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Malattia professionale non tabellata: ultime sentenze

21 Ottobre 2021 | Autore:
Malattia professionale non tabellata: ultime sentenze

Onere probatorio incombente sul lavoratore; nesso causale tra attività lavorativa ed evento; esposizione prolungata a radiofrequenze; riscontri di studi epidemiologici; prova dell’eziologia professionale; nocività delle lavorazioni.

Malattia non tabellata: cosa deve provare il lavoratore?

In caso di malattia non tabellata, incombe sul lavoratore l’onere di provare il nesso causale tra la malattia e ambiente lavorativo (escluso, nella specie, l’indennizzo per l’addetta allo sportello della banca che addebitava alle condizioni di lavoro i problemi di salute che l’avevano colpita. Non sufficienti i riferimenti alla ergonomia della postazione di lavoro e all’aria condizionata utilizzata nei locali dell’istituto di credito sia in primavera che in estate).

Cassazione civile sez. lav., 03/03/2021, n.5816

Malattie non tabellate: onere probatorio

In tema di malattia professionale derivante da lavorazione non tabellata o ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro grava sul lavoratore e deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere ravvisata in un rilevante grado di probabilità.

Tribunale Civitavecchia sez. lav., 30/09/2020, n.474

Prova della causa di lavoro

In tema di malattia professionale derivante da lavorazione non tabellata o ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro grava sul lavoratore e deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere ravvisata in un rilevante grado di probabilità.

Tribunale Civitavecchia sez. lav., 24/06/2020, n.307

Patologia ed attività lavorativa: nesso eziologico

In tema di malattia professionale derivante da lavorazione non tabellata, il lavoratore deve fornire la prova del nesso eziologico e vieppiù di un nesso così stretto tra patologia ed attività lavorativa, tale che la seconda sia conditio sine qua non della prima. Ed il lavoratore altresì deve fornire la prova non in termini di certezza, ma quantomeno di elevata probabilità dell’origine professionale della patologia lamentata.

Tribunale Taranto sez. lav., 08/06/2020, n.1020

Neoplasia a genesi multifattoriale

Diversamente, in tema di malattia professionale derivante da lavorazione non tabellata o ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro grava sul lavoratore e il nesso causale tra l’attività lavorativa e il danno alla salute dev’essere valutato secondo un criterio di rilevante o ragionevole probabilità scientifica. In particolare, in caso di caso di neoplasia a genesi multifattoriale contratta da lavoratore adibito ad attività rischiosa oggetto di previsione tabellare, la prova del nesso causale non può consistere in semplici presunzioni desunte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma deve consistere nella concreta e specifica dimostrazione, quanto meno in via di probabilità, della idoneità della esposizione al rischio a causare l’evento morboso, con la precisazione che in presenza di forme tumorali che hanno o possono avere, secondo la scienza medica, un’origine professionale, la presunzione legale quanto a tale origine torna ad operare, sicché l’I.N.A.I.L. può solo dimostrare che la patologia tumorale, per la sua rapida evolutività, non è ricollegabile all’esposizione a rischio, in quanto quest’ultima sia cessata da lungo tempo.

Cassazione civile sez. lav., 14/05/2020, n.8947

Rapporto di causalità tra la lavorazione svolta e la tecnopatia

In tema di malattia professionale non tabellata, anche ad eziologia multifattoriale, il rapporto di causalità tra la lavorazione svolta e la tecnopatia, può essere ravvisato anche in presenza di un rilevante grado di probabilità.

Corte appello Catanzaro sez. lav., 11/02/2020, n.1

Malattia professionale non tabellata: probabilità qualificata

In caso di malattia professionale non tabellata e ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, indubbiamente gravante sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, e quindi, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, essa può essere ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità.

Corte appello Torino, 13/01/2020, n.904

Malattia professionale non tabellata

In materia di malattie non tabellate, il soggetto assicurato che sostenga la dipendenza dell’infermità da una causa di servizio ha l’onere di dedurre e provare i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell’affezione denunciata alle modalità concrete di svolgimento delle attività svolte. Ove la patologia presenti una eziologia multifattoriale, il nesso causale tra attività lavorativa ed evento, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma esige una dimostrazione, quanto meno in termini di probabilità, ancorata a concrete e specifiche situazioni di fatto, con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro e alla durata e intensità dell’esposizione a rischio.

Tribunale Milano sez. lav., 28/01/2020, n.191

Malattia professionale non tabellata: eziologia multifattoriale

In tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali, il dipendente che sostenga la dipendenza dell’infermità da una causa di servizio ha l’onere di dedurre e provare i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell’affezione denunciata alle modalità concrete di svolgimento delle mansioni inerenti la qualifica rivestita.

Ne consegue che, ove la patologia presenti una eziologia multifattoriale, il nesso causale tra attività lavorativa ed evento, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma esige una dimostrazione, quanto meno in termini di probabilità, ancorata a concrete e specifiche situazioni di fatto, con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro e alla durata e intensità dell’esposizione a rischio. Nel caso in cui tale onere probatorio non sia adempiuto dal richiedente, non può essere ammessa ctu, non potendo tale mezzo istruttorio essere utilizzato per acquisire elementi e circostanze di fatto che la parte avrebbe dovuto provare.

Corte appello Campobasso sez. lav., 06/12/2019, n.219

Onere probatorio incombente sul lavoratore

In caso di malattia professionale non tabellata, come anche in quello di malattia ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro (che grava sul lavoratore) deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità.

Il nesso di causalità relativo all’origine professionale della malattia non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione che può essere data anche in termini di probabilità sulla base della particolarità della fattispecie, essendo impossibile nella maggior parte dei casi ottenere la certezza dell’eziologia; è, tuttavia, necessario acquisire il dato della “probabilità qualificata”, da verificarsi attraverso ulteriori elementi, come ad esempio i dati epidemiologici, idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale.

Corte appello Bari sez. lav., 11/07/2019, n.1575

Malattia professionale non tabellata: l’onere della prova

In caso di malattia professionale non tabellata la prova della causa di lavoro deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, ammettendo la possibilità dell’origine professionale della malattia insorta quando si ravvisi, nel caso concreto, un rilevante grado di probabilità.

(Nel caso di specie, il lavoratore ha agìto in giudizio deducendo che, in conseguenza del frequente utilizzo del telefono cellulare in occasione dello svolgimento delle sue mansioni, ha contratto un tumore benigno al nervo acustico. Il Tribunale, all’esito della CTU e delle rispettive perizie di parte, ha riconosciuto al lavoratore la malattia professionale che ha comportato un danno biologico permanente valutato nella misura del 23%, condannando l’INAIL alla corresponsione della relativa rendita a favore del ricorrente).

Tribunale Ivrea sez. lav., 30/03/2017, n.96

Accertamento dell’origine professionale 

Nell’accertamento dell’origine professionale di una neoplasia cerebrale non tabellata, l’esposizione prolungata a radiofrequenze riveste un ruolo almeno concausale nella genesi della patologia ove il giudizio di probabilità qualificata che ne è affondamento discenda da riscontri di studi a carattere epidemiologico che prendano in considerazione elementi quali l’età dell’esposizione, l’ipsilateralità e il tempo dell’esposizione.

Cassazione civile sez. lav., 12/10/2012, n.17438

Assicurazione per gli infortuni sul lavoro e per le malattie professionali

In tema di accertamento della sussistenza di una malattia professionale non tabellata e del relativo nesso di causalità (nella specie, esposizione al fumo passivo) — posto che la prova, gravante sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere ravvisata in presenza di un notevole grado di probabilità — il giudice può giungere al giudizio di ragionevole probabilità sulla base della consulenza tecnica d’ufficio che ritenga compatibile la malattia non tabellata con la noxa professionale utilizzando, a tale scopo, anche dati epidemiologici, per suffragare una qualificata probabilità desunta anche da altri elementi.

In tal caso, il dato epidemiologico (che di per sé attiene ad una diversa finalità) può assumere un significato causale, tant’è che la mancata utilizzazione di tale dato da parte del giudice, nonostante la richiesta della difesa corroborata da precise deduzioni del consulente tecnico di parte, è denunciabile per cassazione.

Cassazione civile sez. lav., 10/02/2011, n.3227

Esposizione del lavoratore ai fattori di rischio

Nel caso di malattia professionale non tabellata, come anche in quello di malattia ad eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità.

A tale riguardo, il giudice deve non solo consentire all’assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, facendo ricorso ad ogni iniziativa “ex officio” diretta ad acquisire ulteriori elementi (nuove indagini o richiesta di chiarimenti al consulente tecnico ecc.) in relazione all’entità ed all’esposizione del lavoratore ai fattori di rischio ed anche considerando che la natura professionale della malattia può essere desunta con elevato grado di probabilità dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti nell’ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e dall’assenza di altri fattori extralavorativi, alternativi o concorrenti, che possano costituire causa della malattia.

Tribunale Bologna sez. lav., 07/12/2010, n.472

Malattia professionale non tabellata: tipologia delle lavorazioni svolte

In caso di malattia professionale non tabellata, come anche in quello di malattia a eziologia multifattoriale, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità; a tale riguardo il giudice deve non solo consentire all’assicurato di esperire i mezzi di prova ammissibili e ritualmente dedotti, ma deve altresì valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale, considerando che la natura professionale della malattia può essere desunta con elevato grado di probabilità dalla tipologia delle lavorazioni svolte, dalla natura dei macchinari presenti nell’ambiente di lavoro, dalla durata della prestazione lavorativa e dall’assenza di altri fattori extralavorativi, alternativi o concorrenti, che possano costituire causa della malattia (nella fattispecie la Corte d’appello ha riconosciuto la malattia professionale da uso prolungato di telefoni portatili e cellulari).

Corte appello Brescia, 10/12/2009

Rendita per malattia professionale

In caso di malattia professionale non tabellata la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’origine professionale, questa può essere ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità.

Corte appello Brescia sez. lav., 22/12/2009, n.514

Conclusioni probabilistiche del consulente tecnico

In tema di malattia professionale non tabellata, la prova della causa di lavoro, che grava sul lavoratore, deve essere valutata in termini di ragionevole certezza, nel senso che, esclusa la rilevanza della mera possibilità dell’eziopatogenesi professionale, questa può essere invece ravvisata in presenza di un rilevante grado di probabilità, per accertare il quale il giudice deve valutare le conclusioni probabilistiche del consulente tecnico in tema di nesso causale.

Cassazione civile sez. lav., 26/05/2006, n.12559

Assicurazione per gli infortuni sul lavoro e per le malattie professionali

In ipotesi di malattia professionale non tabellata, la prova della causa di lavoro che grava sul lavoratore deve essere valutata in termini di ragionevole certezza , ovvero, esclusa la rilevanza della mera possibilità di eziopatenogenesi professionale, questa può essere ravvisata in presenza di una sera probabilità, esclusa la mera possibilità, tenendo conto anche, come nella specie, della chiusura del reparto al quale il lavoratore era addetto, per nocività delle lavorazioni, mediante il ricorso ad appropriati criteri medico-legali, normalmente acquisibili mediante consulenza tecnica.

(Nella specie la S.C. ha ritenuto la decisione di merito carente nella motivazione proprio per la mancanza di un’adeguata istruttoria per aver ritenuto l’eliminazione del reparto adibito alla produzione di lana di vetro, cui era addetto il lavoratore che aveva contratto il mesotelioma pleurico, preclusiva di ulteriori indagini. La Corte ha cassato con rinvio invitando il giudice del rinvio ad accertare se la patologia che aveva condotto alla morte del lavoratore fosse casualmente riferibile alle lavorazioni di fibre di lana di roccia, nelle condizioni in cui tali lavorazioni venivano effettuate nel reparto cui era addetto).

Cassazione civile sez. lav., 01/03/2006, n.4520



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2 Commenti

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