Le misure anticontagio impattano sui bilanci degli enti locali. Il presidente Anci: “Si rischia il collasso dell’unica istituzione di prossimità del Paese”.
Non ci pensiamo mai, ma i Comuni altro non sono che piccole aziende, con un bilancio fatto di entrate e di uscite. Ebbene: il coronavirus rischia di mandarli in default, cioè in fallimento. Sono numerosi i sindaci che stanno lanciando l’allarme, a cominciare dal primo cittadino di Firenze Dario Nardella, ai microfoni di Skytg24: “Abbiamo una cassa che ci consente di andare avanti tre o quattro mesi. Poi andremo in default se non arriva un piano di aiuti”.
Perché gli aiuti alla popolazione, finora, sono consistiti anche nella sospensione del pagamento delle tasse comunali da parte di numerose giunte. Qualche esempio? Tari, occupazione di suolo pubblico, canoni per i mercati e gli impianti sportivi, incassi dei parcheggi, multe, rette degli asili, mense scolastiche e poi la tassa di soggiorno, che risente del turismo azzerato. Una grossa fetta di introiti comunali che se n’è andata.
La preoccupazione dell’Anci
Lo ha ben sintetizzato il presidente dell’Associazione Nazionale Comuni italiani (Anci), Antonio Decaro, in una lettera al presidente del consiglio Giuseppe Conte e al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Il testo è riportato dalla nostra agenzia di stampa Adnkronos: “Maggiori oneri, entrate ridotte avranno un impatto sui nostri bilanci, approvati e in corso di approvazione – scrive Decaro -. Un quadro che, non vi nascondo, allarma me e i miei colleghi: il Paese rischia il collasso dell’unica istituzione di prossimità sul territorio nazionale”.
Lettera che è anche una disamina dei contenuti del decreto “Cura Italia” che, secondo Decaro, “non contiene quel che è indispensabile ai Comuni, settore in crisi, al pari dei settori economici più esposti alle conseguenze dell’emergenza. Vediamo diminuire già in queste settimane il nostro ‘fatturato’: basti pensare alla crisi drammatica del trasporto pubblico locale”. Un ‘fatturato’ dal quale dipendono i servizi ai cittadini.
Decaro ha qualche idea per tamponare questa crisi dei municipi: “Lo Stato anticipi il pagamento del Fondo di Solidarietà Comunale (Fsc) e altre spettanze pagandole subito e per intero. Abbiamo poi elaborato quattro proposte normative indifferibili e indispensabili per la sopravvivenza del sistema: destinare un miliardo per le spese di questo semestre con l’istituzione di un tavolo tecnico per concordare su come dimensionare e sostenere gli equilibri; liberare ulteriori quote di avanzo di amministrazione, estendendole agli enti in disavanzo; abbattere al 60% l’obbligo di accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità che significa liberare risorse di spesa corrente per 5 miliardi di euro; estendere la sospensione delle rate dei mutui alla Cassa depositi e prestiti”.
Un buco potenziale di 3 miliardi di euro
Il problema, che assume le fattezze di una vera e propria sfida, è come sostenere i cittadini e le attività produttive senza scaricare i costi sulle casse degli enti locali. Per il Sole 24 Ore, che ne ha scritto oggi, sui Comuni è in arrivo una stangata da 3 miliardi di euro, sotto forma di mancati introiti difficilmente evitabili: la perdita è una diretta conseguenza delle misure di contenimento del virus.
“Il governo studia di allargare agli altri tributi locali la sospensione degli obblighi fiscali avviata con il decreto marzo. Lo stop – si legge ancora sul Sole, nell’articolo a firma di Gianni Trovati – potrebbe arrivare con un emendamento nella legge di conversione, a patto di risolvere nella stessa norma il problema di liquidità degli enti locali che rischia di diventare serissimo”.