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Privacy tra genitori e figli

23 Marzo 2020 | Autore:
Privacy tra genitori e figli

Un genitore può controllare le chat su WhatsApp e il telefono cellulare del figlio? Lo smartphone è al sicuro dal padre e dalla madre?

Esiste una privacy tra genitori e figli? Padre e madre hanno il potere di controllare le chat su WhatsApp del figlio per vedere con chi parla, quali discorsi intrattiene con i compagni, quali messaggi scrive, quali fotografie invia o riceve (anche se personali)? Cosa può fare un figlio se si accorge che il suo smartphone è sotto il controllo dei genitori? Queste stesse domande sono state poste, di recente, al tribunale di Caltanissetta [1], chiamato a decidere sostanzialmente su una questione assai delicata: il genitore deve controllare il figlio che usa WhatsApp? Ecco qual è stata l’interessante risposta data dai magistrati siciliani.

Esiste una privacy tra genitori e figli?

Il tema della privacy è di moda. Il recente regolamento europeo sulla tutela dei dati personali, il cosiddetto GDPR (General Data Protection Regulation), ha fatto comprendere quanto il legislatore abbia a cuore il rispetto della sfera privata del cittadino nella nuova era dell’informazione. Ciò nonostante è sempre molto difficile delineare i contorni di un diritto che, spesso, trova limiti nell’esercizio di altrui poteri. Poteri come quello dei genitori. A questi ultimi la legge attribuisce un vero e proprio obbligo di educare i figli e controllarli, anche per escludere la propria responsabilità in caso di condotte lesive degli altrui diritti. 

Se è vero allora che padre e madre sono tenuti a impartire una corretta educazione ai figli e che, in caso contrario, sono obbligati a risarcire i danni da questi prodotti, esiste una privacy tra genitori e figli? Può un genitore controllare lo smartphone del figlio? E che cosa rischia se non lo fa? Se, ad esempio, un ragazzino non ancora maggiorenne dovesse usare il cellulare per compiere atti di bullismo o molestie verso un compagno di scuola, al padre e alla madre informati di tale fatto è consentito sequestrare il suo smartphone per vedere cosa fa e per impedire che commetta un crimine?

Leggi sul punto Posso leggere le chat dei figli? e Posso controllare le attività di mio figlio sullo smartphone?

Come ricorda il tribunale di Caltanissetta, i genitori sono chiamati a educare i loro figli a un corretto utilizzo dei mezzi tecnologici e a porre in essere una vigilanza attiva per evitare che usandoli danneggino se stessi o altri. 

È vero: c’è una progressiva diffusione degli strumenti telematici nella comunicazione tra i giovani; ed è anche vero che proprio il GDPR fissa a 13 anni l’età in cui un bambino può aprire un account su un social (limite che l’Italia ha elevato a 14 anni). Ma è anche vero che l’uso improprio di tali strumenti implica dei pericoli per l’utente e le persone che gli stanno attorno: primi tra tutti i compagni di classe, gli amici e quindi i genitori. 

L’utilizzo del cellulare – ammette il tribunale di Caltanissetta – costituisce esercizio del diritto di libertà e di espressione che il minore possiede già dalla nascita, diritto non subordinato alla maggiore età. Egli ha, quindi, il diritto di ricevere e comunicare informazioni e idee. In particolare, il diritto all’informazione e alla comunicazione costituisce un interesse fondamentale della persona umana; tale libertà, a livello sovranazionale, è tutelata dall’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tanto è vero che, secondo la nostra giurisprudenza, nell’obbligo di mantenimento che i genitori separati hanno nei confronti dei figli, è compresa anche la possibilità di garantire loro l’accesso ai mezzi di comunicazione (una rete internet, un cellulare, un computer). 

Questo diritto dei giovani, però, trova un limite nella tutela della dignità della persona, in particolare se questa è minore di età. I minori, infatti, sono soggetti deboli, e in quanto tali necessitano di una speciale tutela, non avendo ancora raggiunto un’adeguata maturità ed essendo ancora in corso il processo relativo alla loro formazione [2]. In tale bilanciamento di valori, tra la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela dei minori, fondamentale è il ruolo educativo dei genitori.

Non solo, quindi, il genitore è tenuto a controllare il cellulare del figlio, ma addirittura se non lo fa può essere ritenuto responsabile; il fatto di sapere che il proprio figlio è accusato di comportamenti che possono essere fonte di danni per terzi e, ciò nonostante, non attivare delle forme di supervisione sul cellulare, può essere indice di una scarsa educazione e vigilanza, con conseguente responsabilità risarcitoria dei genitori. Come evidenziato da altra giurisprudenza, «il dovere di vigilanza dei genitori deve sostanziarsi in una limitazione sia quantitativa che qualitativa di quell’accesso, al fine di evitare che quel potente mezzo, fortemente relazionale e divulgativo, possa essere utilizzato in modo non adeguato da parte dei minori» [3].

Peraltro, oltre al dovere di controllo, i genitori hanno un ulteriore dovere morale e legale: quello di tutelare i propri figli, specialmente quelli ancora minorenni. Lo ha ribadito qualche tempo fa il tribunale di Milano con una sentenza in cui ha sancito che «i genitori sono tenuti a controllare che i figli abbiano assimilato l’educazione impartita loro» [4]. Questo legittima il padre o la madre a leggere le chat dei figli? Così com’è pronunciata la sentenza, sì.

La responsabilità dei genitori e dei figli

Per concludere l’argomento dobbiamo ricordare fino a che età i genitori sono responsabili dei figli. 

Innanzitutto, la responsabilità del padre e della madre non è mai di tipo penale: questi non possono cioè andare in galera o pagare multe per crimini commessi dal minore. Di questi risponde solo il figlio, a patto che abbia compiuto almeno 14 anni. Da 14 anni in su, il minore è “imputabile” ossia risponde dei reati (viene però processato dal tribunale dei minorenni). Da 13 anni in giù invece, né lui, né il padre e la madre subiscono conseguenze penali. 

La responsabilità dei genitori è, quindi, solo di carattere civile, ossia risarcitoria. Per i danni – conseguenti da illeciti civili o penali – rispondono dunque il padre e la madre, dovendo risarcire la vittima dell’illecito, a meno che non dimostrino di aver impartito al figlio una corretta educazione, facendo di tutto per evitare che questi commettesse l’illecito. 


note

[1] Trib. Caltanissetta, sent. dell’8.10.2019.

[2] Cass. sent. n. 19069 del 5.09.2006.

[3] Trib. Teramo, sent. del 16.01.2012.

[4] Trib. Milano sent. del 16.12.2009.

Autore immagine Pixabay.com 


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