Separazione e divorzio: che succede ai soldi depositati in banca se la coppia è in comunione o in separazione dei beni.
Che fine fa il conto corrente cointestato in caso di separazione? Immaginiamo una coppia, marito e moglie, che dopo un periodo di turbolenze, decida di sciogliere definitivamente il matrimonio. I due, quando erano ancora sposati, avevano un conto corrente cointestato, che ora andrà diviso. Lei ne vorrebbe metà, il marito invece vorrebbe tenere per sé tutta la somma, principalmente alimentata dal proprio lavoro. Chi dei due la spunterà?
Per stabilire le regole sulla divisione del conto corrente cointestato in caso di separazione non bisogna tanto soffermarsi sul regime patrimoniale prescelto dai coniugi – se di separazione o comunione dei beni – quanto piuttosto sulla provenienza del denaro accreditato in banca. È da questo elemento che si può stabilire se la giacenza va divisa o meno per quote uguali.
Ecco allora tutto ciò che c’è da sapere.
Indice
Conto corrente personale: che fine fa in caso di separazione?
Di norma, tutti i soldi che i coniugi hanno risparmiato durante il matrimonio e che sono accreditati sui conti correnti personali devono essere divisi solo in caso di coppia in regime di comunione dei beni. Non importa se si tratta dei guadagni del rispettivo lavoro.
Roberto e Raffaella sono spostati in comunione dei beni. Ciascuno dei due ha un proprio lavoro e un conto corrente in cui viene accreditato lo stipendio. All’atto della separazione, i depositi in banca dovranno essere divisi in parti uguali.
Invece, nel caso di coppia in separazione dei beni, i conti non vengono toccati e ciascuno dei due coniugi continua ad essere titolare del proprio denaro anche dopo la separazione.
Jacopo e Romina sono sposati in separazione dei beni. Ciascuno dei due ha un proprio lavoro e un conto corrente. I soldi ivi accreditati, in caso di separazione, non devono essere divisi.
Conto corrente cointestato: che fine fa in caso di separazione?
Il conto corrente che nasce, già all’origine, cointestato si presume essere di proprietà di entrambi i coniugi per pari quote, ossia al 50% a testa, salvo patto contrario. Ciò è tanto vero che, se uno dei due coniugi preleva dal conto più della propria metà può essere costretto dall’altro alla restituzione del denaro eccedente la rispettiva quota.
Se il conto viene cointestato in un momento successivo alla sua costruzione, tale decisione è inquadrabile come una donazione del 50% del denaro depositato. Da quel momento in poi, dunque, ciascuno dei due comproprietari può spendere o prelevare non più della propria metà, salvo l’obbligo di ricostituire la provvista bancaria se ne utilizza di più (proprio come nel caso precedente).
Il conto corrente cointestato, alla fine del matrimonio, va diviso quindi in parti uguali. E ciò a prescindere dal fatto che la coppia fosse in regime di comunione o separazione dei beni. Ciò perché è proprio la stessa cointestazione che fa nascere la comunione sui soldi lasciati in banca.
Francesca e Rino si separano. I due, il giorno dopo il matrimonio, avevano aperto un conto in banca ove far affluire i rispettivi risparmi, da destinare alla gestione domestica. Al momento della separazione, sul conto ci sono 5.000 euro. Il giudice, disponendo la divisione del conto, assegnerà a ciascuno dei due 2.500 euro. Se però dovesse risultare che Francesca, qualche settimana prima della separazione, aveva prelevato dal conto più della metà, allora potrà essere condannata a restituire a Rino la sua parte.
Conto corrente falsamente intestato: che fine fa alla separazione?
Come si era detto in apertura, bisogna fare un discorso diverso nel caso di conto corrente cointestato ove la cointestazione sia una semplice simulazione, determinata dalla necessità di garantire a un’altra persona la possibilità di gestire le spese domestiche. È il tipico caso del conto corrente alimentato con redditi di un solo coniuge. In tal caso, quest’ultimo, dimostrando la provenienza unilaterale del denaro, potrà evitare la divisione del conto corrente al momento della separazione solo se la coppia era sposata in regime di separazione dei beni.
Mario e Renata decidono di separarsi. I due, che avevano a suo tempo optato per la separazione dei beni, sono cointestatari di un conto corrente sul quale è sempre stato accreditato lo stipendio di Mario. Renata, invece, è una casalinga. Mario, dimostrando che il denaro in banca è solo il frutto del proprio stipendio, riuscirà ad evitare la divisione dei risparmi accumulati.
Questo ovviamente prescinde poi dall’ammontare di un eventuale assegno di mantenimento che il giudice potrebbe disporre in favore del coniuge più debole. Così, se dovesse risultare che la moglie non ha un proprio reddito e non è in grado di procurarselo, proprio la consistenza del patrimonio del marito potrà definire l’ammontare degli alimenti da versare alla ex.
Diverso è il discorso della coppia in comunione dei beni. Qui, infatti, anche la cointestazione fittizia non impedisce la divisione a metà dei soldi in banca, rientrando nella prima delle regole che abbiamo qui descritto (quella della divisione del conto personale, intestato a un solo coniuge, sposato in regime di comunione dei beni).
Nell’esempio di poc’anzi, se Mario e Renata sono sposati in regime di comunione dei beni, i soldi sul conto cointestato vanno divisi tra i due nonostante la provenienza unilaterale del denaro dal lavoro del marito.
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