Il Paese diviso in due. Un’indagine portata avanti con più di 150 interviste al giorno fa da “termometro dei sentimenti” della nazione.
Cosa temono gli italiani in questo momento? In cima alla lista delle paure ce ne sono principalmente due: quella di ammalarsi di Coronavirus e quella di perdere il posto di lavoro, più o meno equamente divise tra nord e sud Italia. È il risultato di un sondaggio coordinato da Cristiano Vezzoni e a cura del Sps Trend Lab, attivo nel Dipartimento di Scienze sociali e politiche dell’università Statale di Milano, in collaborazione con Swg. La rilevazione, come ci spiega l’Adnkronos, è parte integrante del progetto di ricerca ResPOnsE Covid-19: più di 150 interviste al giorno, tra aprile e luglio di quest’anno, per intercettare le angosce degli italiani in piena pandemia.
Indice
Il nord teme la malattia
Nell’Italia settentrionale, la più colpita dal virus, va per la maggiore il timore di contrarre l’infezione. Non stupisce: sono state per lo più la Lombardia, il Veneto, il Piemonte e l’Emilia-Romagna a sentire sulla propria pelle gli effetti dell’epidemia. La paura di ammalarsi cresce, soprattutto, nel Nord-Ovest, dove il 40% della popolazione conosce o ha conosciuto qualcuno che ha combattuto contro il Covid-19. Un timore più concreto laddove più alto è il rischio di contagio.
Il Sud ha paura di non rialzarsi economicamente
Poi, c’è l’altra faccia della paura, quella che, più che con il virus, ha a che vedere con le proprie sicurezze economiche. C’è chi teme di perderle, causa licenziamento o azzeramento delle proprie finanze. Una preoccupazione sentita un po’ dappertutto in Italia, ma ancora di più in quelle aree meno industrializzate rispetto al nord e dove la malattia ha avuto numeri più bassi. Parliamo dell’Italia meridionale e delle isole, dove per molti si ponevano già problematiche economiche pregresse, alle quali il lockdown ha dato un altro duro colpo.
Sostegno al Governo, ma giù le mani dalla libertà
Trasversale sembra essere il sostegno al governo e l’adesione alle regole. Dalle interviste emerge che gli italiani hanno cominciato a uscire di più dal 4 maggio. In generale, si registra un apprezzamento all’esecutivo e alle misure di contrasto al Coronavirus, anche se, col passare del tempo, è aumentata l’insofferenza per le restrizioni. Come dimenticare quelle che sono state viste come più immotivate e illiberali: dalle visite ai soli congiunti all’esclusione degli amici dagli affetti stabili.