Coronavirus: quando si potrà andare a messa


Governo al lavoro per anticipare la ripresa delle funzioni religiose. Forse il 10 maggio e solo all’aperto. La Cei: c’è violazione del Concordato.
L’Italia riscopre la sua parte più spirituale. La decisione del Governo di consentire dal 4 maggio solo la celebrazione dei funerali con la presenza, al massimo, di 15 persone ma di posticipare quella di tutte le altre funzioni religiose ha sollevato un vespaio di polemiche da parte di chi vede in questa norma una limitazione alla libertà di culto garantita dalla Costituzione. Tant’è che il Governo si è messo al lavoro per trovare una mediazione. L’ipotesi è di non attendere la scadenza del Dpcm in vigore dalla prossima settimana (sarebbe il 17 maggio) ma di anticipare al 10 maggio la data in cui si potrà andare di nuovo a messa. Dove possibile, all’aperto e garantendo le misure di sicurezza, cioè il distanziamento tra i fedeli e l’uso delle mascherine.
Palazzo Chigi cerca, in questo modo, di venire incontro alle richieste (piuttosto irritate) della Conferenza episcopale, rimasta infastidita dall’annuncio fatto l’altra sera da Giuseppe Conte nel presentare il nuovo Dpcm sulla fase 2 dell’emergenza coronavirus.
Il ritorno in chiesa potrebbe essere, però, spostato all’11 maggio, cioè ad un lunedì, per evitare che la domenica ci sia un flusso massiccio. Idea, però, che ai vescovi non piace: i prelati vorrebbero riprendere le celebrazioni un giorno festivo, nel giorno del Signore.
A spingere sull’anticipo delle celebrazioni religiose almeno in spazi all’aperto è il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, in continuo contatto con il presidente della Cei Gualtiero Bassetti. Cardinale e arcivescovo sentito anche dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, per quel che gli spetta come capo della diplomazia italiana: la Conferenza episcopale, infatti, insinua che la decisione annunciata da Conte l’altra sera comporti una violazione del Concordato tra l’Italia e la Santa Sede.
Tra i motivi per cui i vescovi sono infastiditi, c’è anche quello della mancanza di una data certa in cui sarebbe possibile partecipare all’Eucarestia: «Serve una risposta in tempi brevi – incalza la Cei -, anche un no, ma che dia almeno un orizzonte ai fedeli».