Coronavirus: a quali temperature si diffonde la pandemia?


L’effetto meteo esiste. Anche i virus hanno il loro clima prediletto. Il virus Sars-CoV-2 sembra preferire il freddo secco. Sulla base del ‘meteo’, Covid-19 potrebbe correre in Sudamerica, Sudafrica, Australia e Nuova Zelanda.
Da uno studio condotto su scala globale da un team di scienziati italiani emerge che “l’epidemia cresce più rapidamente a temperature medie di circa 5°C ed umidità medio-bassa (compresa tra 0.6 e 1.0 kilopascal)”. Il lavoro porta la firma di Francesco Ficetola e Diego Rubolini, ricercatori del Dipartimento di scienze e politiche ambientali dell’università Statale di Milano ed è stato da poco reso disponibile come ‘preprint’ sulla piattaforma medRxiv. Gli autori hanno analizzato le relazioni tra incremento dei casi di Covid-19 e condizioni climatiche, come riporta una nota stampa dell’Adnkronos.
In climi molto caldi e umidi caratteristici di alcune zone tropicali, l’epidemia sembra diffondersi molto più lentamente, anche se nessuna area popolata del mondo sembra essere completamente inidonea alla diffusione della patologia. In generale, spiegano gli esperti, le condizioni meteorologiche e climatiche hanno un ruolo molto importante nell’influenzare l’andamento delle epidemie, come dimostrato da numerosi studi condotti sulle malattie influenzali. Per esempio, i virus influenzali si diffondono meno e sono meno persistenti nell’ambiente in climi caldo-umidi.
E’ pertanto verosimile, hanno ipotizzato gli studiosi, che i fattori climatici influenzino anche la progressione della pandemia di Covid-19 attualmente in corso, causata dal virus Sars-CoV-2.
Coronavirus: quale potrebbe essere l’area in cui colpirà di più nei prossimi mesi?
Scoprendo il ‘meteo del coronavirus‘ è possibile ipotizzarlo e disegnare delle vere e proprie mappe che prevedono il suo viaggio. Mappe che evidenziano come “vaste aree dell’emisfero australe, tra cui America meridionale, Sud Africa, Australia e Nuova Zelanda, presenteranno verosimilmente condizioni ambientali molto favorevoli a una rapida crescita dell’epidemia nei prossimi mesi, in assenza di misure contenitive”. A spiegarlo sono gli scienziati dell’università degli Studi di Milano, Francesco Ficetola e Diego Rubolini, autori di uno studio sulle relazioni tra incremento dei casi di Covid-19 e condizioni climatiche, disponibile come ‘preprint’ sulla piattaforma medRxiv.
Gli esperti del Dipartimento di scienze e politiche ambientali dell’ateneo, analizzando l’andamento dei casi a livello mondiale su un centinaio di nazioni, sono riusciti a ‘disegnare’ delle mappe globali di come il tasso di crescita di Covid-19 potrebbe cambiare nei prossimi mesi. Da qui la previsione che si basa su quanto osservato nella ricerca. Il team ha rilevato, infatti, che l’epidemia cresce più rapidamente a temperature medie di circa 5°C ed umidità medio-bassa (compresa tra 0.6 e 1.0 kilopascal) e, viceversa, va molto più lenta in climi molto caldi e umidi caratteristici di alcune zone tropicali. Anche se, puntualizzano gli studiosi, nessuna area popolata del mondo sembra essere completamente inidonea alla diffusione della patologia.