Coronavirus, Conte: riapriamo il 4 maggio


Il premier rompe il silenzio e anticipa quali sono le sue intenzioni in vista della fase 2: piano nazionale con differenze tra le varie regioni.
La maggioranza gli aveva chiesto decisioni e chiarimenti, ed ecco che Giuseppe Conte risponde all’appello: il presidente del Consiglio presenta il suo piano per l’avvio della fase 2 dell’emergenza coronavirus. Una ripartenza che Conte annuncia per il 4 maggio, «con un programma nazionale di riaperture che tenga però conto delle peculiarità territoriali». Di farlo prima non se ne parla, perché «sarebbe irresponsabile».
Il premier premette che fornirà tutti i dettagli entro questa settimana (come avevamo già anticipato, prima vuole aggiornarsi con la task force guidata da Vittorio Colao, il che dovrebbe avvenire al massimo entro giovedì). Ma Conte anticipa il suo pensiero a partire dal perché vuole aspettare fino al 4 maggio: «Molti cittadini sono stanchi degli sforzi sin qui compiuti e vorrebbero un significativo allentamento di queste misure o, addirittura, la loro totale abolizione. Vi sono poi le esigenze delle imprese e delle attività commerciali di ripartire al più presto. Mi piacerebbe poter dire: riapriamo tutto. Subito. Ripartiamo domattina. Questo Governo ha messo al primo posto la tutela della salute dei cittadini, ma certo non è affatto insensibile all’obiettivo di preservare l’efficienza del sistema produttivo».
Secondo Conte, però, «una decisione del genere sarebbe irresponsabile. Farebbe risalire la curva del contagio in modo incontrollato e vanificherebbe tutti gli sforzi che abbiamo fatto sin qui. Tutti insieme. In questa fase non possiamo permetterci di agire affidandoci all’improvvisazione. Non possiamo abbandonare la linea della massima cautela, anche nella prospettiva della ripartenza. Non possiamo affidarci a decisioni estemporanee pur di assecondare una parte dell’opinione pubblica o di soddisfare le richieste di alcune categorie produttive, di singole aziende o di specifiche Regioni. L’allentamento delle misure deve avvenire sulla base di un piano ben strutturato e articolato. Dobbiamo riaprire sulla base di un programma che prenda in considerazione tutti i dettagli e incroci tutti i dati. Un programma serio, scientifico».
Conte non vuole delegare tutto alle aziende: «Non possiamo limitarci a pretendere, da parte della singola impresa, il rispetto del protocollo di sicurezza nei luoghi di lavoro che pure abbiamo predisposto per questa epidemia. Dobbiamo valutare anche i flussi dei lavoratori che la riapertura di questa impresa genera. Le percentuali di chi usa i mezzi pubblici, i mezzi privati, in quali orari, con quale densità. Come possiamo garantire all’interno dei mezzi di trasporto la distanza sociale? Come possiamo evitare che si creino sovraffollamenti, le famose ore di punta? Come favorire il ricorso a modalità di trasporto alternative e decongestionanti? Abbiamo conseguito risultati importanti, che in altri Paesi stanno studiando. Dobbiamo consolidare questi risultati anche in questa nuova fase. Questo programma deve avere un’impronta nazionale, perché deve offrire una riorganizzazione delle modalità di espletamento delle prestazioni lavorative, un ripensamento delle modalità di trasporto, nuove regole per le attività commerciali».
Per quanto riguarda la regionalizzazione della ripresa, più volte annunciata dal ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, il premier conferma che ci saranno delle differenze tra un territorio e un altro: «Dobbiamo agire sulla base di un programma nazionale, che tenga però conto delle peculiarità territoriali. Perché le caratteristiche e le modalità del trasporto in Basilicata non solo le stesse che in Lombardia. Come pure la recettività delle strutture ospedaliere cambia da Regione a Regione e deve essere costantemente commisurata al numero dei contagiati e dei pazienti di Covid-19. È per questo che abbiamo gruppi di esperti che stanno lavorando al nostro fianco giorno e notte».