I pericoli del sistema di messaggistica e scambio file: dal revenge porn alla pirateria digitale. È coinvolto anche chi fruisce dei contenuti illeciti.
Creare un account su Telegram è molto facile ma in seguito può comportare dei gravi rischi che nella prima fase rimangono nascosti. La piattaforma di messaggistica alternativa a WhatsApp offre una strada in discesa per registrarsi attraverso pochi e semplici passaggi: basta scaricare l’app e collegarsi inserendo il proprio numero di telefono e validare l’account con il codice di conferma che arriva con un sms.
Da questo momento, Telegram è pronto per essere utilizzato, anche su altri dispositivi, come tablet e computer (Telegram funziona con tutti i sistemi operativi, Android, iOs e Windows Phone) e si apre un mondo di possibilità: l’applicazione, infatti, non è pensata soltanto per la messaggistica “one to one“, da e verso soggetti singoli, ma anche – e forse soprattutto, secondo le intenzioni degli sviluppatori – per creare gruppi che possono contenere fino a 200mila partecipanti o canali tematici in modo da diffondere e ricevere messaggi ad un pubblico praticamente illimitato.
La forza di Telegram sta nel fatto che si possono inviare, oltre ai semplici messaggi di testo, documenti di ogni tipo e formato, come foto, video, musica e allegati compressi o “zippati”. Già da queste caratteristiche si intravedono i potenziali rischi: alcuni di questi contenuti, infatti, potrebbero essere illeciti, come quelli pedopornografici che ritraggono minori degli anni 18 in atti sessuali o in esibizione delle parti intime. Già qui c’è il rischio, per il solo fatto di partecipare a gruppi dove compaiono tali immagini, di vedersi arrivare sul proprio dispositivo contenuti sgraditi e di essere coinvolti nelle inchieste sulla loro diffusione.
Uno dei fenomeni più comuni è il revenge porn: Telegram è diventato uno dei luoghi dove si commettono frequentemente legati al sesso. Lo dimostrano alcuni recenti episodi di cronaca: la Polizia postale ha individuato alcuni gruppi e canali che venivano utilizzati da chi, per vendetta, pubblicava immagini di donne e ragazze – in alcuni casi anche minorenni – in pose erotiche o impegnate nel compimento di atti sessuali.
La gratuità dei contenuti offerti non deve ingannare: qui lo scopo dei diffusori non è il lucro, ma appunto la volontà di denigrare il soggetto delle immagini porno divulgate al pubblico in tutte le forme possibili e proprio Telegram rende più facili le cose, consentendo di raggiungere con un clic di invio migliaia di destinatari.
Qui, il rischio non è solo per chi diffonde illecitamente queste foto o video – il revenge porn è un reato punito con la reclusione fino a 6 anni – ma anche per chi prende parte alla chat inserendo commenti offensivi sulla vittima, che non ha fornito il consenso alla pubblicazione delle sue immagini intime. In questo modo anche lo “spettatore” se partecipa a queste chat di gruppo contribuisce a una sorta di stupro virtuale, al quale talvolta partecipano centinaia o migliaia di persone nascoste dietro il fragile schermo dell’anonimato virtuale.
Fragile perché per gli inquirenti specializzati, a partire dalla Polizia postale, è abbastanza facile risalire all’identità del soggetto, anche se mascherato con un “nickname“, un nome di fantasia (su Telegram non è obbligatorio registrarsi con il proprio vero nome e cognome): gli amministratori dei gruppi e i partecipanti sono individuabili sia grazie al numero di telefono comunicato al momento della registrazione sia attraverso l’indirizzo IP che consente di risalire al dispositivo utilizzato e da qui al proprietario. Oggi esiste anche la perquisizione informatica [1] che permette di controllare a distanza tutte le attività svolte su smartphone e computer.
Un’inchiesta giornalistica di Wired ha rivelato che il fenomeno è in crescita ed esistono più di 20 canali tematici dedicati alla pornografia, dove si scambiano circa 30mila messaggi al giorno e il numero di iscritti è in crescita. Proprio qui si annida il fenomeno del revenge porn e c’è il rischio di imbattersi in foto e video di atti sessuali pubblicati senza il consenso dell’interessato, spesso da parte di chi vuole svilire e denigrare il proprio ex partner.
Nel momento in cui quelle pose iniziano a circolare in rete la diffusione diventa incontrollata e il “branco virtuale” di chi fruisce di questi contenuti si estende ledendo la privacy, la reputazione e la dignità delle vittime in modo talvolta irrimediabile. Così le conversazioni e i commenti offensivi non hanno freni. Alcune ragazze sono arrivate a suicidarsi: il caso più celebre è quello di Tiziana Cantone, la ragazza napoletana che non ha sopportato la gogna sul web avvenuta nei suoi confronti nel 2016, in un’epoca in cui Telegram ancora non esisteva; ma i fenomeni proseguono e questa App li rende molto più invasivi e pericolosi rispetto al passato.
Per l’utente è difficile, se non impossibile, capire quando la diffusione delle immagini è avvenuta all’insaputa della vittima o contro la sua volontà: un indizio sta nell’incitazione ai partecipanti ad insultare la persona, da parte di chi ha inserito le foto o i video e si qualifica come fidanzato, compagno o marito. Un altro campanello d’allarme è l’invito di questo sedicente partner a spostarsi in una chat privata per discutere delle vicende erotiche della protagonista in maniera più libera.
Il fatto è che i gruppi di Telegram sono sia aperti sia chiusi: quelli aperti possono essere ricercati per nome, come si fa con Google, mentre quelli chiusi richiedono un invito, che arriva sotto forma di link. Accettandolo, si entra automaticamente nel canale riservato e si possono vedere tutti i contenuti presenti e interagire con gli altri partecipanti. Questo agevola i criminali perché, se viene chiuso un gruppo in cui si è riscontrata la diffusione di contenuti illeciti, se ne può facilmente aprire poco dopo un altro simile.
Ma non c’è solo il porno: sui canali Telegram prospera anche il terrorismo. Alcune indagini svolte dai servizi segreti e di sicurezza dimostrano che, a livello mondiale, la piattaforma è uno dei luoghi preferiti per scambiare dati e informazioni sensibili, come la programmazione di attentati, come è avvenuto con le organizzazioni dell’Isis e Al Qaeda. Lo scambio è agevolato dalla crittografia “end-to-end” di Telegram, un sistema di cifratura dei messaggi (di cui dispone anche WhatsApp) che impedisce di intercettare il contenuto e, nelle chat segrete, consente l’autodistruzione del contenuto a breve distanza di tempo da quando è stato visualizzato sul dispositivo del ricevente.
Ancora, Telegram viene frequentemente utilizzato per la pirateria digitale. Pochi giorni fa la Guardia di Finanza ha bloccato 200 canali Telegram che diffondevano illecitamente brani musicali, giornali, riviste ed opere letterarie coperti dal diritto d’autore. In questo caso la Procura di Bari, che ha diretto le indagini, ha specificato che non solo i responsabili di questi canali, ma anche gli utilizzatori, si rendono responsabili del reato di ricettazione per il solo fatto di divulgare a terzi le copie pirata. Basta cioè ricevere e leggere la copia in pdf di un giornale quotidiano o il file mp3 del brano musicale e girarla ad un amico, attraverso Telegram o in altri modi, per commettere questo reato: la consapevolezza che si tratta di opere protette si presuppone evidente.
Autori ed editori non ci stanno a perdere i giusti profitti che ricavano dalle opere del loro ingegno e così hanno messo a punto un sofisticato sistema di watermark, cioè un codice segreto inserito come una filigrana nel documento protetto che smaschera i responsabili dell’illecita diffusione, come nel caso in cui tu abbia un abbonamento regolare ad una rivista e ne approfitti per distribuire a terzi le copie: con questo marchio digitale sarà possibile risalire all’esatta provenienza del documento.
Infine, come esempio degli ulteriori illeciti in cui si può incappare su Telegram, c’è stato il recente caso degli oltre 160mila abbonamenti illegali a servizi radiotelevisivi ed eventi sportivi, come le partire di calcio visibili in Tv internet: qui si è scoperta l’esistenza di due canali Telegram che facilitavano le cose e addirittura venivano utilizzati dai loro amministratori per estorcere denaro, minacciando i titolari degli abbonamenti illegali attivi di rivelare le loro credenziali.
Buongiorno. Ci sono alcune, ma non indifferenti, inesattezze nell’articolo. 1) Telegram non rilascia dati, log, a NESSUNO.. e la vedo complicata nell’identificare il numero di cellulare. 2) i messaggi inviati su Telegram viaggiano sui server dello stesso client..di conseguenza: altrettanto complicato, se non impossibile, recuperare, tracciare, l’ip
Grazie Lino per il chiarimento,
quindi risulta impossibile risalire ad un’identità da un profilo telegram?
Se risalgono all’identità non è certamente tramite Telegram, ma per altre ragioni
giorni fa cliccando su un link web di un presunto gruppo di “incontri e amicizie”…mi si apre la app telegram con l’avviso che il gruppo e oscurato perche e stato utilizzato per diffondere contenuti pornografici…ovviamente non sono andato oltre ed ho anche inmediatamente cancellato il mio account telegram vista la pericolosità del sistema..potrei aver rischiato qualcosa anche non avendo acceduto in alcun modo al suddetto canale?
Cosa vuoi che ti succeda, non hai fatto nulla e poi il canale/gruppo era anche stato chiuso da come scrivi. Guardate che Telegram non è il male assoluto, le illegalità le fanno anche su altri social. Il più delle volte siamo noi, con il nostro comportamento, che lo rendiamo “terribile”, invivibile.