Azione revocatoria rigettata: è possibile risarcimento danni?


In sede di separazione e poi di divorzio mi è stato trasferito un immobile in funzione di un accordo solutorio compensativo. Quattro anni dopo sono venuta a conoscenza di una situazione debitoria del mio ex marito ed ho subito per questo una azione revocatoria da parte del creditore proprio nel momento che per esigenze economiche avevo deciso di venderlo avendo persino già stipulato un compromesso. La causa di revocatoria si è risolta a mio favore ma questo non mi dà ancora la possibilità di disporre la vendita dell’immobile finché non avverrà il passato in giudicato. Questo mi costringe, trattasi di seconda casa al mare, al pagamento di numerose imposte, IMU, TASI ed a sostenere numerose altre spese, quale la sanatoria di un abuso edilizio. Vorrei sapere se tutte le spese che sono stata costretta a sopportare potranno essere richieste al creditore.
Lei potrà avere diritto al rimborso delle somme stanziate in questi anni, ma direttamente nei confronti del Suo ex marito.
Partiamo da quello che ci dice la legge e la giurisprudenza.
L’attribuzione del bene immobile, nell’ambito dell’accordo di separazione personale, da un coniuge in favore dell’altro risponde, di norma, ad un intento di sistemazione dei rapporti economici della coppia che sfugge, da un lato, alle connotazioni di una vera e propria donazione e, dall’altro, a quelle di un atto di vendita. È un ibrido, in poche parole.
Nel caso in cui il creditore del Suo ex dovesse riuscire a dimostrare la simulazione nell’assegnazione di questo immobile, Lei potrà agire nei confronti del Suo ex marito per ingiustificato arricchimento, azione disciplinata dall’art.2041 del codice civile, secondo cui chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento, a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale.
La nozione di arricchimento va intesa – indifferentemente – sia in senso qualitativo che in senso quantitativo e può consistere tanto in un incremento patrimoniale, quanto in un risparmio di spesa e, più in generale, in una mancata perdita economica. Correlativamente il depauperamento può consistere tanto in erogazioni di una entità pecuniaria, quanto in attività o prestazioni di cui si avvantaggi l’arricchito. Poiché l’indennizzo previsto dall’art. 2041 c.c. è finalizzato a reintegrare il patrimonio del depauperato, esso va commisurato all’arricchimento, riconoscendo, in via sostitutiva, al depauperato, un “quid” monetario “nei limiti” dello stesso arricchimento (perché, altrimenti, si verificherebbe un arricchimento nel senso inverso) (Cassazione civile, sez. III, 15/05/2009, n. 11330).
Il destinatario dell’azione legale dovrebbe essere il Suo ex marito, in quanto – nella valutazione che verrà fatta in sede di pignoramento immobiliare – il creditore aggredirà un bene di proprietà del Suo ex marito, e non Suo personale.
Infatti, se l’azione revocatoria dovesse andar male per Lei, l’accordo sarebbe considerato come mai esistito e l’immobile ritornerebbe nella sfera patrimoniale del vecchio proprietario, cioè il Suo ex marito.
È in questo frangente che si delinea l’ingiustificato arricchimento, potendo il creditore non agire con l’azione forzosa, o agire con l’esecuzione immobiliare dopo il passare di un determinato lasso di tempo.
Pertanto, non ci sarà una diretta correlazione tra il Suo esborso ed il vantaggio del creditore, in quanto i due elementi saranno collegati dall’ex marito.
Di conseguenza, Lei non avrà diritto di rivolgere la domanda di indennizzo nei confronti del creditore, ma solo nei confronti del Suo ex marito, per aver indebitamente sostenuto spese per il mantenimento di un immobile che, per responsabilità di questi, è ritornato nella proprietà di quest’ultimo.
Altra conseguenza indiretta del Suo esborso (e favorevole all’ex coniuge) riguarda il fatto che le spese sostenute in vantaggio di un immobile che è rientrato nella sfera patrimoniale dell’ex coniuge, andranno a vantaggio del debito di quest’ultimo, poiché il creditore si soddisferà con un pignoramento immobiliare del bene che, senza le spese da Lei sostenute, varrebbe 10, mentre con le spese sostenute varrà 100.
Siccome tali esborsi sono andati ad aumentare il valore patrimoniale dell’immobile divenuto nuovamente dell’ex coniuge esclusivo proprietario, il vero vantaggio sarà solo di quest’ultimo, che soddisferà in maggior parte il creditore e, quindi, si avvarrà di quegli interventi per adempiere in maggior parte al suo debito.
Né potrà invocarsi il fatto che l’immobile, essendo abusivo, non poteva essere attaccato dal creditore, in quanto è possibile l’esecuzione forzata su un bene non regolare dal punto di vista urbanistico ed edilizio, potendo essere poi sanato successivamente.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avvocato Salvatore Cirilla