Coronavirus, l’allarme Iss sulla fine dell’epidemia


La scienza invita alla cautela e si allinea a Conte, sulla riapertura del 4 maggio: “Non pensate che sia un liberi tutti”.
Dall’Istituto superiore di sanità (Iss) arriva lo stesso messaggio lanciato pochi giorni fa dal suo omologo a livello mondiale: “L’epidemia non è finita” (leggi gli articoli: Coronavirus: «Siamo lontani dalla fine dell’epidemia»; Coronavirus, quali sono le altre epidemie in agguato). L’unica differenza è che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha un tono ancor più drammatico: non solo non è finita, ma è lontana dalla fine.
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Niente normalità senza vaccino
Riapriamo, insomma. Non tutti, certo, ma saranno all’incirca 4,5 milioni gli italiani che torneranno al lavoro tra pochi giorni, a partire da quel 4 maggio diventato il traguardo da tagliare per entrare nella nuova normalità, dopo il Coronavirus. Riapriamo, ma c’è da stare attenti, è il messaggio che arriva dagli esperti. “Il concetto di liberi tutti può essere pericoloso – ha detto oggi il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro in conferenza stampa -. Soprattutto nel momento in cui si pensa che l’epidemia è finita, ma l’epidemia non è finita. E questo deve essere un messaggio importante. Siamo solo in una fase in cui il numero dei casi è più contenuto”.
Il ritorno alla normalità come l’abbiamo sempre conosciuta, per il presidente Iss, non sarà possibile fino al vaccino dal Covid-19. “L’auspiscio di tutti noi – ha detto – è recuperare quanto prima una vita normale, e le notizie sui vaccini ci dicono che la scienza sta lavorando molto, ma fino a che non avremo un vaccino non potremo pensare a un recupero della normalità”.
Test sierologici da studiare
Decisivi, in questa nuova fase di gestione dell’emergenza, saranno i test sierologici. Anche di questi ha parlato Brusaferro: “Credo che vadano fatti su indicazione della sanità pubblica e dei dipartimenti di prevenzione“, e non singolarmente, come chiesto da un giornalista, con una corsa al singolo test da parte di privati cittadini.
“Sarà uno dei problemi da affrontare – ha aggiunto il presidente Brusaferro – perché oltretutto bisogna capire le differenze fra test e test, l’attendibilità di ognuno di essi e le caratteristiche che questi hanno. Se una persona dovesse risultare positiva, comunque, dovrebbe fare un tampone e la priorità sarebbe anche quella del contact tracing“.
I guariti e gli anticorpi
In conferenza è stato anche commentato lo studio pubblicato su Nature riguardante lo sviluppo di anticorpi nei pazienti guariti (leggi l’articolo: Covid, finalmente la clamorosa notizia sugli anticorpi). “Questo dato – ha dichiarato Giovanni Rezza dell’Iss – nella prospettiva di un vaccino, ci dice che se noi riusciamo a trovare la proteina che riesce a evocare la produzione di anticorpi, questi potrebbero comparire. Speriamo quindi che gli anticorpi siano protettivi e lo siano a lungo termine”. In un primo momento era stato messo in dubbio che si sviluppassero gli anticorpi sulla base delle recidive registrate. “Adesso dobbiamo essere certi, però, che questi anticorpi siano protettivi. Che neutralizzino il virus e che proteggano a lungo termine“. E qui entreranno in gioco i test sierologici.