Coronavirus: scuola in bilico anche a settembre


Servono tre miliardi solo per provare a partire. Ma occorre rivedere orari, lezioni, aule. Si preme per il rinnovo del contratto. Le ipotesi al vaglio del Miur.
Ancora non si si sa con precisione come si concluderà il presente anno scolastico che già si pensa a quello prossimo. L’avvio del nuovo corso sarà, sicuramente, condizionato dal coronavirus. E dai soldi necessari per garantire una partenza con il piede giusto, che consenta di recuperare da un punto di vista didattico le mancanze accumulate in mesi di chiusura obbligatoria.
Non sarà un costo indifferente quello previsto per adattare istituti e lezioni alle nuove esigenze dettate dal Covid-19 che, anche se in teoria permetterà di tornare in aula, cambierà irrimediabilmente le cose d’ora in poi in qualsiasi aspetto della nostra vita. Compresa la scuola. Si tratta, in pratica, di mettere a punto un piano straordinario che preveda, ad esempio, classi meno numerose per poter sistemare gli alunni a distanza di sicurezza gli uno dagli altri. Di conseguenza, sarà necessario ampliare le ore di insegnamento dei docenti che, avendo davanti aule meno popolate, dovranno aumentare le ore di lezione.
A questo proposito, l’ipotesi sul tavolo del ministro Lucia Azzolina è quella di istituire dei turni di mattina e di pomeriggio e, come alternativa, potenziare la didattica mista in classe e a casa. Le lezioni dovranno essere più brevi e non si escludere di dover sfruttare anche il sabato per recuperare ulteriore tempo. Possibile anche una spinta ai cantieri da riavviare durante l’estate per aumentare il numero degli edifici, e quindi delle classi.
Il conto per portare a termine tutti questi interventi sarà, come si diceva, salato: circa tre miliardi di euro. Almeno. Perché il sindacato già incalza sulla necessità di investire anche sul rinnovo del contratto con il conseguente aumento degli stipendi. A febbraio, i sindacati di categoria chiedevano che l’incremento in busta paga fosse più pesante dei 100 euro lordi promessi dall’ex ministro Lorenzo Fioramonti e che venissero investiti 16 miliardi in un piano triennale. Bisognerà trovarli quei soldi, altrimenti il piano difficilmente sarà fattibile. E, di conseguenza, i tecnici del Miur saranno costretti a inventarsi qualcosa d’altro per consentire ad otto milioni di mezzo di studenti di tornare in aula e a quasi un milione di docenti (oltre ai 200mila amministrativi) di lavorare in condizioni per loro soddisfacenti.
Sempre che, come suggerito dal Consiglio superiore di sanità, non si sia costretti a rinviare la riapertura delle scuole al 2021. A quel punto, ci sarebbe comunque un investimento da fare, puntando a colmare il gap tra gli alunni che possono permettersi di seguire normalmente l’attività didattica da casa e quelli che, per mancanza di risorse economiche o strutturali, si vedono tagliati fuori perché non hanno la possibilità di acquistare un pc o perché Internet nella loro zona è il grande sconosciuto.