Stretta sulla scarcerazione dei mafiosi


Il Governo riduce le probabilità di assegnare i domiciliari ai boss: bisognerà sentire la Procura della Repubblica e quella antimafia.
Sarà meno facile vedere ai domiciliari i boss della mafia, ipotesi che ha sollevato nei giorni scorsi un vespaio di polemiche. Il Consiglio dei ministri ha approvato la scorsa notte un decreto che prevede l’obbligo di sentire il procuratore della Repubblica ed il procuratore nazionale antimafia prima di spedire a casa, pur in regime di domiciliari, un detenuto per reati legati alla malavita organizzata. Secondo il decreto del Governo, «salvo esigenze di eccezionale urgenza, il permesso non può essere concesso prima di 24 ore dalla richiesta dei predetti pareri».
Nel dettaglio, l’opinione della Procura della Repubblica deve essere sentita dall’autorità prima di decidere sulla scarcerazione di una persona finita dietro le sbarre per un delitto di competenza delle direzioni distrettuali antimafia. Servirà, invece, il parere del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo quando il provvedimento coinvolga un detenuto sottoposto al regime del 41-bis, come può essere un boss di Cosa Nostra.
Questo non vuol dire che criminali come Leoluca Bagarella o Raffaele Cutolo, di cui si era parlato tanto nei giorni scorsi, non possano mai lasciare la cella in cambio dei domiciliari per determinati motivi: significa che prima di prendere una decisione in tal senso, l’autorità competente dovrà ascoltare altri pareri e che, quindi, l’eventuale scarcerazione dei boss diventa più complicata.
Il decreto in materia di giustizia prevede anche lo slittamento dal 1° maggio al 1° settembre dell’entrata in vigore delle nuove norme sulle intercettazioni. Tali norme dovranno essere applicate ai procedimenti penali iscritti successivamente al 31 agosto.
C’è, infine, un’altra parte che già ha destato non poche perplessità, ed è quella che riguarda i limiti all’applicazione del processo da remoto. Le disposizioni, si legge nel decreto, «non si applicano, salvo che le parti vi acconsentano, alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio e a quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti». Leggi a questo proposito il nostro articolo Processo a distanza: è bufera in vista della fase 2.