Il quotidiano statunitense cita fonti di intelligence, secondo le quali Pechino ha fatto disinformazione divulgando messaggi falsi.
Ultima puntata della guerra verbale tra Stati Uniti e Cina, dove i primi, in estrema difficoltà nel fronteggiare l’epidemia di Coronavirus (le vittime sono salite a più di 45mila), lanciano ogni tipo di accuse alla seconda. Specie riguardo le informazioni fatte circolare sulla malattia. Un lancio dell’agenzia di stampa Adnkronos ci informa che oggi, sul quotidiano americano New York Times (Nyt), è uscito un articolo su una presunta campagna di disinformazione avviata specificamente da Pechino negli Stati Uniti, con la tecnica inedita di far arrivare messaggi di allarme direttamente sui cellulari degli utenti.
Secondo il quotidiano americano, sarebbero state emanate direttive precise per dare il via a una campagna globale, non solo negli Usa ma anche nei paesi europei, a tema Coronavirus. Il Nyt cita i servizi segreti americani, i quali, lo abbiamo visto, indagano sulla genesi artificiale del virus e sull’ipotesi che possa essere partito accidentalmente da un centro di ricerca di Wuhan (leggi gli articoli: Coronavirus, quell’allarme Usa sui laboratori di Wuhan; Coronavirus: indagine Cnn sul «complotto in laboratorio»; Coronavirus, una nuova indagine sui laboratori di Wuhan). L’intelligence statunitense ritiene che agenti cinesi abbiano amplificato messaggi falsi appositamente per generare insicurezza.
Fra gli esempi citati dal quotidiano americano vi è la falsa notizia, diffusa a metà marzo, secondo cui Donald Trump avrebbe blindato l’intero paese “una volta dispiegati i militari nelle strade per evitare saccheggi e disordini”. Un avviso che il dipartimento per la Sicurezza nazionale è stato costretto a smentire dopo che era arrivato a milioni di americani. Un altro messaggio falso fatto circolare in precedenza, questa volta da fonti ufficiali cinesi, è stato quello sulla possibile origine dell’epidemia nei soldati americani che a ottobre hanno partecipato a Wuhan ai Giochi militari.
Dai russi, i cinesi hanno imparato a creare account falsi su piattaforme social per rilanciare messaggi destinati agli americani più sensibili e disponibili a rilanciarli a loro volta. La novità è quella dell’uso di messaggi WhatsApp il cui tragitto è molto più difficile da tracciare. Pechino ha anche mobilitato i media ufficiali e diplomatici, anche se la loro partecipazione è stata di recente messa in pausa in una sorta di tregua di questo nuovo fronte del confronto fra Washington e Pechino.
L’intelligence Usa sta comunque indagando sul possibile coinvolgimento di diplomatici o dipendenti delle testate ufficiali cinesi. Lo scorso settembre, il dipartimento di Stato ha espulso, senza darne notizia, due dipendenti dell’ambasciata cinese a Washington accusati di spionaggio
“Pechino e Mosca stanno operando per incidere sull’ambiente globale dell’informazione sia in modo indipendente che insieme, attraverso una ampia gamma di strumenti digitali. Hanno istituito diversi canali diplomatici e forum attraverso cui scambiarsi informazioni sulle pratiche in uso”, ha testimoniato Kristine Lee, del Center for New American Security, in una intervista al New York Times. Anche l’Europa è stata investita da messaggi che enfatizzavano la frammentazione dei paesi europei di fronte all’emergenza e l’importanza degli aiuti inviati da Pechino.