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Permesso a costruire tacito

29 Aprile 2020
Permesso a costruire tacito

In presenza di permesso con silenzio assenso è diritto del cittadino ottenere un provvedimento esplicito?

La legge stabilisce che, dinanzi alla richiesta del cittadino, il Comune debba fornire il permesso di costruire entro massimo 60 giorni. Cosa succede se, però, alla scadenza del termine, non arriva nessuna risposta? In tali casi scatta la regola del cosiddetto «silenzio assenso». In buona sostanza, il permesso si considera ugualmente accordato e dunque il proprietario dell’immobile è autorizzato ad eseguire i lavori. È ciò che molti chiamano permesso a costruire tacito.

Una recente sentenza del Tar Puglia [1] ritiene tuttavia che, anche in tale ipotesi, il privato ha sempre la possibilità di chiedere un provvedimento espresso. 

Di tanto parleremo meglio in questo articolo. Ma prima ancora di commentare la pronuncia del tribunale amministrativo, vediamo come funziona l’iter per ottenere la cosiddetta «licenza edilizia» (concetto ormai soppresso dalla legge e sostituito con il termine «permesso di costruire») e che cos’è il permesso di costruire tacito. 

Permesso di costruire: cos’è?

Il permesso di costruire, come la Cila o la Scia, è un titolo edilizio ossia un provvedimento emesso dall’ufficio tecnico del Comune che autorizza il privato ad eseguire un intervento di «nuova costruzione»: può trattarsi ad esempio della realizzazione di un fabbricato, un garage, una cantina, una tettoia particolarmente ampia, una veranda, ecc. È ciò he un tempo veniva chiamata licenza edilizia.

Chi non si dota di permesso di costruire commette un reato: quello di abuso edilizio. Lo stesso reato scatta anche nei confronti di chi, pur avendo ottenuto il permesso di costruire, realizza un’opera diversa da quelle prospettata nei progetti depositati in Comune. In questi casi, prima che intervenga la condanna penale o l’ordine di demolizione, è possibile presentare un permesso di costruire in sanatoria, evitando sia lo smantellamento dell’opera che le conseguenze penali. La sanatoria però viene concessa a due sole condizioni:

  • l’opera doveva essere conforme ai regolamenti urbanistici ed edilizi in vigore al momento dell’inizio dei lavori;
  • l’opera deve essere conforme ai regolamenti urbanistici ed edilizi in vigore al momento del deposito della domanda di sanatoria (se nel frattempo sono mutati).

Tempi di costruzione

Nel permesso di costruire vengono indicati i termini di inizio e di ultimazione dei lavori. Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere ultimata, non può superare tre anni dall’inizio dei lavori.

Come si chiede il permesso di costruire

Dal momento dell’invio della domanda decorrono 60 giorni per il rilascio del permesso.

Nei successivi 30 giorni l’amministrazione comunica al privato l’esito della richiesta, ossia l’eventuale accettazione o diniego. 

L’atto viene anche pubblicato sull’Albo pretorio, e i suoi estremi devono figurare in un cartello esposto presso il cantiere.

Se l’immobile oggetto dell’intervento è sottoposto a vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, i 30 giorni decorrono dal rilascio dell’atto di assenso (necessario, perché in questo caso non è valido il principio del “silenzio-assenso”).

Decorso inutilmente il termine di 60 giorni per l’adozione del provvedimento definitivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio assenso. In pratica, il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide.

Permesso tacito: si può ottenere un provvedimento scritto?

Il permesso di costruire tacito non esime l’amministrazione comunale dall’obbligo di adottare un provvedimento espresso se il privato vi ha interesse per ragioni di certezza e stabilità della propria posizione. Lo impone la legge [2] che ha sancito il principio secondo cui, ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Lo impongono i principi di buon andamento dell’azione amministrativa, legalità, affidamento, correttezza, efficienza, imparzialità della P.A. [3]. 

L’interesse a ottenere un provvedimento espresso potrebbe sussistere ad esempio per l’avvio delle pratiche bancarie e finanziarie propedeutiche all’inizio delle opere, per il trasferimento del bene per la sottoscrizione del preliminare di acquisto delle porzioni del fabbricato. 

Del resto, la regola del silenzio assenso introduce soltanto una modalità semplificata per il conseguimento del titolo edilizio dimodoché il privato ha sempre la possibilità di richiedere un provvedimento espresso [4] al fine di conoscere il contenuto e le ragioni delle determinazioni dell’amministrazione [5]. 

Dunque  l’Amministrazione ha l’obbligo di provvedere alla formazione documentale del permesso di costruire tacito, eventualmente utilizzabile nei rapporti con i soggetti terzi, oltre che nei riguardi della stessa Amministrazione [6].

Quando non opera il silenzio assenso

In presenza di vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, non è possibile la formazione tacita del permesso di costruire.

Infatti, come ricorda il Consiglio di Stato [8],  il comma 8 dell’articolo 20 del testo unico edilizia (Dpr 380/2001) prevede che «decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui agli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241», e quindi richiede che si convochi una conferenza di servizi, escludendo comunque che sia configurabile un provvedimento tacito.

A sua volta, poi, il comma 9 dello stesso articolo 20 dispone che, qualora sull’immobile insista un vincolo ambientale, culturale, il procedimento deve concludersi con l’adozione di un provvedimento espresso della pubblica amministrazione.


note

[1] Tar Puglia sent. n. 454/2020.

[2] Art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (“Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”).

[3] Art. 97 Cost.; artt. 1, 2 e 3 legge n. 241/1990.

[4] Tar Puglia- Bari, sentenza n. 725 del 20 maggio 2019 e Tar Lazio- Roma, sentenza 26 aprile 2019, n. 5308

[5] Tar Campania, Napoli, sentenza 22 novembre 2013 n. 5334.

[6] Tar Campania- Salerno, sentenza 7 novembre 2019, n. 1936; Tar Lazio- Roma, sentenza 1° agosto 2019, n. 10227). 

[7] Consiglio di Stato sent. n. 2535/2020

Pubblicato il 30/03/2020

N. 00454/2020 REG.PROV.COLL. N. 01543/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1543 del 2019, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Felice Ingravalle, con domicilio digitale come da P.E.C. iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);

contro

Comune di Bisceglie, non costituito in giudizio;

per l’accertamento e la dichiarazione dell’illegittimità del silenzio-inadempimento

serbato dal Comune di Bisceglie sull’istanza prot. n. 53765 del 22 dicembre 2017 di rilascio del permesso di costruire espresso, corredata da schema di convenzione, relativa al progetto di variante di edificio destinato a struttura per la vendita e servizi e realizzazione di un edificio non oil bar-shop con ampliamento e potenziamento di un impianto per la distribuzione di carburanti;

nonché per l’accertamento dell’obbligo di concludere il procedimento edilizio, entro il termine da assegnarsi, mediante l’adozione di un provvedimento espresso, con nomina di un commissario ad acta per l’ipotesi di perdurante inerzia.

Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2020 il dott. Lorenzo Ieva e udito il difensore, avv. Massimo F. Ingravalle;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con ricordo depositato come in rito, il ricorrente chiedeva accertarsi l’illegittimità del silenzio sull’istanza di rilascio del permesso di costruire, corredato da uno schema di convenzione, relativo al progetto di variante di un edificio destinato a struttura per la vendita e servizi, con realizzazione di un edificio non oil bar-shop e con ampliamento di un impianto di distribuzione di carburanti.

2.- Accadeva infatti che gli uffici del Comune di Bisceglie adottassero gli atti infra-procedimentali previsti, gli uffici degli altri enti coinvolti nel procedimento rilasciassero i pareri e nulla-osta previsti; mentre, rimesso l’affare dal responsabile del procedimento al Consiglio comunale per i deliberati di precipua competenza, quest’ultimo rimanesse inerte.

3.- Indi, il ricorrente censurava il silenzio, evidenziando la violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; degli artt. 1 2, 3 e ss. e 29 della legge 7 agosto 1990 n. 241, degli art. 5, 20 e 28-bis del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380; dell’art. 42 d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267; del Regolamento della Regione Puglia n. 7 del 28 aprile 2009 sull’insediamento di medie e grandi strutture di vendita; della legge della Regione Puglia 16 aprile 2015 n. 24 recante il “Codice del commercio” e del Piano comunale del commercio approvato con delibera di Consiglio comunale n. 47/2010.

Veniva altresì contestata la violazione e falsa applicazione dei principi di affidamento, di correttezza, di efficienza, imparzialità e di buon andamento e di legalità dell’azione amministrativa, del giusto procedimento e l’eccesso di potere per omesso esercizio della funzione amministrativa, per difetto dei presupposti e per travisamento dei fatti, irrazionalità, arbitrarietà ed ingiustizia manifesta e per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione.

4.- Il Comune rimaneva silente anche nel ricorso, non costituendosi. 5.- Il ricorso è fondato.

L’art. 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241 ha posto chiaramente il principio secondo cui, ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo, mediante l’adozione di un provvedimento espresso.

Il provvedimento espresso costituisce la forma normale di esercizio del potere.

L’art. 20 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 ha previsto che, nel caso in cui sia inoltrata alla P.A. un’istanza per il rilascio del permesso di costruire, il relativo procedimento debba concludersi nel termine di novanta giorni o, nei casi particolarmente complessi, nel termine raddoppiato di centottanta giorni.

Nel caso di specie, al più, omettendo di pronunciarsi entro il termine di centottanta giorni dall’inoltro dall’invio di tutta la documentazione integrativa (e, cioè, dal 27 novembre 2018), il Comune ha violato la surriferita disposizione ed i principi che impongono, per ragioni di certezza dei rapporti giuridici e di buona amministrazione, l’adozione di un provvedimento espresso.

Seppure l’art. 20 del d.P.R. citato annetta all’inutile decorso del tempo (peraltro non predeterminato, ma variabile a seconda della complessità dell’intervento edilizio) per la conclusione del procedimento la formazione del provvedimento per silenzio-assenso, come ha chiarito la più

recente giurisprudenza (T.A.R. Puglia, sez. II, 20 maggio 2019 n. 725; T.A.R. Lazio, sez. II-bis, 26 aprile 2019 n. 5308), non viene sempre meno l’interesse ad ottenere un provvedimento espresso.

Difatti, tutte le volte in cui sussista un interesse pregnante al rilascio del provvedimento espresso, vuoi per la tipologia e le caratteristiche dell’intervento edilizio da realizzarsi, che renda in se stessa opinabile la formazione del provvedimento tacito, vuoi quando la normativa di settore introduca oneri accessori, che cioè postulano la stipulazione di convenzioni collegate, il permesso di costruire deve intendersi che debba essere sempre rilasciato in forma espressa.

La formazione del silenzio-assenso (art. 5 della legge 12 luglio 2011 n. 106) sulla domanda di permesso di costruire (art. 20, comma 8, del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380) richiede comunque che l’istanza sia assistita da tutti i presupposti amministrativi e tecnici, sia soggettivi sia oggettivi, di accoglibilità, giacché in assenza della documentazione prescritta dalle norme o di uno dei detti presupposti per la realizzazione dell’intervento edilizio, alcun titolo tacito può in realtà validamente formarsi (Cons. St., sez. IV, 12 luglio 2018 n. 4273; Cons. St., sez. IV, 5 settembre 2016 n. 3805).

Né può formarsi un titolo tacito quando l’immobile ricada in una zona sottoposta a vincoli paesaggistici e idrogeologici (T.A.R. Puglia, sez. III, 7 gennaio 2019 n. 11; T.A.R. Campania, sez. VII, 10 gennaio 2019 n. 139; Cons. St., sez. IV, 27 settembre 2017 n. 4516), o, secondo una parte della giurisprudenza, non vi sia piena prova della conformità dell’intervento progettato alla normativa urbanistico-edilizia (T.A.R. Lazio, sez. II, 3 ottobre 2018 n. 9707; T.A.R. Campania, sez. II, 14 marzo 2018 n. 1630).

È stato inoltre precisato che detta forma di silenzio, che origina un titolo edilizio tacito, equivalente al provvedimento, pur tuttavia non incide in senso abrogativo sull’esistenza del regime autorizzatorio edilizio, che rimane inalterato, bensì introduce solo un’alternativa modalità (presuntivamente) semplificata e di tipo “rimediale” per il conseguimento dell’autorizzazione anelata, laddove l’amministrazione comunale rimanga inerte (T.A.R. Puglia, sez. III, 14 gennaio 2016 n. 37).

Epperò, trattasi pur sempre di un’alternativa posta nell’interesse del destinatario, ossia del soggetto passivo che “attende” il provvedimento. La natura rimediale (e derogatoria) del silenzio-assenso va qualificata in senso per così dire “protettivo” dell’interesse del richiedente all’irrinunciabilità dell’atto esplicito e formale, preordinato ad evitare l’avvio di un’attività a gravoso impatto territoriale ed economico, peraltro non facilmente reversibile.

Tanto, tra l’altro – come evidenziato dal ricorrente – al fine di avere un maggior grado di stabilità e certezza del rapporto, rilevante nella prospettiva del privato, in relazione all’impegno economico- finanziario per l’edificazione, di avere contezza del termine finale dei lavori e della certezza del titolo edilizio, per l’avvio delle pratiche bancarie e finanziarie propedeutiche all’inizio delle opere, per il trasferimento del bene o del permesso, per la sottoscrizione del preliminare di acquisto delle porzioni di fabbricato, etc. (T.A.R. Lazio, sez. II, I agosto 2019 n. 10227; T.A.R. Campania, sez. Salerno, sez. II, 7 novembre 2019 n. 1936).

Dirimente, nel caso di specie, è poi la considerazione secondo cui, l’istanza di permesso di costruire è accompagnata da uno schema di convenzione, specificamente richiesto dagli uffici del Comune, al quale è, peraltro, assegnata la scelta di affidare o meno in concessione le c.d. aree a standard e di accettare la cessione del locale a piano terra (o, in suo luogo, la valorizzazione pecuniaria).

Tant’è che la co-essenzialità, nella fattispecie concreta, di simili decisioni amministrative, che vanno rese per loro intrinseca natura in forma espressa, rispetto al permesso di costruire, a cui sono collegate in modo indifettabile, preclude la formazione del titolo edilizio per silenzio-assenso.

A riprova, l’art. 28-bis del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 ha sì previsto, quale altro strumento di semplificazione, il rilascio del permesso di costruire convenzionato, ma ha al contempo imposto che la convenzione debba essere approvata, per l’appunto, con apposita delibera (espressa) dal consiglio comunale, come disposto pure dall’art. 42 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 (T.U. degli enti locali).

In ultima analisi, nel caso di specie, essendo numerosi i profili non definiti e non definibili per silenzio-assenso, che indi esigono l’adozione di una decisione amministrativa in forma espressa, nessun titolo edilizio può essersi validamente formato in forma inespressa.

Va pur rammentato che il diritto di proprietà privata assume una pregnante rilevanza sia costituzionale (art. 42, comma 2°, della Costituzione), sia per il diritto europeo (art. 1 del primo Protocollo addizionale alla C.E.D.U.; art. 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea). Ma, non è un diritto incondizionato.

La proprietà, specie quella edilizia, ha, per contenuto precipuo, la facoltà di poter godere e disporre in modo pieno ed esclusivo il bene che ne è oggetto, però entro i limiti (negativi) e con l’osservanza degli obblighi (positivi) previsti dall’ordinamento giuridico (art. 832 del codice civile). Limitazioni queste ultime del diritto di proprietà che – pur tuttavia – devono esser precisamente note e documentabili dalla pubblica amministrazione, qualora richiestane, specie quando si voglia farne l’uso edilizio e vi siano profili discrezionali nel potere da esercitare.

Pertanto, nella fattispecie concreta, rimane il dovere dell’Amministrazione comunale di assumere il deliberato che le compete, sulla scorta dell’istruttoria già compiuta, esercitando, senza ulteriore ritardo, i poteri discrezionali previsti.

6.- In conclusione, assorbita ogni altra questione, il ricorso è fondato e merita accoglimento, con declaratoria dell’obbligo di provvedere, entro trenta giorni (art. 117, comma 2, del codice del processo amministrativo) dalla comunicazione a cura della Segreteria, o, se antecedente, dalla notificazione, a istanza della parte interessata, della presente sentenza.

7.- In ipotesi di ulteriore inerzia (art. 117, comma 3, del codice del processo amministrativo), nomina fin d’ora Commissario ad acta il Prefetto di Barletta-Andria-Trani, con facoltà di delega, il quale provvederà entro il termine dei successivi sessanta giorni.

8.- Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo. Il contributo unificato, in applicazione dell’art. 13, comma 6-bis.1, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, va rifuso.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dichiara l’obbligo del Comune di Bisceglie di concludere, entro il termine di trenta giorni, il procedimento.

Nomina commissario ad acta, per l’ulteriore inerzia del Comune di Bisceglie, il Prefetto di Barletta- Andria-Trani, con facoltà di delega.

Condanna il Comune di Bisceglie al pagamento in favore del ricorrente alle spese di giudizio, che si liquidano in € 2.000,00, oltre accessori di legge. C.U. rifuso.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppina Adamo, Presidente Francesco Cocomile, Consigliere Lorenzo Ieva, Referendario, Estensore

L’ESTENSORE Lorenzo Ieva

IL PRESIDENTE Giuseppina Adamo

IL SEGRETARIO


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