Coronavirus: quando si ha diritto alla malattia


Secondo l’Inps, questo trattamento prevale sulla cassa integrazione in caso di riduzione dell’orario. Ma la normativa e la giurisprudenza non sono d’accordo.
Per il lavoratore che si vede ridurre l’orario di lavoro (come sta già succedendo a causa dell’emergenza coronavirus) prevale il diritto alla malattia su quello alla cassa integrazione. Lo ha confermato l’Inps, ribadendo quanto già espresso in due circolari [1].
Un parere che continua a lasciare dei dubbi. Secondo la legge [2], «il trattamento di integrazione salariale sostituisce in caso di malattia l’indennità giornaliera di malattia, nonché la eventuale integrazione contrattualmente prevista».
Anche la Cassazione si è pronunciata più volte in merito [3], affermando che la sostituzione della malattia con l’integrazione salariale è legittima e che non spetta al lavoratore ammalato più di quanto dovuto al dipendente in servizio. Secondo i giudici, inoltre, l’integrazione salariale sostituisce e assorbe l’indennità di malattia, nonché l’eventuale integrazione contrattualmente prevista.
La Suprema Corte ha anche sostenuto il principio secondo cui il trattamento di cassa integrazione non è escluso nel caso di lavoratori assenti per malattia o infortunio ma il loro credito si riduce nei limiti del trattamento di cassa integrazione.
Non la pensa del tutto così l’Inps. L’Istituto condivide quanto decretato dalla giurisprudenza solo per quanto riguarda la sospensione dell’orario di lavoro: in questo caso, la cassa integrazione prevale sulla malattia. Tuttavia, insiste l’Inps, «in caso di riduzione di orario l’assegno ordinario non è dovuto, in alcun caso, per le giornate di malattia indipendentemente dall’indennizzabilità di queste ultime». Significa che, secondo l’Istituto di previdenza, di fronte ad una riduzione dell’orario di lavoro – com’è accaduto o può accadere durante l’emergenza coronavirus – nel periodo in cui cassa integrazione e malattia si sovrappongono prevale quest’ultimo trattamento.
Il problema è che le norme approvate durante l’emergenza sanitaria andrebbero in un’altra direzione. La cassa integrazione per affrontare le conseguenze dell’epidemia Covid-19 prevede, infatti, che lo Stato si faccia carico del costo dei lavoratori in difficoltà, in modo da poter imporre contestualmente alle aziende il divieto di licenziamento. Cosa che, invece, non succederebbe se al lavoratore deve essere pagata la malattia anziché l’ammortizzatore sociale. Ci sarebbe, insomma, un ulteriore aggravio sulle aziende.
note
[1] Circ. Inps n. 197/2015 e n. 130/2017.
[2] Art. 3 Dlgs. n. 148/2015.
[3] Cass. sent. n. 1709/1987 e sent. n. 2522/1982.
[4] Cass. sent. n. 10057/1991.