una denuncia).
Cassazione penale sez. V, 01/02/2021, n.9573
Violenza privata: elemento materiale
Impedire la mobilità di un utente della strada, sbarrandogli la strada con un’altra autovettura al fine di limitarne la libertà di movimento e costringerlo a subire una significativa riduzione della capacità di autodeterminazione del soggetto passivo, è una condotta materiale integrante il reato di violenza privata.
Tribunale Frosinone, 13/01/2021, n.1627
Il timore di ricevere un danno
Va rigettata la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria qualora il timore di ricevere danno appaia conseguenza di un mero conflitto interno alla famiglia/di carattere privatistico, al più, sfociato in fatti di violenza privata del tutto estranei al regime della protezione internazionale non essendovi alcuna ragione per escludere che le autorità competenti in patria siano in grado di assicurare adeguata tutela.
Tribunale Bari, 07/01/2020
Bloccare la corsa di un motociclo in marcia: integra violenza privata?
Integra l’ipotesi di violenza privata la condotta dell’imputato che compie atti idonei diretti in modo non equivoco a interromperne la marcia, sul motociclo che la persona offesa stava conducendo, non riuscendo nel suo intento perché questi, manovrando il mezzo, riesce a sottrarsi al tentativo di blocco.
Cassazione penale sez. V, 21/11/2019, n.16
Bloccare il passaggio alla persona offesa
Integra il delitto di violenza privata la condotta di colui che parcheggi la propria autovettura in modo tale da bloccare il passaggio impedendo l’accesso alla persona offesa, considerato che, ai fini della configurabilità del reato in questione, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e di azione.
Cassazione penale sez. V, 16/10/2019, n.51236
Violenza privata: quali sono i comportamenti irrilevanti?
Ai fini dell’integrazione del delitto di violenza privata è necessario che la violenza o la minaccia realizzino la perdita o, comunque, la significativa compressione della libertà di azione o della capacità di autodeterminazione del soggetto passivo, essendo, invece, penalmente irrilevanti, in virtù del principio di offensività, i comportamenti che, pur astrattamente condizionanti, si rivelino in concreto inidonei a limitare la libertà di movimento o a condizionare il processo di formazione della volontà altrui
(Fattispecie in cui la Corte ha escluso la sussistenza del reato nella condotta dell’imputato che, avendo avvicinato il figlio, che si trovava su uno scooter, per esprimergli rimostranze, aveva posizionato la propria bicicletta in modo da impedire allo stesso di allontanarsi, in considerazione la facile amovibilità del mezzo e per la possibilità della vittima di allontanarsi in una diversa direzione).
Cassazione penale sez. V, 01/07/2019, n.40485
Condanna per violenza privata
Non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso di condanna per il reato di violenza privata a fronte della contestazione del delitto di rapina, trattandosi di figure criminose che hanno in comune l’elemento della minaccia o della violenza nei confronti della vittima, funzionali al conseguimento dello scopo avuto di mira dall’agente.
Cassazione penale sez. V, 21/06/2019, n.43563
Fatti di violenza privata estranei al regime della protezione internazionale
Non può essere riconosciuta la protezione sussidiaria qualora il timore di ricevere danno appare conseguenza di un mero conflitto interno alla famiglia, al più sfociato in fatti di violenza privata del tutto estranei al regime della protezione internazionale, non essendovi alcuna ragione per escludere che le autorità competenti in patria siano in grado, ove occorra e in caso di rimpatrio, di assicurare adeguata tutela al richiedente.
Tribunale Bari, 11/06/2019
Minaccia posta in essere dall’agente
Si configura il delitto di violenza privata, e non quello di estorsione, nel caso in cui la minaccia posta in essere dall’agente abbia ad oggetto la richiesta di riassunzione presso un cantiere di lavoro dal quale era stato precedentemente licenziato atteso che tale minaccia, pur essendo diretta al conseguimento di un ingiusto profitto, non arreca alcun danno ingiusto alla vittima, che dovrebbe retribuire l’attività lavorativa che si intende effettivamente prestare, ma si limita a comprimerne l’autonomia contrattuale con l’imposizione di una posizione lavorativa regolare.
(In motivazione la Corte ha precisato che la c.d. “domanda di lavoro”, anche se posta in essere con modalità intimidatorie, volta allo svolgimento di regolare attività lavorativa si distingue dalla “guardianie” imposte dal crimine organizzato per attuare un concreto controllo del territorio).
Cassazione penale sez. II, 17/05/2019, n.27556
Reato di atti persecutori e violenza privata: differenze
In tema di dolo nel reato di atti persecutori è sufficiente che il soggetto si rappresenti anche solo una delle condotte la cui potenzialità e quella di cagionare nella persona offesa un perdurante grave stato di ansia e paura mentre, nel reato di violenza privata si connota con più episodi tali da raffigurare il reato continuato poiché l’evento della costrizione deve essere rappresentato dall’agente in ogni condotta.
Tribunale Terni, 08/05/2019, n.517
Configurabilità del tentativo di violenza privata
Ai fini della configurabilità del tentativo di violenza privata, non è necessario che la minaccia abbia effettivamente intimorito il soggetto passivo determinando una costrizione, ancorché improduttiva del risultato perseguito, ma è sufficiente che essa sia idonea ad incutere timore e sia diretta a costringere il destinatario a tenere, contro la propria volontà, la condotta pretesa dall’agente.
(Nella specie, la Corte ha ritenuto configurabile il tentativo di violenza privata nella condotta della moglie separata che, per costringere il marito a non chiedere la modifica delle condizioni della separazione, aveva minacciato di impedirgli gli incontri con il figlio).
Cassazione penale sez. V, 06/05/2019, n.34124
Quando non ricorrono gli estremi del reato di violenza privata?
Non integra gli estremi del reato di violenza privata la condotta preordinata a far desistere altri da un’azione illecita, in quanto la condotta che si assume impedita con violenza o minaccia, ad opera di un terzo, deve esprimere una lecita modalità di esplicazione della personalità. (Fattispecie in tema di ostruzione dell’area di accesso carrabile ad una proprietà privata, in cui la Corte ha demandato al giudice del rinvio la verifica della legittimità dell’accesso che la condotta dell’imputato aveva inteso impedire).
Cassazione penale sez. V, 29/04/2019, n.22853
Violenza privata in condominio
Commette il reato di violenza privata il condomino che strappa la pagina del verbale di assemblea che approva nuovi lavori condominiali e la ingoia, “rendendola inservibile”.
Cassazione penale sez. V, 24/04/2019, n.34800
Delitto di violenza privata: può concorrere con quello di atti persecutori?
È configurabile il concorso tra il delitto di violenza privata e quello di atti persecutori, non sussistendo tra di essi un rapporto strutturale di specialità unilaterale ai sensi dell’art. 15 c.p., dal momento che il delitto di cui all’art. 612-bis c.p., diversamente dal primo, non richiede necessariamente l’esercizio della violenza e contempla un evento – l’alterazione delle abitudini di vita della vittima – di ampiezza molto maggiore rispetto alla costrizione della vittima ad uno specifico comportamento, che basta ad integrare il delitto previsto dall’art. 610 c.p.
(In motivazione, la Corte ha precisato che neppure impiegando il criterio della “specialità reciproca per specificazione” potrebbe pervenirsi all’assorbimento del delitto di violenza privata in quello di atti persecutori, sussistendo al più tra le due fattispecie astratte, in ragione di quanto detto, un rapporto di “specialità reciproca per aggiunta”).
Cassazione penale sez. V, 18/04/2019, n.22475
Nei cortili e negli spazi privati – ad esempio, all’interno dei garage condominiali – non è possibile chiamare il carroattrezzi né la polizia: le violazioni del Codice della strada possono essere contestate infatti solo sulla strada aperta al traffico e, perciò, pubblica. Che fai allora se uno dei tuoi vicini di casa o un estraneo dovesse parcheggiare in modo tale da non farti entrare o uscire dal tuo parcheggio o dal box auto? Come potresti difenderti se, dopo aver atteso 10 minuti con il clacson spianato e aver disturbato tutto il rione, nessuno dovesse presentarsi a rimuovere il mezzo?
La violenza privata limita la libertà di autodeterminazione della vittima. ma cos’è e in quali casi costituisce reato?
Pensa al caso di chi parcheggia davanti al cancello di casa altrui o davanti alla serranda del garage o sul passo carrabile o dinanzi alla sbarra del cortile condominiale. Pensa anche a chi lascia la propria macchina accanto a un’altra, parcheggiata sulla stessa fila, ma talmente stretta da impedire al proprietario di quest’ultima di aprire lo sportello del conducente per accedervi; è vero: il proprietario potrebbe anche salire dal lato passeggero, ma non tutti sono in grado di compiere questa manovra ed esistono non poche macchine, peraltro, che hanno l’abitacolo stretto o automobilisti che hanno una corporatura robusta, che impedisce loro manovre agili.
Ebbene, in tutti questi casi, è possibile sporgere querela ai carabinieri o alla polizia per il reato di violenza privata.
Perché proprio la «violenza privata»? Perché, se si legge la norma contenuta nell’articolo 610 del Codice penale, la legge punisce chi, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualcosa. E, di certo, chi ti blocca il passaggio ti costringe a interrompere ciò che stavi facendo. È un atto di violenza forzata, contro il quale non puoi ribellarti. La norma stabilisce poi una pena della reclusione fino a 4 anni.
A riguardo, la Corte ha affermato due importanti principi:
il reato scatta anche per pochi minuti: non conta quanto tempo duri la violenza, ma il semplice fatto che il comportamento sia stato realizzato;
il reato scatta sia nel caso in cui la condotta sia stata posta in malafede (dolo), con l’intento di dar fastidio, sia con colpa, ossia ignorando di aver bloccato il passaggio.
Secondo la giurisprudenza, la violenza privata si identifica con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e di azione la vittima. Ad esempio, si pensi a chi afferra e trattiene qualcuno per le spalle, impedendogli di allontanarsi.Per capire ancora meglio cosa significa violenza privata, si prenda il classico esempio di chi parcheggia la propria autovettura in modo tale da bloccare il passaggio, impedendo così all’altra parte di muoversi. Ebbene, anche in questo caso la Corte di Cassazione ha ravvisato il delitto di violenza privata, in quanto il requisito della violenza si identifica in qualsiasi condotta volta a privare l’offeso della libertà di determinazione e di azione.Continuando con le esemplificazioni “automobilistiche”, commette il reato di violenza privata anche chi, nel corso di una lite per motivi di viabilità stradale, si appropri delle chiavi di avviamento del motore dell’auto dell’atra parte, così impedendo a quest’ultima di riprendere la marcia. Anche in questa circostanza, secondo i giudici, la vittima subisce una limitazione della sua libertà di autodeterminazione.Integra altresì il reato di violenza privata la condotta del conducente che compie deliberatamente manovre insidiose al fine di interferire con la guida di un’altra persona, realizzando così una privazione della libertà di azione della vittima.Infatti, il reato di violenza privata sussiste anche quando la vittima è posta di fronte all’alternativa di non muoversi o di muoversi col pericolo di arrecare danno ad altri, anche qualora, in quest’ultimo caso, si trattasse del reo stesso: è il caso di chi, per impedire che il guidatore di un’autovettura proceda liberamente, si sieda sul cofano o si ponga davanti ad essa, costringendo così il guidatore a fermarsi.La giurisprudenza ha ravvisato il delitto di violenza privata in condotte molto diverse tra loro. Ad esempio, può sussistere il reato di violenza privata anche quando si obbliga taluno a firmare un documento. La Corte di Cassazione ha detto che colui che, avendo trovato in casa un uomo in intimo colloquio con la moglie, costringe costui, con minacce, a rilasciargli una dichiarazione scritta nella quale confessa di essere l’amante della donna, costituisce il reato di violenza privata, poiché non esiste un obbligo giuridico a riconoscersi colpevole
Da tutti gli esempi sopra citati si evince che sussiste il reato di violenza privata ogni volta che la libertà di qualcuno venga limitata. Questa libertà può essere intesa sia come libertà di movimento (quindi di potersi spostare a proprio piacimento, di poter muover il proprio corpo anche all’interno di ridotti spazi), sia come libertà morale o di pensiero (cioè di poter esprimere la propria opinione o il proprio volere).
Scatta il reato di violenza privata tutte le volte in cui un soggetto minacci un altro, anche se non in modo esplicito, ma semplicemente con allusioni. Tali allusioni possono consistere in qualsiasi tipo di comportamento (con parole, gesti o impercettibili cenni e atteggiamenti). L’importante è che ricorrano le seguenti due condizioni:
– tale comportamento sia tale da incutere timore e suscitare preoccupazioni, nella vittima, di un danno ingiusto. A riguardo, si terrà a riferimento il parametro dell’uomo comune; per cui se la vittima sia particolarmente “predisposta” a spaventarsi anche in presenza di circostanze che, obbiettivamente, non possano considerarsi pericolose, non potrà scattare il reato;
– proprio mediante tale intimidazione la vittima sia indotta a fare, tollerare o ad omettere qualcosa.
Sanzionata penalmente la condotta di chi parcheggia la propria autovettura in modo tale da bloccare il passaggio, impedendo al proprietario del garage di entrare o uscire dal proprio box.Impedire a un’auto di entrare o di uscire dal proprio garage, bloccandole il passaggio con la propria vettura, non è solo un gesto di inciviltà e di egoismo, ma integra anche un reato, in particolare quello di violenza privata
Chiudere la strada a un’altra macchina in modo da costringerla ad accostare, per non farla passare e sbarrarle il passaggio; strattonare l’ex fidanzata dall’auto o spingervela con forza dentro, oppure accelerare per non farla scendere dal veicolo; parcheggiare rasente allo sportello di una macchina accanto in modo da impedire al proprietario di entrarvi o dinanzi al cancello di una villa impedendovi l’accesso al legittimo titolare. Sono tutte condotte che possono integrare un illecito penale. Difatti, costringere qualcuno a fare qualcosa è violenza privata.
Il reato di violenza privata può tradursi non solo in minacce verbali, ma anche in atteggiamenti idonei ad incutere timore e a suscitare la preoccupazione del soggetto passivo di subire un danno ingiusto, con lo scopo di indurlo a fare, tollerare o non fare qualcosa che stava prima facendo.
Qual è la differenzia tra violenza privata e minaccia?
Rientra nella violenza privata la condotta di chi, ricorrendo a violenza o minaccia, costringa la vittima a fare, tollerare od omettere qualcosa. La violenza, dunque, consiste in un comportamento idoneo a costringere psichicamente ovvero fisicamente la vittima, conducendola ad agire in una determinata maniera. Diversamente, per la minaccia è sufficiente – trattandosi di un reato di pericolo – che l’autore eserciti genericamente un’azione intimidatoria, seppur fine a se stessa. Il fattore distintivo tra le due figure criminose, pertanto, risiede, più che nella condotta, nell’intenzione, caratterizzata – esclusivamente nell’ipotesi della violenza privata – da un qualcosa in più, ossia dalla finalità perseguita, da parte del reo, di ottenere dal soggetto passivo il comportamento coartato.
Scatta il reato di violenza privata tutte le volte in cui un soggetto minacci un altro, anche se non in modo esplicito, ma semplicemente con allusioni. Tali allusioni possono consistere in qualsiasi tipo di comportamento (con parole, gesti o impercettibili cenni e atteggiamenti). L’importante è che ricorrano le seguenti due condizioni:
– tale comportamento sia tale da incutere timore e suscitare preoccupazioni, nella vittima, di un danno ingiusto. A riguardo, si terrà a riferimento il parametro dell’uomo comune; per cui se la vittima sia particolarmente “predisposta” a spaventarsi anche in presenza di circostanze che, obbiettivamente, non possano considerarsi pericolose, non potrà scattare il reato;
– proprio mediante tale intimidazione la vittima sia indotta a fare, tollerare o ad omettere qualcosa.
Il delitto di violenza privata tutela la libertà morale, quale facoltà di autodeterminarsi. In particolare, la norma del codice penale punisce chiunque costringa altri a fare, tollerare o omettere qualche cosa, attraverso l’uso della violenza o della minaccia.Soggetto passivo può essere chiunque.La violenza consiste in qualsiasi uso della forza fisica e di qualsiasi mezzo, esclusa la minaccia, idoneo a esercitare una coazione della libertà della vittima.La minaccia, invece, consiste nella prospettazione di un male futuro ingiusto, il cui verificarsi dipende dalla volontà del soggetto agente.Il delitto si consuma nel momento in cui la vittima è costretta a fare, tollerare o omettere qualche cosa.Si può configurare il tentativo.