Variazione orario di lavoro: ultime sentenze


Rifiuto di rendere la prestazione secondo determinate modalità; licenziamento; comunicazione della variazione della distribuzione dell’orario lavorativo con adeguato anticipo.
Indice
Clausola contrattuale discriminatoria
È legittima l’azione del sindacato avverso la clausola contrattuale volta ad impedire al lavoratore di effettuare interruzioni di lavoro o qualunque altra azione sindacale, escludere che la società datrice di lavoro e le società di mediazione contrattino e riconoscano qualunque sindacato dello stesso personale, impedire azioni collettive di qualsiasi tipo, pena l’annullamento e l’inefficacia del contratto e la perdita di qualunque incremento retributivo o indennitario, o di cambio turno (nella specie, relativa ad una clausola inserita in un contratto da un vettore aereo, la Corte ha riconosciuto la legittimità dell’azione del Sindacato per la tutela di interessi omogenei individuali, sia pure non riferibili nella specie a vittime immediatamente o direttamente identificabili della discriminazione, che sono rilevanti per la collettività, atteso l’interesse di quest’ultima nel suo insieme a che non siano posti in essere nei rapporti di lavoro, anche con riguardo all’accesso e alla risoluzione, comportamenti discriminatori diretti che possono pregiudicare il corretto e buon funzionamento del mercato del lavoro nel complesso, a cui concorre il leale e corretto svolgimento delle relazioni sindacali, e il conseguimento di obiettivi di politica sociale).
Cassazione civile sez. un., 21/07/2021, n.20819
Variazioni d’orario di lavoro
E’ possibile modificare il contratto di lavoro, con riferimento all’orario lavorativo, mediante fatti concludenti, anche nell’ipotesi in cui venga richiesta una variazione dell’orario all’interno del part-time.
Tribunale Torino sez. lav., 24/08/2020, n.703
L’irrispettoso rifiuto del lavoratore al cambio turno
La sussistenza dell’infrazione contestata, sussumibile, anche per espressa previsione collettiva, sotto la specie della giusta causa di recesso (“grave insubordinazione”), (è) integrata dalla condotta del lavoratore che, volontariamente e senza alcuna giustificazione, ha rifiutato le direttive aziendali (cfr., in argomento, Cass. n.19689 del 2003), così, nella sostanza, contestando i poteri datoriali; nello specifico, il dipendente si è sottratto all’indicazione datoriale, giustificata da esigenze organizzative, di un cambio turno (che avrebbe determinato, secondo l’accertamento contenuto in sentenza, solo una variazione della squadra di lavoro e del relativo capogruppo e non anche dell’orario di lavoro).
L’accertamento della gravità delle infrazioni poste a base di un licenziamento (e quindi pure della “gravità” dell’insubordinazione), in quanto necessariamente mediata dalla valutazione delle risultanze di causa, si risolve in un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità in termini di violazione di legge se non con la specifica denuncia di un contrasto tra il giudizio in tal senso espresso dal giudice di merito (di gravità, appunto) ed i principi dell’ordinamento quali delineati dalla giurisdizione di legittimità o gli “standard” valutativi esistenti nella realtà sociale che concorrono, con i principi medesimi, a comporre il diritto vivente (v. Cass. n. 25743 del 2007; Cass. n. 4369 del 2009).
Il controllo che è richiesto al giudice di merito, investito della domanda di invalidazione d’un licenziamento disciplinare (attiene): in primo luogo, la verifica della riconducibilità astratta della condotta contestata sotto la specie della giusta causa o del giustificato motivo di recesso; quindi, all’esito, positivo, di tale delibazione, l’apprezzamento, in concreto, della gravità dell’addebito, con riferimento alle particolari circostanze e condizioni in cui è stato posto in essere, ai modi, ai suoi effetti e all’intensità dell’elemento soggettivo dell’agente (in argomento, ex plurimis, Cass. n. 5019 del 2011).
Cassazione civile sez. VI, 04/02/2020, n.2515
Licenziamento disciplinare
In tema di licenziamento disciplinare, qualora il comportamento addebitato al lavoratore, consistente nel rifiuto di rendere la prestazione secondo determinate modalità, sia giustificato dall’accertata illegittimità dell’ordine datoriale e dia luogo pertanto a una legittima eccezione d’inadempimento, il fatto contestato deve ritenersi insussistente perché privo del carattere dell’illiceità, con conseguente applicazione della tutela reintegratoria attenuata, prevista dall’art. 18, comma 4, della l. n. 300 del 1970, come modificato dalla l. n. 92 del 2012.
(Nella specie, a fronte della variazione dell’orario di lavoro decisa dal datore in forza di una clausola di flessibilità prevista dal c.c.n.l., il rifiuto della lavoratrice, lungi dall’essere frutto di una scelta unilaterale ed arbitraria, è stato ritenuto legittimato da una specifica statuizione giudiziale, in ragione di certificate esigenze di tutela della salute).
Cassazione civile sez. lav., 19/07/2019, n.19579
Turnazione
In tema di turnazione, al dipendente spetta la retribuzione delle ore di straordinario osservate per l’espletamento dell’attività di cambio consegne in aggiunta all’indennità prevista dalla legge. Infatti l’indennità di cambio consegne non va a remunerare anche il lavoro svolto oltre l’orario ordinario poiché la funzione dell’indennità di cambio consegne non è quella di remunerare la prestazione svolta oltre l’orario di lavoro normale, bensì la particolarità della prestazione svolta, in termini di gravosità del cambio consegne e di responsabilità che ne deriva.
Tribunale Trapani sez. lav., 05/06/2018
Orario di lavoro e diversa modalità di prestazione lavorativa
Non costituisce variazione dell’orario di lavoro, assimilabile alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, l’utilizzazione del lavoratore dipendente di Autostrade per L’Italia s.p.a., che, dopo essere stato impiegato in turni continui di cinque giorni lavorativi e due di riposo su trentasette ore settimanali, lo sia in turni continui ed avvicendati di quattro giorni lavorativi e due di riposo su quaranta ore settimanali: integrando detta modificazione di orario, regolata dal CCNL per il personale dipendente da società consorzi di autostrade e trafori, una diversa modalità di prestazione lavorativa sempre a tempo pieno.
Cassazione civile sez. lav., 17/07/2018, n.19014
Contratto full time: variazione dell’orario di lavoro
In materia di variazione dell’orario di lavoro nell’ambito di contratto full time, in assenza di vincoli procedimentali collettivi, la modifica unilaterale dell’orario di lavoro disposta dal datore è espressione dell’esercizio dello “ius variandi”, quale concreta manifestazione della libertà economica tutelata dall’art. 41 cost., consentito dagli art. 2086, 2094, 2104 c.c., con la conseguenza che, pur in presenza di una consolidata prassi aziendale, la modifica dell’organizzazione del lavoro fa venir meno il presupposto stesso del diritto acquisito dal lavoratore, e il merito della decisione datoriale sfugge al sindacato giudiziale ai sensi dell’art. 30 comma 1 l. n. 183 del 2010, spettando unicamente al giudice un controllo in ordine all’effettiva sussistenza del motivo adottato dal datore di lavoro.
In ogni caso, l’eventuale violazione dei canoni comportamentali della correttezza e buona fede da parte del datore di lavoro potrebbe comportare solamente conseguenze di natura risarcitoria e non il ripristino dell’orario di lavoro antevigente (cfr. Trib. Catanzaro, 1 dicembre 2012, Trib. Catanzaro, 28 ottobre 2011).
Tribunale Milano sez. lav., 23/09/2014
Risarcimento danno
Per quanto attiene alle connesse pretese di risarcimento danno legate ad una illegittima variazione dell’orario di lavoro, si ritiene che esso (i.e., risarcimento danno) debba compensare la maggiore onerosità e penosità che viene ad assumere la prestazione lavorativa a seguito della messa a disposizione per un orario superiore a quello effettivamente lavorato.
Tribunale Milano, 12/03/2007
Variazione dell’orario di lavoro part time
La contrattazione collettiva non può disporre se non in senso migliorativo dei diritti attribuiti al dipendente dal contratto individuale di lavoro, salvo che il dipendente stesso non consenta espressamente alla modificazione dei patti, non essendo sufficiente a ciò la semplice adesione al sindacato di categoria, ma risultando essenziale un esplicito ed espresso mandato.
(In applicazione di questo principio di diritto, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittima la variazione dell’orario di lavoro part time risultante dal contratto di lavoro individuale disposta unilateralmente dal datore di lavoro, in quanto consentita dalla contrattazione collettiva aziendale, ma contro la volontà della dipendente).
Cassazione civile sez. lav., 17/03/2003, n.3898
Rifiuto del lavoratore occupato a part time
Il rifiuto del lavoratore occupato a part time di svolgere la prestazione nelle ore indicate dal datore a seguito di variazione unilaterale della distribuzione nell’arco della giornata, nonché l’assenza dal posto di lavoro nel diverso orario non costituiscono mancanze tali da legittimare un licenziamento per giustificato motivo oggettivo, difettando il requisito della proporzionalità. È, peraltro, irrilevante che la diversa distribuzione dell’orario di lavoro unilateralmente disposta dal datore di lavoro fosse stata ritenuta legittima in sede giurisdizionale dalla sentenza di primo grado.
Tribunale Milano, 30/03/2001
Durata e retribuzione
In applicazione della normativa contrattuale per l’industria metalmeccanica privata (accordo 5 agosto 1971, c.c.n.l. 1 maggio 1976 e accordo integrativo 3 luglio 1978), l’intervallo per le refezione è diversamente disciplinato – quanto a durata e retribuzione – a seconda del lavoro a turni prestato: a turni avvicendati; a turno unico centrale; a prestazione normale. È pertanto legittimo che ad una variazione dell’orario e del turno consegua la variazione della pausa per la refezione e della corrispondente disciplina.
Pretura Torino, 27/01/1997
La variazione unilaterale dell’orario di un dipendente
La variazione unilaterale, da parte del datore di lavoro, dell’orario di un dipendente per esigenze organizzative deve considerarsi comportamento antisindacale ove il provvedimento sia adottato in violazione del diritto – sancito nel contratto collettivo di categoria – delle organizzazioni sindacali a essere previamente informate e ad esaminare con la controparte la situazione (nella fattispecie, il c.c.n.l. del settore carta prevedeva che in caso di variazioni dell’orario settimanale dovute a esigenze tecniche, produttive ed organizzative l’azienda avrebbe dovuto preventivamente informare le r.s.a. per esaminare con le stesse la situazione).
Pretura Crotone, 27/03/1995
Lavoro domenicale svolto da lavoratori turnisti
Il lavoro domenicale svolto da lavoratori turnisti può essere compensato, alla stregua della disciplina collettiva del rapporto, non solo mediante l’erogazione di un supplemento di paga specificamente riferito a tale prestazione, ma anche con vantaggi di diversa natura, che valgano a differenziare il complessivo trattamento dagli stessi percepito rispetto a quello dei lavoratori che usufruiscono del riposo domenicale.
(Nella specie, la S.C. ha ritenuto correttamente applicato il suddetto principio da parte dei giudici di merito i quali avevano ritenuto non connessa all’effettuazione della prestazione lavorativa domenicale l’indennità giornaliera di turno prevista dall’art. 8 del CCNL dei dipendenti Alitalia del 1984, in quanto collegata esclusivamente alla variazione quotidiana dell’inizio dell’orario di lavoro secondo turni avvicendati ed al conseguente disagio, in un contesto nel quale il turno non implicava necessariamente la prestazione di lavoro nelle giornate di domenica).
Cassazione civile sez. lav., 12/08/1994, n.7406
Distribuzione dell’orario giornaliero
Quando il contratto di lavoro non preveda una rigida distribuzione dell’orario giornaliero e criteri per modificarla, l’orario può essere bensì fissato e mutato dal datore di lavoro, ma tenendo conto anche dell’interesse del lavoratore, dovendo applicarsi in via analogica in questa materia la disciplina della determinazione del periodo di godimento delle ferie contenuta nell’art. 2109 c.c. In forza di tale disposizione il datore di lavoro è tenuto anche a comunicare la variazione della distribuzione dell’orario con adeguato anticipo (nel caso specifico è stata ritenuta illegittima una variazione della collocazione temporale della prestazione disposta dal datore di lavoro all’ultimo momento, quando il turno di lavoro aveva già avuto inizio).
Pretura Pavia, 27/01/1987